Le pagine scritte sulla strage di Via D’Amelio, ormai, non si contano. Lo strazio dei corpi dilaniati dall’esplosivo messo lì per fermare il Dott. Paolo Borsellino è un evidente simulacro della nostra storia recente. Una storia costellata di vittime che non hanno trovato pace, nemmeno, nell’accertamento giudiziario. Familiari che sono stati straziati dal dolore e vilipesi dallo Stato. Quello Stato che il Dott. Paolo Borsellino e con lui gli agenti della sua scorta, servivano, ogni giorno, a costo della loro vita. Quella vita che lo Stato (so che è un’accusa pesante) ha consentito che fosse messa a rischio e portata via da un bagliore di fiamma. Sì, nella strage di Via D’Amelio, oltre alla ferocia di una Mafia del sangue, c’è uno Stato inerme che non protegge il “bersaglio” n. 1: Paolo Borsellino. Pagine e pagine sono state scritte sul dopo strage. Le indagini farlocche, pentiti fasulli e depistaggi vari; tutto, tremendamente, noto. Tutto questo è agonia della inefficienza. Le persone si proteggono quando sono vive e si tutela il loro operato. Falcone e Borsellino hanno avuto molte cose in comune, ma una su tutte è rilevante: l’ostilità delle Istituzioni che loro hanno servito sino al sacrificio estremo e l’ostilità degli stessi colleghi. Sono morti soli perché li hanno lasciati soli.
Una solitudine che presagisce l’imminente fine. Entrambi lo sapevano e lo sentivano. Questo Stato che non riesce a proteggere i suoi più alti servitori, le vittime dei reati, gli imputati innocenti, deve farsi un forte esame di coscienza. Esiste, ormai, non più una “questione morale”, ma una “emergenza morale”, dentro e fuori dalle Istituzioni. Lo Stato e le Istituzioni devono essere le prime a dare l’esempio di moralità e di integrità. Non si contano le stragi e gli attentati, i cui colpevoli (almeno in parte, se non del tutto) sono ignoti alla giustizia per colpa di indagini farlocche, depistaggi ed altro. Tutto ciò è una vera e propria piaga del sistema. La società civile – se esiste ancora – deve pretendere che i servizi essenziali, come la Giustizia, siano concretamente attuati e non restino sterili meccanismi. Questo Paese ha sete di Giustizia e di Conoscenza. L’alternativa è la deriva morale ed etica che inizia proprio dalle Istituzioni. Ciò è del tutto inaccettabile. Tutelare la Verità è tutelare la integrità di un Paese. Non si può essere patriottici per l’inno della Nazionale di calcio e poi figli di un Dio minore per il resto, non pretendendo i nostri diritti e doveri. La Giustizia non è un favore che lo Stato fa al cittadino, ma è un dovere ed un servizio per il cittadino.
Non amo le commemorazioni che ho sempre reputato (come nel caso della strage di Via D’Amelio) un vero affronto alle vittime, visto il vuoto di conoscenza sui responsabili e sui mandanti. Mi piace pensare ai giovani che, magari, leggendo di questa ferita inferta alla democrazia si appassionino alla necessità della Verità. Sì, alla necessità umana che nasce dall’essere individuo tra individui ed avere una reputazione ed una specificità come parte di un tutto. La gioventù deve fuggire dalla menzogna e dagli intrighi. La gioventù ha la possibilità di creare equilibri nuovi di Verità e di Giustizia. Mi piace pensare a Giovanni e Paolo che ancora discutono di diritto e che con quel sorriso ci osservano annaspare nelle menzogne umane. Loro sanno chi li ha traditi. Vorremmo saperlo anche noi. Facciamo la Rivoluzione permanente per la Verità e la Giustizia in nome di Paolo e Giovanni e di tutti coloro che sono stati uccisi perché venivano percepiti come ostacoli dalla criminalità di ogni genere e di ogni natura. Ricordiamoci del loro insegnamento che è un continuo equilibrio tra la responsabilità e la necessità di resistere. Facciamoci esempio per i nostri giovani e non ostacolo. Siamo e saremo tutti in Via D’Amelio perché quell’esplosivo non ha che dilaniato corpi, ma nulla ha potuto contro le idee. Quelle vanno tramandate e sono la forza propulsiva del vero cambiamento che ha gli occhi di un giovane o di una giovane che pretende Verità e Giustizia sempre.
Strage di Via D’Amelio: un supplizio evitabile
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