L’ouverture del nuovo anno nasce gravida di speranza, ricchezza, meraviglia. Le note del Concerto di Capodanno, per la prima volta nella storia senza pubblico, dalla cosiddetta Sala d’Oro del Musikverein di Vienna si fanno suono, senso e significato di speranza. Il grande bisogno di speranza nasce in questo primo giorno che la Chiesa cattolica dal Capodanno del Sessantotto dedica alla riflessione e alla preghiera per la pace.
Un grande bisogno di speranza, oggi, unisce tutti noi. E quale migliore catalizzatore d’energia che possa far riverberare, irradiare la speranza è se non la Cultura nelle sue varie declinazioni (musica, arte, letteratura). La Cultura – da secoli – più della politica unisce la nostra Unione europea. Un bisogno di speranza che noi Italiani quest’anno dobbiamo attingere a piene mani in un «viaggio» – che è anche profezia, segno, dono, ecc… – tra luce e tenebre, amore e morte che ha la garanzia della «conoscenza come salvezza»: la Commedia di Dante Alighieri.
La letteratura – dal latino littera – come del resto l’Arte, la Musica sono «serbatoi», «parabole» dei nostri sentimenti, vite, esperienze attraverso cui noi «diveniamo», «diventiamo»: ci costituiscono e formano come persone.
La Commedia – in quanto il «classico per eccellenza dei libri italiani» – è un viaggio che ha ancora da dirci, da raccontarci tanto. È un viaggio che garantisce ad un uomo che perde la propria strada, che sprofonda negli abissi e nelle vertigini infernali di ri-trovarsi, di ri-trovare la strada. Un trovare e ri-trovarsi grazie agli altri che possiamo pure chiamare «amici». Omnia vincit amor non è solo un’espressione di Virgilio ma è la «chiave di volta» che restituisce la strada a Dante, ma non solo a Dante. È quel quid che compie «prodigi» nella nostra vita.
In questo nuovo anno che sorge come un sole nuovo ripassiamo, rileggiamo, riascoltiamo la Commedia. Se lo facciamo davvero scopriremo «qualcosa di noi» che all’inizio non immaginavamo neppure che potesse esistere dentro di noi. Come ogni viaggio, alla fine, il viaggio è Dante, tu, l’altro, noi. Il viaggio è lo stesso viaggiatore.
Il suono del Concerto di Capodanno sia per tutti noi cangiante. Poi se al suono abbiniamo le parole del «padre della lingua italiana» esse possano diventare talmente significanti per noi da trascendere le «tenebre», la «paura» che abbiamo vissuto per restituirci novamente nel senso di straordinariamente la vita che forse avevamo lasciato alla deriva dopo una tempesta.
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