Giornalismo sportivo: narrare lo sport, raccontare il mondo. Il libro di Francesco Pira, Roberta Casagrande e Umberto Spaticchia

Articolo di Merelinda Staita

Il libro Giornalismo sportivo. Le nuove narrazioni dai media tradizionali agli eSports, firmato da Francesco Pira, Roberta Casagrande e Umberto Spaticchia, edito da FrancoAngeli, si offre al lettore non solo come saggio specialistico, ma come riflessione ampia e profonda sul ruolo della comunicazione contemporanea. La prefazione di Giovanna Russo, la postfazione di Stefano Bizzotto e l’approfondimento di Francesco Rende sul Codice di condotta contro la disinformazione arricchiscono un testo che affronta il giornalismo sportivo non più come semplice cronaca, ma come pratica culturale e linguistica in grado di generare immaginari collettivi.

Ma Giornalismo sportivo non è semplicemente un’analisi informativa. È un’indagine lucida, stratificata, a tratti poetica, su ciò che oggi comporta raccontare lo sport, in un’epoca in cui la narrazione – in ogni ambito – è diventata il terreno più fragile e al contempo più decisivo del nostro rapporto con la realtà. Il volume pone una domanda che attraversa tutte le sue pagine: come si modifica il modo di dire, di rappresentare, quando cambiano gli strumenti, il pubblico, le aspettative e persino i valori? E che cosa resta, alla fine, della verità?

Sin dalle prime pagine, il lettore viene accompagnato in un viaggio che intreccia linguaggio, storia e società. Il giornalismo sportivo, che a lungo ha rappresentato una delle più accessibili e popolari forme di condivisione narrativa, è osservato qui in tutta la sua complessità: dalla nascita nella stampa cartacea, al suo trionfo televisivo, fino alla disgregazione attuale dell’informazione nel mondo digitale.

Il libro illumina il modo in cui lo sport si sia trasformato in una sorta di epica moderna, fatta di eroi, imprese e cadute.

La sua rappresentazione è diventata uno specchio nel quale il pubblico riconosce desideri, conflitti, miti e paure. Se in passato bastava il giornalista con la sua penna o la sua voce a costruire questo immaginario, oggi ci troviamo in un paesaggio comunicativo dominato da piattaforme, social media, utenti-protagonisti e flussi ininterrotti di contenuti. Lo sport resta una delle grandi narrazioni del nostro tempo, ma il modo in cui viene veicolato è seriamente mutato.

Uno dei passaggi più significativi del volume riguarda proprio questa evoluzione del discorso sportivo: la parola, già solida, riconoscibile, autorevole, è ora attraversata da emozioni amplificate, polarizzazioni, linguaggi semplificati. L’urgenza di catturare l’attenzione rischia di prevalere sulla profondità espressiva, trasformando l’informazione in intrattenimento continuo.

Ma ciò non implica che il giornalismo sportivo abbia perso valore: piuttosto, è chiamato a rinnovarsi, a trovare nuove modalità di espressione senza rinunciare al rigore, alla cura del lessico, alla responsabilità verso chi legge o ascolta.

Proprio su questo aspetto si inserisce con naturalezza un’eco delle parole di Albert Camus, scrittore, filosofo esistenzialista e premio Nobel per la Letteratura nel 1957, che da giovane fu anche portiere in una squadra universitaria ad Algeri. Camus scrisse: “Quel che so della morale, l’ho appreso dal calcio”. È una frase che risuona profondamente con lo spirito del libro, perché restituisce al gesto sportivo una valenza esistenziale, etica, simbolica. Lo sport – e il suo racconto – non è solo competizione, ma esercizio umano e morale, forma di conoscenza del mondo.

Straordinariamente attuale è il focus dedicato alla disinformazione, tema che attraversa trasversalmente la nostra epoca. Lo sport, con la sua carica emotiva e il suo impatto simbolico, diventa spesso terreno fertile per fake news e manipolazioni. Il contributo di Francesco Rende sul Codice di Condotta europeo e sul Digital Services Act introduce una considerazione necessaria: in che modo le grandi piattaforme, i giornalisti e i cittadini possono collaborare per garantire un’informazione più vera, più giusta, più sana? Il messaggio veicolato, infatti, non è mai neutro: può unire o dividere, può chiarire o confondere.

