Tra i testi della seconda prova della maturità, o Esame di Stato, 2025 sono stati proposti al Liceo Classico un brando dal De Amicitia di Cicerone e al Liceo Artistico La cura di Franco Battiato. Due testi assai diversi e lontani tra loro ma che condividono il profondo e universale tema del prendersi cura della persona amata. Ricordiamo che il testo di Battiato inserito nell’album «L’imboscata», scritto in collaborazione con l’amico Manlio Sgalambro, è dedicato – “amiamo” scriverlo al presente all’amico Gesualdo Bufalino.
Il De Amicitia, o più esattamente il dialogo Laelius de amicitia di Cicerone è stato composto nel 44 a.C. ma ambientato nel 129 a.C. Cicerone descrive l’amicizia tra due esponenti di primo piano della classe politica romana dell’epoca, Gaio Lelio e Scipione Emiliano, da poco scomparso. Un testo scritto in occasione della sua morte, un «dialogo» che tratta della natura, origine e funzione dell’amicizia. È uno dei testi più fortunati della Letteratura latina e fondamento dell’Umanesimo europeo.
La parola «amicizia» ha dentro «amo». Già gli antichi Greci chiamavano l’«amore amicale» φιλία (philia), un sentimento fraterno, disinteressato, un’affinità spirituale che arricchisce chi lo coltiva. Per Aristotele gli uomini potrebbero fare a meno di tutti i beni, ma non possono rinunciare all’amicizia. Per gli antichi romani invece l’amicizia consisteva nella sodalitas, cioè nella solidarietà fra gruppi di individui accomunati da uno stesso scopo, quasi sempre politico. Fu Cicerone a contrapporre a questo tipo di amicizia fondata sui vantaggi e sulla convenienza reciproca, un’amicizia la cui qualità più importante era l’affetto disinteressato che spinge il vero amico a rendere servigi piuttosto che a richiederne. Infatti, una delle amicizie più belle della storia fu proprio quella tra Cicerone e Attico. I due pur essendo diversissimi: Cicerone proiettato sempre verso la politica, la vita pubblica, gli onori, Attico schivo, riservato, sfuggente, furono amici per oltre cinquant’anni. Oggi, invece, purtroppo l’amicizia è un bene sempre più raro, instabile, complici anche i mutamenti sociali che ci spingono a considerare – in quest’età di «capitalismo cannibale» (N. Fraser) -gli altri come semplici «oggetti di consumo».
In questo testo Cicerone afferma che l’amicizia è un sentimento spontaneo, disinteressato, che nulla ha a che fare con il calcolo o con la ricerca del vantaggio, ma nasce dall’incontro di due temperamenti compatibili. Mette anche in relazione etimologica «amicizia» e «amore». Usa i vocaboli «benevolentia», «caritas» («amore», «bene», collegato all’aggettivo «carus») e «sensus» (sentimento di affetto), costruendo un’interessante e assai importante rete terminologica. Colpisce, anche, il riferimento agli animali capaci – secondo Cicerone – pure loro di una certa affettività.

L’amicizia è un tema che tesse tutta la Letteratura universale. Omero (nell’Iliade la grande amicizia tra Patroclo e Achille). I dialoghi platonici sull’amicizia (Fedro e Liside) – Platone arriva ad affermare che l’amicizia è possibile solo tra buoni. Nell’Etica Nicomachea Aristotele distingue tre gradini dell’amicizia: quella basata sull’utilità, quella legata al piacere e quella fondata sulla bontà. Solo quella basata sulla bontà è vera amicizia, perché vuole il bene dell’altro. L’amicizia è, quindi, considerata un bene per tutti, indispensabile anche per chi è già felice. Nel XII secolo il monaco cistercense del XIII secolo autore del trattato «L’amicizia spirituale» afferma, scrive che «gli amici devono essere semplici, comunicativi, arrendevoli e appassionati delle medesime cose. Nell’amico si devono provare quattro cose: la fedeltà, l’intenzione, il criterio e la pazienza. Per sempre ama chi è amico: anche se rimproverato, anche se ho offeso, anche se messo sul fuoco, sempre ama». Il Sommo Poeta nella Commedia ricorda e celebra il tema dell’amicizia, ad esempio sulla spiaggia del Purgatorio nell’incontro con Casella (canto II). Ma nel capolavoro dantesco ci sono tanti altri amici come Nino Visconti, Forese Donati, Brunetto Latini, Belacqua. Come non ricordare ancora il bellissimo racconto de Il piccolo principe di Antoine di Sant-Exupéry ove il bambino/principe venuto da un altro pianeta stringe amicizia con un pilota precipitato nel deserto, ma anche con una volpe molto speciale. Il tema dell’amicizia c’è anche in Harry Potter tra Harry, Ron e Hermione. Nel bestseller Mille splendidi soli di Khaled Hosseini, l’autore racconta la struggente storia di amicizia fra due donne “nemiche” in un Afghanistan martoriato da interminabili guerre. Nell’Amleto di William Shakespeare al suo fianco c’è sempre il fidato amico Orazio. O il celeberrimo motto dell’amicizia “uno per tutti e tutti per uno” de I tre moschettieri di Alexandre Dumas, un’amicizia la loro un po’ rude, ma indistruttibile. L’amicizia tra il famoso detective di Backer Street, Sherlock Holmes con il dottor Watson. La bellissima storia di Narciso e Boccadoro raccontata da Hermann Hesse, un’amicizia che porterà entrambi a trovare le risposte alle domande della loro vita.
