Referendum senza quorum? Spunti di riflessione

Articolo di Alberto Maccagno

Negli stessi giorni in cui Antonio Tajani, leader di Forza Italia (non fatevi ingannare dal nome presente sullo stemma, il leader non è più Lui), propone di aumentare il numero di firme necessario per la richiesta dei referendum abrogativi da 500.000 a 1.000.000, Mario Staderini, ex Radicali, si fa portavoce della lotta per abolire lo strumento del quorum e lo fa presentando, in data 5 giugno 2025, una proposta d’iniziativa popolare costituzionale tramite il comitato Basta Quorum!. (Per firmare, con SPID o CIE, fare click qui: https://firmereferendum.giustizia.it/referendum/open/dettaglio-open/3900018)

Staderini sottolinea come in un’epoca di scarsissima partecipazione elettorale, dove la soglia del 50% dei votanti si raggiunge a fatica anche durante le tornate politiche e amministrative, mantenere un quorum del 50% più uno degli aventi diritto al voto significhi, nella sostanza, abolire il referendum stesso. Durante l’intervista ai microfoni di Radio Radicale, l’ex segretario nazionale del partito che fu di Pannella mette in evidenza come in Paesi quali gli USA e la Svizzera il quorum non esista e come questo porti, inevitabilmente, a una maggiore partecipazione al voto, quantificata intorno a 15-20 punti percentuale in più, in quanto il non poter giocare sull’astensionismo per far decadere una proposta faccia confluire alle urne anche quella parte di elettorato che, giocando di sponda, non vi si presenterebbe. La proposta di modificare, quindi, l’art. 75 della costituzione fa leva anche sull’espressa volontà della Commissione Europea per la Democrazia attraverso il Diritto, la quale sconsiglia l’adozione del quorum proprio per evitare boicottaggi che rendano inutili i voti espressi.

Indubbiamente, il referendum è la principale forma di democrazia diretta nelle mani dei cittadini con cui questi possono far sentire la propria voce e intervenire a pieno nella vita politica del Paese.

Tuttavia, lo scarsissimo risultato in termini di partecipazione registrato nelle giornate di domenica 8 e lunedì 9 giugno ci dice qualcosa. E non ci parla di una crisi democratica, come sostenuto da Landini, bensì dettaglia l’esito più che prevedibile di un referendum i cui quesiti erano molto più complessi di quanto si volesse far credere, dove questioni opposte venivano accorpate in un’unica tornata elettorale, con lo scopo (nobile) di contenere i costi per lo Stato ma allo stesso tempo favorendone il suicidio, e ponendo nelle mani del popolo una serie di decisioni che, necessariamente, debbono competere a una classe dirigente preparata e che esaltino, dunque, il valore della democrazia rappresentativa.

Come fanno giustamente notare Riccardo Vessa ed Eugenio Mamprin nell’ultima diretta su Wesa Channel, il rischio conseguente all’eliminazione del quorum sarebbe quello di vedere questioni estremamente tecniche sottoposte frequentemente all’attenzione forzata di un popolo che elegge i suoi rappresentanti proprio perché si occupino di queste faccende, togliendo così ogni valore alla delega democratica del potere. Lo stesso popolo che sempre più spesso manifesta forme di analfabetismo funzionale con pochi precedenti nella storia e che, come se non bastasse, si vota in maggioranza al partito dell’astensione nella convinzione dell’inutilità di esprimere una scelta, svuotato da ogni tipo di ideale e di speranza.

Il problema sta nel rendere nuovamente sexy le questioni sociali agli occhi di un Paese che non reagisce agli stimoli e per affrontarlo bisogna provare a ricostruire il sentimento alla base della partecipazione alla cosa pubblica, messo alle corde da troppi anni di berlusconismo (Lui) e post-berlusconismo.

Ovviamente, il principale ostacolo a questo bel progetto è una classe dirigente che, come faceva giustamente notare Marco Travaglio ad Accordi e Disaccordi, non vuole per nessuna ragione al mondo vedere il proprio potere messo a rischio da un allargamento del voto a quelle frange che lo esercitano in maniera critica, che esulano dai sondaggi in quanto non strettamente legati a un partito o a uno schieramento e che, quindi, si rivelano difficilmente controllabili.

Staderini conclude l’intervista a Radio Radicale evidenziando come, tuttavia, questa proposta possa essere firmata anche da chi vuole solo un ridimensionamento dello strumento quorum e non la sua cancellazione in quanto, comunque, ci si troverebbe ad affrontare le questioni nel dettaglio in fase di dibattito.

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