Sono stato suicidato
dai vostri sguardi proiettili
dalle vostre parole lame (49)
Qualche mese fa la poetessa Flavia Novelli ha dato alle stampe il volume Gen Z per i tipi di Scrivere poesia edizioni. Un’opera che segue le sue precedenti sillogi poetiche Vennero i giorni, Universi femminili, Parole nude e Versi umani che, come ben mette in luce la poetessa Ilaria Giovinazzo nella puntuale prefazione, ci consente di parlare di poesia civile. Vale a dire di un testo che, se da una parte aderisce al genere e agli stilemi tipici del fare poetico, dal punto di vista dei contenuti affronta una realtà sociale in particolare. In tale circostanza è quella del pervasivo e preoccupante malessere dei giovani d’oggi, di cui vengono rintracciate possibili cause e contesti ambientali in cui determinati comportamenti, preoccupanti e devianti, vengono a manifestarsi.
Il titolo del libro è una forma abbreviata di Generazione Z, vale a dire quella particolare fascia di giovani che grosso modo sono nati in un periodo compreso tra la fine degli anni Novanta del secolo scorso e il primo decennio del Duemila. Come ogni generazione, i membri che vi appartengono (sebbene sia un’appartenenza “ricondotta” o attribuita e non dagli stessi riconosciuta o rivendicata), in linea con quanto già sosteneva il sociologo Karl Mannheim in Sociologia del pensiero (che contiene il saggio Le generazioni pubblicato nel 1928), vi si riconoscono per continuità temporale, condivisione di mode, stili di vita, valori, comportamenti, influenza dai medesimi modelli e dunque una certa contiguità attitudinale in simili contesti spazio-ambientali.
L’opera di Novelli è volutamente costruita per essere letta e apprezzata nella sua pluralità di voci e punti di vista: le poesie che appartengono alla prima sezione sono scritte dal punto di vista dei giovani disagiati (sono varie le forme di malessere prese in esame: dallo stress emotivo alla mancanza d’autostima, fino ai disturbi alimentari e agli istinti suicidari, per citarne alcuni) mentre la seconda sezione è scritta dal punto di vista del genitore addolorato e che vive la sua inadeguatezza nel non essere abile nell’agire in maniera positiva sul malessere del proprio figlio. Data la particolarità della tematica, risulta evidente che l’Autrice sia coinvolta in prima linea con qualche forma di malessere di questo tipo e che abbia, appunto, deciso di affrontare il tema in senso ben più generale ponendolo all’attenzione dell’opinione pubblica proprio per la sua crucialità e diffusione.
L’approccio di Novelli nei confronti di questa tipologia di problematiche è duplice: da una parte mediante la poesia e dall’altra attraverso dati empirici, frutto di analisi quantitative e considerazioni pratiche, frutto di analisi qualitative, di analisi statistiche, studi di organizzazioni nazionali in merito agli argomenti trattati che mettono in luce anche un approccio scientifico-divulgativo sul tema. È il caso della ricca ed esaustiva introduzione che fa seguito al testo di Giovinazzo che è possibile considerare un vero saggio scientifico dal taglio sociologico che ci aiuta ad avvicinarci a questo tema, generalmente poco trattato (salvo in presenza di fatti eclatanti della cronaca) nelle pagine del nostro quotidiano. Novelli snocciola così, grazie al supporto specialistico del dottor Pierluigi Dimiccoli, una serie di dati, percentuali e considerazioni affinate nel corso di studi e ricognizioni sul campo che sono state approntate nel corso degli ultimi anni dalle quali fuoriescono notizie allarmanti e una situazione dei giovani veramente precaria, meritoria non solo di attenzione divulgativa ma di impegno concreto d’intervento. Non è un caso che a conclusione del libro figurino alcune pagine che, contenendo modalità d’intervento efficaci, vogliono essere in qualche modo d’aiuto a intercettare casi di pericolosità giovanile e a individuarli e trattarli per tempo affinché possano evitare di portare a comportamenti lesivi per sé e per gli altri o a epiloghi poco felici.