Con il professore Francesco Pira, docente associato di Sociologia dei processi culturali e comunicativi dell’Università di Messina, saggista e giornalista, rientrato, alcuni giorni fa da Tbilisi (capitale della Georgia ex Urss) dove ha svolto un Visiting Professor (due settimane fa era stato all’Università Marie Curie di Lublino in Polonia, al confine con l’Ucraina), vogliamo dialogare su un tema così grande, vitale, universale quale quello dell’amicizia.
D: Cicerone scrive che «l’amicizia è un grande dono. Cosa vi è di più dolce dell’avere una persona con la quale poter parlare come a te stesso?» Oggi in un’epoca segnata e attraversata da un «capitalismo cannibale» (N. Fraser) – complici anche i mutamenti sociali e culturali – perché oggi gli “amici” sono solo «oggetti di consumo», contatti privi di contatto su Facebook e Instagram? L’«amicizia» – insegna Francesco Alberoni – è una forma d’amore, eppure diversissima dall’innamoramento, che si costruisce nel tempo, con gradualità, che si nutre di certezze, di reti, di complicità, di attività condivise. Oggi, invece, in un mondo come il nostro, che punta tutto sulla velocità, sul possesso, sulla precarietà, cosa è diventata? Perché e come abbiamo abbruttito questo nobile e “divno” sentimento?
«Cicerone definiva l’amicizia come “un grande dono”. Eppure adesso, in un contesto dominato da ciò che la filosofa e sociologa Nancy Fraser ha chiamato “capitalismo cannibale” – un sistema che ingloba e mercifica ogni aspetto della vita, compresi i sentimenti – l’amicizia rischia di diventare un surrogato, un’illusione di connessione nella solitudine delle nostre stanze digitali. Secondo il sociologo Zygmunt Bauman, viviamo in una “modernità liquida”, caratterizzata dalla precarietà e dalla fugacità dei legami: tutto scorre, tutto si consuma in fretta, comprese le relazioni umane. In questo scenario, l’amicizia – come l’amore – ha perso la sua dimensione “densa”, profonda, e si è trasformata in relazione-merce, soggetta alle stesse logiche del mercato. L’altro non è più un “tu” con cui costruire complicità e fiducia nel tempo, ma un “oggetto di consumo”, da aggiungere alla lista dei “contatti” su Facebook o Instagram, utile fino a quando soddisfa un bisogno momentaneo. La pandemia ha rappresentato una cesura storica, accelerando dinamiche già in atto: la progressiva digitalizzazione dei rapporti, la sostituzione dell’incontro fisico con quello mediato da schermi e piattaforme, la confusione tra reale e virtuale. In particolare, il mondo dei social network ha contribuito a produrre una “vetrinizzazione” dell’identità. Oggi l’amicizia non si basa più sulla reciprocità o sulla condivisione, ma sull’esibizione. L’altro è pubblico, pubblico da conquistare, da misurare in like, reaction, visualizzazioni. Si tratta di un io performativo, modellato per piacere all’algoritmo e al giudizio dei pari, che inevitabilmente porta all’ansia sociale, al confronto tossico e alla perdita di autenticità. Bauman parlava di “comunità guardaroba”: come gli abiti, anche gli amici si scelgono, si mostrano e si dismettono. Francesco Alberoni ci ricorda che l’amicizia è una forma d’amore che richiede tempo, fiducia, attività condivise. Ma in una società fondata sulla velocità, sulla competizione e sulla logica del “tutto e subito”, anche l’amicizia viene contaminata da una cultura dell’usa e getta. La stessa che si riflette in diversi format televisivi, dove i sentimenti sono spettacolarizzati, mercificati, e ridotti a contenuto virale.