Il libro non dimentica una delle questioni più critiche del giornalismo sportivo: la disparità di genere. Il capitolo dedicato alle donne mette in luce quanto ancora il registro sportivo – spesso inconsapevolmente – riproduca stereotipi, marginalizzazioni, esclusioni. Non è solo una questione di numeri o di presenze nei palinsesti: è una questione di sguardi, di parole, di possibilità espressive. Quando cambiano le voci che raccontano lo sport, cambia anche l’idea stessa di sport, e con essa la cultura che lo circonda.

Ampio spazio è dedicato poi al fenomeno in costante crescita degli eSports, i cosiddetti “sport elettronici”. Raccontarli non è un semplice aggiornamento del lessico: è una sfida complessa alla forma della narrazione, alla sua estetica, alla sua etica. È un nuovo modo di definire senso e identità dentro universi che non hanno più confini tra reale e digitale.

Nell’ultimo capitolo, lo sguardo si fa più ampio e quasi filosofico. Gli autori riflettono sulle prospettive future del giornalismo sportivo, attraversato da crisi di autorevolezza, da una sempre più accentuata soggettivizzazione dell’informazione, e da una platea frammentata e mutevole. In questa crisi – che è linguistica, culturale e sociale – il volume intravede però anche un’occasione: il ritorno a un approccio consapevole, capace di tenere insieme emozione e ragionamento, partecipazione e distanza critica.

Qui il pensiero corre alle parole di Italo Calvino, uno dei più grandi scrittori italiani del Novecento, autore tra l’altro delle Lezioni americane, raccolta postuma di conferenze che rappresentano un manifesto della scrittura del futuro. In una di esse, dedicata alla leggerezza, Calvino scriveva: “Prendere la vita con leggerezza non vuol dire superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore”.

La leggerezza calviniana – intesa come profondità che non si appesantisce – è forse il paradigma ideale per il nuovo giornalismo sportivo che questo libro propone: uno sguardo vigile e attento, che sa donare significato senza cedere al rumore del presente.

In un contesto in cui la parola rischia di essere travolta dalla velocità, questo lavoro ci invita a rallentare, ascoltare, comprendere. E ci ricorda che parlare di sport – forse più di qualsiasi altro ambito – significa esprimere le nostre passioni, i nostri sentimenti, i nostri conflitti, e quindi, in fondo, rivelare chi siamo.

Giornalismo sportivo è un’opera necessaria perché ci restituisce la dignità della comunicazione. Non come esercizio di stile, ma come atto umano, sociale, estremamente culturale. È una pubblicazione per chi crede che le storie possano ancora accendere coscienze, e che dietro ogni telecronaca o articolo sportivo possa nascondersi – se ben realizzato – un frammento di verità, in grado di creare coesione e appartenenza in ambienti in cui il limite tra mondo reale e virtuale si è dissolto.

Perché, al cuore della sua essenza, lo sport è un linguaggio. E chi sa narrarlo con dedizione apre una finestra sull’esperienza umana.

GLI AUTORI

Francesco Pira è professore associato di Sociologia dei processi culturali e comunicativi presso il Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne dell’Università di Messina. È condirettore della rivista Addiction & Social Media Communication e fa parte dei comitati scientifici di riviste e convegni, in Italia e all’estero.

Roberta Casagrande è dottoranda in Scienze Politiche all’Università di Messina e cultrice della materia in Giornalismo sportivo. È stata addetta stampa dell’Acr Messina Calcio, vincitrice del Premio Etic 2020 con la monografia Pink Power: la scalata delle donne dello sport.

Umberto Spaticchia è dottorando in Scienze Politiche all’Università di Messina. Si occupa di intelligenza artificiale e trasformazioni della comunicazione digitale, con un focus sui temi della disinformazione, della media literacy e dell’impatto sociopolitico degli algoritmi.

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