La conversione. Manzoni e gli Inni Sacri

Articolo di Armando Giardinetto

La parola conversione viene dal latino conversiònem, cioè girarsi, volgersi verso qualcuno o qualcosa. Secondo alcuni scritti, la parola veniva usata originariamente in ambito degli studi sullo Spazio, infatti la si adoperava in riferimento al giro dei pianeti intorno al sole senza, però, che essi perdessero pezzi lungo il percorso e questo è testimoniato dal prefisso stesso -CON. In ambito religioso deriverebbe dall’ebraico Shub che significa evolversi o ritornare, concetto strettamente unito, secondo l’Antico Testamento, a un altro proveniente dalla parola greca metànoia: cambiare il modo di pensare. Pertanto, chi si converte, muta semplicemente, trasformando le proprie idee. Tra le più famose conversioni della storia c’è certamente quella di San Paolo che, da persecutore della primissima comunità cristiana, divenne seguace di Cristo fino alla morte per decapitazione sotto le persecuzioni di Nerone; quella del filosofo Agostino d’Ippona che, dopo essersi abbandonato ai vizi, con la lettura delle Sacre Scritture cambiò radicalmente vita; quella di Jacques Fesch (1930-1957), assassino francese, che, nell’attesa della condanna a morte, si abbandonò talmente tanto a Cristo da sospirare sulla ghigliottina: “Signore Gesù, non abbandonarmi”; quella di Ignazio di Loyola (1491 – 1556), da militare efferato a fondatore della Compagnia di Gesù; quella di Alessandro Manzoni che, spinto da questo cambio di idea in termini di religione, ha prodotto dei frutti letterari meravigliosi che tutto il mondo ci invidia come gli Inni sacri e i Promessi sposi, in cui si trovano chiari segni del suddetto cambiamento. In questo articolo mi soffermerò proprio sulla conversione di Manzoni che, nato nel 1785 a Milano, iniziò a sentire un trasporto verso la fede cristiana all’età di circa venticinque anni.

Tutto iniziò nel 1805 quando, recandosi a Parigi per incontrare la madre e Carlo Imbonati, per la morte inaspettata del nobile, non potrà fare altro che scrivere “In morte di Carlo Imbonati”, dove già si scorgono le primissime tracce di una ricerca della verità in termine di credo religioso. A Milano, due anni dopo, incontrerà la giovanissima Enrichetta Blondel che sposerà con matrimonio civile nel 1808, tuttavia, nel 1810, i due consacreranno l’unione davanti all’altare. Questo avvenne grazie a un cammino di fede intrapreso da entrambi con il padre giansenista Eustachio Degola e fu la Blondel, affascinata dalle lezioni dell’abate, la prima ad abiurare il calvinismo per convertirsi al cattolicesimo, mentre Alessandro dovrà aspettare un evento in particolare che di lì a poco sarebbe accaduto perché maturasse anche in lui la conversione: si tratta dei festeggiamenti del 2 aprile 1810 per il matrimonio tra Napoleone e Maria Luisa d’Austria. Alcune fonti ci raccontano che, in quella data, Manzoni ed Enrichetta si trovavano a Parigi presso la chiesa di San Rocco. Ebbene, nel pieno dei festeggiamenti, in strada si udirono degli scoppi; tutta la gente impanicata scappò creando grande confusione. Sballottati dalla folla qua e là, Alessandro ed Enrichetta furono separati, fu allora che lo scrittore entrò di colpo nella suddetta chiesa dove, nel silenzio assoluto, pregò il Signore perché potesse ritrovare la giovane moglie sana e salva. Così fu! Avvenne in questo preciso istante la sua conversione. Gli effetti di quella giornata lo accompagnarono per tutta l’esistenza soprattutto letteraria. Infatti la folla, il panico, il caos furono le nevrosi di cui soffrì e, forse per esorcizzarli, li inserì come elementi evidenti nei Promessi Sposi, particolari sono i tumulti di Milano del XII capitolo.

Inoltre in alcuni personaggi si trova facilmente la traccia di quella sua giovanile conversione come nell’Innominato o in Padre Cristoforo, tuttavia già solo la presenza della Provvidenza è molto significativa. Certamente si può ipotizzare che questo cambiamento nella spiritualità di Manzoni, così come avviene per tutti gli esseri umani che hanno fatto l’esperienza della conversione, non sarà stato facile, né senza lotte interiori, né senza momenti di crisi di identità e forse fu proprio per questo che l’autore non ne parlò mai apertamente, fatto sta che nel 1819 scriverà una sorta di difesa dei principi cristiani, “Osservazioni sulla morale cattolica”, in cui riporrà tutta la fiducia nel cattolicesimo. Da quel momento Manzoni rigetterà il Classicismo per adottare il Romanticismo e per dedicarsi ai valori umanitari del cristianesimo i quali erano molto più sentiti dal popolo.