In questi spazi, l’amicizia diventa finzione, funzionale a una narrazione che alimenta voyeurismo, narcisismo e modelli relazionali distorti. In questo momento storico, emerge un elemento chiave: la solitudine connessa. I giovani, in particolare, passano ore online in una presenza virtuale costante che, però, non si traduce in rapporti reali. Si vive in una relazione con il proprio pubblico, e non con una persona. Da qui deriva l’abbrutimento dell’amicizia: non più dialogo intimo, ma auto-narrazione finalizzata al consenso. Il Metaverso promette connessioni immersive, ma rischia di sostituire la realtà con una simulazione. La presenza corporea, fatta di sguardi, silenzi e contatto, viene rimpiazzata da avatar che annullano la vulnerabilità e con essa la possibilità autentica del legame. In questo contesto, perfino l’amicizia diventa digitale per default, in una realtà parallela dove è più facile cancellare che affrontare. All’interno di questo scenario si fa urgente una riscoperta dell’autenticità relazionale. Dobbiamo aiutare le nuove generazioni a recuperare la profondità del contatto umano, la bellezza della gratuità, la capacità di ascolto e di empatia. L’amicizia non è sparita, ma è stata inglobata in una cultura dell’apparenza, dove l’altro è utile solo se ci “serve”. Abbiamo abbruttito questo sentimento divino – come lo chiamava Aristotele – non per cattiveria, ma perché abbiamo perso il senso della lentezza, dell’ascolto, della cura. Recuperare l’amicizia significa rieducare alla presenza, al silenzio, alla costruzione di legami veri. Solo così potremo tornare a parlare a qualcuno “come a noi stessi”, come auspicava Cicerone, e non solo a un pubblico in cerca di like».
D: L’amicizia che è una passione che si basa sulla fiducia e sulla reciprocità. Nel nostro attuale mondo l’amicizia è ancora un legame indispensabile, raro e prezioso?
«Nel contesto della società contemporanea, caratterizzata da profondi mutamenti nei rapporti umani, l’amicizia si configura come un legame sempre più raro ma allo stesso tempo indispensabile e prezioso. Le trasformazioni sociali, culturali ed economiche degli ultimi decenni hanno infatti inciso profondamente sulle modalità di relazione tra gli individui. L’amicizia, un tempo fondata su valori solidi come la fiducia, la reciprocità e la durata nel tempo, ora rischia di essere risucchiata da dinamiche relazionali superficiali. Il fenomeno del capitalismo emotivo, analizzato da studiosi come Byung-Chul Han, mostra come anche le emozioni siano diventate merci da scambiare. In questo scenario, l’amicizia può essere ridotta a un mezzo per ottenere vantaggi sociali, visibilità online o approvazione. Le piattaforme digitali e i social network hanno trasformato la relazione in un’esperienza spesso virtuale e performativa, dove conta più l’apparenza che la sostanza. È in questo contesto che fenomeni come il “ghosting” o il “benching” – che non colpiscono solo l’amore ma anche l’amicizia – mostrano l’incapacità di affrontare il conflitto e la vulnerabilità nelle relazioni. In parallelo, l’indagine Ipsos riportata da Enzo Risso evidenzia un forte senso di solitudine emotiva in molte società occidentali. Se solo una minoranza degli individui si sente veramente amata o appagata, ciò implica anche una difficoltà diffusa a costruire relazioni solide, basate sulla condivisione profonda. Anche l’amicizia, che dovrebbe rappresentare un rifugio emotivo libero da dinamiche di potere o interesse, è minacciata da questa crisi generale del legame. Tuttavia, proprio per la sua gratuità e autenticità, l’amicizia può diventare una forma di resistenza alla mercificazione dei sentimenti. In un mondo in cui tutto è valutato in termini di utilità o efficienza, coltivare legami amicali autentici – basati sull’ascolto, la presenza e la comprensione reciproca – può costituire un atto controculturale e rivoluzionario. Inoltre, l’amicizia svolge un ruolo cruciale nella costruzione dell’identità personale e sociale, soprattutto in adolescenza. È attraverso il confronto con l’altro che impariamo a riconoscere noi stessi, ad ascoltare e ad essere ascoltati. In un’era segnata dall’individualismo estremo e dall’isolamento relazionale, recuperare il valore dell’amicizia significa anche riscoprire la dimensione collettiva della nostra esistenza. L’amicizia rappresenta uno spazio umano in cui è ancora possibile sottrarsi alla logica del consumo e del profitto, e dove la fiducia e la reciprocità continuano ad avere un valore. Difendere e coltivare l’amicizia, quindi, significa anche promuovere un modello di società più empatica, inclusiva e umana».
