Trovandosi nella IV cornice del Purgatorio, dove ci sono gli accidiosi, Dante e Virgilio parlano con l’anima dell’abate della basilica di San Zeno, il quale cita il “buon Barbarossa, di cui dolente ancor Milan ragiona” (XVIII – 119/120): del quale Milano ancora oggi, dopo la sua distruzione avvenuta proprio ad opera dell’imperatore con l’assedio del 1158, si rammarica moltissimo. Pertanto Federico I di Hohenstaufen viene certamente citato nell’Opera del Sommo Poeta. Duca di Svevia (1147), re dei Romani (1152), imperatore del Sacro Romano Impero (1155), re d’Italia (1155), conte palatino di Borgogna (1156) poi re di Borgogna (1178), se sull’anno di nascita di Federico I di Svevia – passato alla storia col soprannome di Barbarossa – ci sono molte divergenze tra gli storici (dal 1118 al 1125), non si può dire lo stesso sull’anno di morte poiché si sa per certo che egli morì il 10 giugno del 1190. La sua vita fu costellata di battaglie, guerre, crociate, egli è ricordato come uno degli imperatori medievali più grandi di tutta la storia. Ambizioso, forte, perspicace, eccellente organizzatore, intelligente, furbo, coraggioso, calcolatore, queste furono solo alcune delle qualità che contraddistinsero quest’uomo di straordinaria potenza. Eppure per lui la morte arrivò in modo molto bizzarro perché essa si servì delle acque nemmeno poi tanto profonde del fiume Göksu, nella Turchia meridionale, al confine con la Siria, dove Federico annegò e dove, secondo antiche fonti storiche, anche Alessandro Magno stava perdendo la vita durante alcune delle sue memorabili spedizioni. I fatti avvennero nell’anno 1190 quando il quasi settantenne, ma ancora coraggiosissimo, Federico I Barbarossa, affiancato da suo figlio, il duca Corrado di Svevia, si trovava sotto la calura estiva del mese di giugno e, percorrendo il tragitto che fu lo stesso per la I e la II crociata, guidava un enorme esercito di circa 15.000 soldati, i quali marciavano per partecipare alla III guerra santa, meglio conosciuta come la Crociata dei Re – il Barbarossa, Filippo Augusto di Francia e Riccardo Cuor di Leone – che serviva a riscattare Gerusalemme caduta nelle mani dell’emiro Saladino qualche anno prima, nel 1187, a seguito della disfatta della battaglia di Hattin. Arrivati sulle rive del fiume e dato il caldo afoso di quelle zone molto diverso dai territori dai quali proveniva l’esercito imperiale, Federico pensò bene di rinfrescarsi nelle fredde acque nonostante gli venne vivamente sconsigliato dai suoi fidati. Peccato solo che l’imperatore venne trascinato dalle fortissime correnti non riuscendo più a risollevarsi probabilmente, dicono alcuni storici, per una congestione causata dallo sbalzo termico per essersi buttato di getto in quelle acque veramente gelide o per infarto. Federico venne immediatamente soccorso, ma fu portato a riva solamente cadavere. Il re era deceduto come un misero essere umano: “Mentre il resto dei pellegrini… attraversava delle rocce difficilmente accessibili anche per i camosci e per gli uccelli, l’imperatore, che voleva rinfrescarsi ed evitare anche i pericoli della montagna, tentò di attraversare a nuoto… Questo Principe, che era fuggito a tanti pericoli, entrò in acqua nonostante il parere di tutti e, rapito dalla corrente, annegò miseramente… Questa perdita portò il disordine nell’esercito”, scrisse il cronista crociato Asbert. Tuttavia sono diverse le leggende che girano intorno alla morte del Barbarossa. Secondo una il re annegò perché, spogliandosi dell’armatura, si liberò anche della Lancia del soldato romano Longino che era in suo possesso e gli dava il potere di essere invincibile se non se ne fosse mai separato. La Lancia del Destino – così chiamata altrimenti – non era un’arma come tante, essa venne usata per perforare il costato di Cristo accertandone la morte in croce. Un’altra leggenda diceva che l’imperatore non era assolutamente morto, ma giaceva addormentato in una caverna con i suoi uomini, tutti pronti ad uscire a tempo debito per sconfiggere i nemici e la sua barba rossa sarebbe cresciuta proprio in questa circostanza. Fatto sta che, a seguito della morte per annegamento, l’esercito crociato iniziò a sgretolarsi: alcuni soldati arrivarono ad Acri; altri ritornarono da dove erano partiti; alcuni caddero in depressione pensando che quella era stata una punizione perché Allah era dalla parte dei musulmani, perciò si convertirono; altri ancora erano decisi a raggiungere Gerusalemme dove Corrado – denominato poi Federico VI di Svevia – avrebbe voluto dare degna sepoltura al padre, tuttavia lungo il tragitto, a causa dell’afa, il corpo del Barbarossa verteva in un avanzato stato di decomposizione, nonostante le pratiche di conservazione che il cadavere subì come quella di essere immerso nell’aceto. Pertanto, secondo alcune fonti, i suoi resti così trovarono pace: prima nella cattedrale San Pietro in Antiochia; poi le ossa vennero conservate nella cattedrale di Tiro, mentre il cuore a Tarso. Il 18 giugno del 1155 Federico I si presentò a Roma da papa Adriano IV che lo incoronò Sacro Imperatore, ma i rapporti con la Chiesa non furono mai idilliaci. Odiato fortemente dai comuni italiani l’imperatore scese in Italia più volte per chiarire la sua supremazia, alcuni comuni si sottomisero, altri come Milano reagirono e finirono per capitolare. Poi arrivarono le prime sconfitte, la formazione della Lega Lombarda, la battaglia di Legnano, la resa dei conti con la pace di Venezia. Federico pensava fermamente che gli Hohenstaufen fossero nati per regnare su un unico grande impero che però resterà solo un sogno. Fatto sta che i suoi capelli lunghi di color rame e la barba fulva lo hanno proiettato nell’eternità come il “Barbarossa” che, secondo alcune fonti, veniva così chiamato dai Romani, mentre secondo altre dai Lombardi. Ad ogni modo, spesso descritto come un sovrano perfido, Federico I di Svevia, con la sua barba rossa, entra nella mente di ogni studente e non ne esce mai più.
La curiosa morte dall’imperatore Federico I Barbarossa
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