La prima parte del lavoro poetico è inaugurata da un breve estratto dal romanzo Peter Pan, l’eterno fanciullo, di James Matthew Barrie che introduce il tema della ricerca della felicità. Dovremmo dire non solo la ricerca ma anche del mantenimento della stessa. Le poesie si contraddistinguono per la densa presenza di buio, per il piacere claustrofilico e la distanza sociale che gli ipotetici autori – la voce è sempre quella della Nostra che, comunque, si cela dietro varie situazioni di precarietà sociale degli adolescenti – hanno inteso confessare sulla carta. Si parla abbondantemente di “buio”, “oscurità”, “rifiuto del sole” e così via che richiamano un’isotopia della negazione della luce, una tirannia del nero. Ci sono poi le liriche che più propriamente parlano dell’atteggiamento autolesionistico, l’atto del procurarsi del male rappresentato dall’incidere sulla propria pelle segni profondi e altre dei problemi del disturbo alimentare. Non mancano testi che affrontano anche il dilemma giovanile sull’appartenenza di genere; non di rado, infatti, si è visto negli ultimi tempi come il tema della disforia di genere riguardi anche giovanissimi.
Giovani che esprimono la loro sofferenza mediante la negazione dalla socialità, la reclusione, la rincorsa ossessiva ai propri pensieri malati spesso violenti, macabri, di autoannullamento, di prova del dolore, di sfida. La propria pelle diviene un mero oggetto su cui incidere lo stato di sofferenza e delirio interiore. Il corpo è oggettivizzato e in questo processo autolesivo viene brutalizzato: “Ho ripreso a estirpar[e] compulsivamente / lembi innocenti / godendo nel vederli cadere inermi a terra / pallidi e gelidi / come fiocchi di neve” (37).
La seconda parte, la cui focalizzazione è quella della poetessa-madre, espone la sofferenza di un genitore dinanzi alla complessità di un vivere malato del proprio figlio: “Ti osservo ora / già così distante / fragile / e sofferente” (54). Versi lucidi e pregni di dolore coi quali viene esposta la difficoltà e spesso l’incapacità di un genitore di comprendere i segni del malessere e la difficoltà di poter intervenire in maniera positiva e risolutiva sui disturbi dei propri figli. La Nostra evidenzia, infatti, come il supporto medico-specialistico di tipo psicanalitico, sia ingrediente fondamentale per la comprensione della situazione, l’anamnesi del caso e la possibile cura che chiaramente non può e non deve essere solo (e unicamente) di tipo farmacologico e medico.
L’impotenza si configura, allora, come il dolore più profondo per un genitore dinanzi alle problematiche diffuse del proprio figlio che necessitano di un intervento di terzi. “Tremo / mentre osservo / i tuoi pensieri veloci” (68) scrive l’Autrice in una delle poesie che serrano la raccolta.
Un libro che, senza mezzi termini, può essere definito una sorta di pugno allo stomaco. Tanta è la violenza delle immagini, così lucidamente evidenziate a descrivere la perplessità e inettitudine di una madre nell’interagire con problematiche e devianze serie che attanagliano la mente del proprio figlio. La Novelli, nel suo studio introduttorio di cui si diceva poco sopra, fornisce anche un’ampia disanima del fenomeno ricorrendo a dati numerici tratti da abbondanti casi studio che permettono di delineare alcune delle motivazioni, dei contesti, delle situazioni storico-sociali-ambientali, all’interno delle quali possono essere collocati determinati cattivi comportamenti e problematicità diffuse nei giovani.
La scrittura poetica, che come già sosteneva – paradossalmente ma forse polemicamente – Montale è qualcosa d’inutile, non è in grado di risolvere i problemi pratici dell’uomo, d’altro canto essendo un linguaggio sensoriale che ha del primordiale e che lega l’individuo all’esigenza d’espressione può (e questo volume ben lo testimonia) in maniera congeniale farsi il mezzo adeguato (quando non addirittura privilegiato) nel convogliare il dramma dell’oggi. In quest’ampia categoria non vi sono solo i conflitti intestini tra i paesi nel mondo, i femminicidi, la mafia e le morti bianche sul lavoro ma anche il fenomeno (meno dibattuto) dei giovani depressi, insicuri, autolesionisti, bullizzati o violenti, un diorama ampio e diversificato di condizioni che nascono e si sviluppano nell’isolamento e nella mancata socialità degli stessi, finanche nello smarrimento e nell’impotenza dei loro genitori.
Un libro da leggere e sul quale riflettere.