D.: Se potesse scavare nel suo “io” potrebbe raccontarci una sua storia d’amicizia come parabola di crescita, di salvezza.
Ringrazio Dio per le poche amici e i pochi amici che considero veri e irrinunciabili. E’ una domanda molto intima e che presuppone una risposta sincera ma complessa. Quando perdi il padre a 13 anni, e la mamma e i nonni materni e una zia, diventano i tuoi punti di riferimento allora cerchi di comprendere quale è il ruolo importante che gli amici hanno nella tua vita. Ed è nei momenti più terribili, di sofferenza, di malattia, di solitudine. Aristotele ci ha insegnato che la cattiva sorte ci mostra chi non sono i veri amici. Mi piace richiamare Stephen Littleword che sosteneva: “un amico vero lo riconosci subito, ti fa scoppiare a ridere anche quando proprio non lo vuoi, se ti domanda come stai dissolve anche il più triste pensero e , basta stare in sua compagnia per sentirsi speciali. Questo è un vero amico, colui che trasforma la tua vita, in una vita speciale”. Gli antropologi sostengono che gli amici veri si contano sulle dita di una mano. In tutta la vita, peraltro. Sento molto mia questa affermazione. E’ vero infatti spesso usiamo la parola amicizia ma in realtà si parla di conoscenti. Ad esempio nel lavoro pensi di incontrare amici, ma poi ti accorgi che quando in gioco c’è la carriera, il potere, la minima affermazione le pugnalate arrivano puntuali. Ma io sono un ottimista per natura e uno che sa perdonare. E non so se entrambe le cose sono un difetto. Luis Sepulveda ci ha fatto riflettere sul fatto che: “i veri amici condividono i sogni e le speranze”. Mi piace conservare questa idea romantica dell’amicizia. Il prossimo 9 agosto compirò 60 anni. Sono tanti. Ho conosciuto tantissime persone. Alcune di queste hanno fatto finta di essere amiche, ma poi il loro opportunismo e pressappochismo è venuto fuori. Così nel mio cuore conservo i veri amici quelli che so che non mi hanno mai tradito e non mi tradiranno mai (almeno spero). Sono persone importanti e su cui posso contare, come loro possono contare su di me. Nel mio cuore hanno un posto di riguardo più di certi parenti (serpenti). Euripide ci ha insegnato che un amico fedele vale diecimila parenti. Potrei raccontarle tante storie stupende di amicizia sincera che ho vissuto e che sono indelebili. Scolpite nel mio cuore e nella mia anima. Non mi permetto di fare i nomi e i cognomi perché sono emozioni intense e nostre. Come lei giustamente ha scritto amicizia è amore, che doni e ricevi. Ma anche litigi, incomprensioni, chiarimenti e abbracci. Madre Teresa di Calcutta predicava: “non aspettarti che il tuo amico sia una persona perfetta, ma aiutalo a diventarlo. Questa è la vera amicizia”.

D: Cosa pensa dell’amicizia tra uomo e donna?
Su questo è stato scritto tantissimo. In tanti hanno scritto e detto. Valgono le stesse regole. L’unica incognita e che se poi si è in simbiosi totale il rischio è innamorarsi. Ma anche quello è un rischio da correre. Come sussurrava Totò: “siamo uomini o caporali?”
D: E quindi in conclusione?
Sono felice che abbiano ricordato in queste ultime ore il Maestro Franco Battiato. Ho avuto l’onore il privilegio di conoscerlo e di condividere dei progetti importanti. Era davvero un essere superiore dotato di una sensibilità incredibile. Mi piace concludere, credo la più bella conversazione che noi abbiamo fatto in assoluto con le sue parole: “bisogna muoversi come ospiti pieni di premure, con delicata attenzione, per non disturbare. Ed è in certi sguardi che si vede l’infinito”. Aggiungerei, è negli sguardi delle persone a cui vuoi bene, che ami ….che vedi l’infinito.