In un ritmo cantabile scrisse gli Inni Sacri, grande esempio di apologia del cristianesimo, che rappresentano in toto il suo nuovo stato di fede religiosa. Essi sono una raccolta di cinque completi componimenti di argomento prettamente sacro improntati soprattutto sulle festività cattoliche più importanti – uno incompiuto dal titolo Ognissanti – scritti tra il 1812 e il 1822. La genesi dei componimenti è parecchio articolata, essa cambia da composizione a composizione per diversi fattori tra cui le difficoltà da parte dell’autore di trovare uno stile consono. La Resurrezione venne composta nel 1812; Il nome di Maria tra il 1812 e il 1813; Il Natale nel 1813, La Passione tra il 1814 e il 1815; La Pentecoste tra il 1817 e il 1822. Che cosa volle esprimere Manzoni nelle vesti di convertito al cattolicesimo con gli Inni sacri? Molto significativo fu quanto detto dal napoletano Ruggero Bonghi (1826-1895): “Una fede schietta, sincera, che non era solo la sua, ma che a lui pareva utile, per sé e per gli altri, d’esprimere”. Nell’ultimo componimento, quello a cui riservò maggiore tempo, pone l’accento sul dualismo oppressi/oppressori – nella fattispecie il dualismo che vede gli apostoli scossi dal fuoco dello Spirito e la paura delle persecuzioni – che sicuramente ritroveremo anche nel romanzo storico sopraccitato. I temi frequenti negli Inni sono l’uguaglianza; la carità; la redenzione, l’esaltazione dei poveri e dei semplici nello spirito poiché ad essi Dio è più vicino; la pietà che scende come entità consolatrice sugli afflitti; l’effusione della speranza nei cuori dei diseredati e dei disperati; la provvidenza che arriva là dove c’è il dramma.

Un estranio giovinetto
Si posò sul monumento:
Era folgore l’aspetto,
Era neve il vestimento:
Alla mesta che ’l richiese
Diè risposta quel cortese:
È risorto; non è qui.

Nel primo Inno, La Risurrezione, Manzoni ci mette tutto l’entusiasmo della fede ritrovata, facendo leva sul cadavere di Gesù che risorge a nuova vita eterna, centro di tutta la dottrina cristiana. Nella prima parte i versi raccontano la vicenda storica, mettendo in scena il luogo sacro e il tempo dell’avvenimento; il lamento delle donne; Cristo risorto che apre la pietra tombale e l’angelo seduto sul sepolcro ormai vuoto che risponde alla Maddalena che ivi si era recata dopo lo Shabbat.

Salve, o degnata del secondo nome,
O Rosa, o Stella ai periglianti scampo;
Inclita come il sol, terribil come
Oste schierata in campo.


Nella seconda parte racconta la eco di quello straordinario evento, ormai cuore della Chiesa. Nel secondo Inno, Il nome di Maria, si concentra sul culto mariano, raccontando l’incontro tra la Madonna e sua cugina Elisabetta; le lodi al nome di Maria che dalle origini del cristianesimo sono state dette; l’invocazione del suo Nome materno da parte degli uomini disperati. Il componimento si chiude con la preghiera dello scrittore al popolo ebraico perché si unisca in preghiera a quello cristiano.

L’Angel del cielo, agli uomini
Nunzio di tanta sorte,
Non de’ potenti volgesi
Alle vegliate porte;
Ma tra i pastor devoti,
Al duro mondo ignoti,
Subito in luce appar.

Nel terzo Inno, Il Natale, si contempla il mistero dell’Incarnazione. Spazio viene dato al fatto che la condizione di miseria dell’uomo, sancita dal peccato originale, viene finalmente rigettata con la nascita di Gesù nella più assoluta povertà.

Cessan gl’inni e i misteri beati,
Tra cui scende, per mistica via,
Sotto l’ombra de’ pani mutati,
L’ostia viva di pace e d’amor.
S’ode un carme: l’intento Isaia
Proferì questo sacro lamento,
In quel dì che un divino spavento
Gli affannava il fatidico cor.

Nel quarto Inno, La Passione, si celebra il Venerdì Santo: la crocifissione e la morte dell’Innocente grandemente offeso dalla malvagità umana. Non mancano la menzione a Giuda e al suo bacio traditore, al processo davanti a Pilato e all’imprecazione dei Giudei. Il tutto si chiude con l’invocazione alla misericordia infinita di Dio.

Madre de’ Santi, immagine
Della città superna;
Del Sangue incorruttibile
Conservatrice eterna;
Tu che, da tanti secoli,
Soffri, combatti e preghi;
Che le tue tende spieghi
Dall’uno all’altro mar;

Oltre a quanto già detto in precedenza, nel quinto Inno, Manzoni celebra l’inizio del cammino della Chiesa con l’obiettivo di rinnovare in Cristo stesso l’Adamo dell’Antico Testamento.

Già eccelso scrittore, con la conversione Manzoni rifletté sul concetto di male che alberga da sempre nel cuore dell’uomo. Tale concetto cambia di valore se si comincia a ragionare su un altro significato che è quello di provvidenza, quindi sul Creatore che viene in soccorso alla creatura nel momento del bisogno. Fatto sta che Alessandro Manzoni fece la prodigiosa esperienza della conversione che lasciò segni indelebili nella sua vita. Fu forse proprio questa sua straordinaria vicenda che lo conservò speranzoso nonostante i dolorosi lutti che visse – le due mogli, figli, amici, parenti – e la malattia che lo afflisse fino a quando, ventitré giorni dopo la morte del figlio maggiore Pier Luigi, il 22 maggio del 1873 si abbandonò al sonno eterno. Aveva quasi novant’anni!

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