Perché l’operazione dell’esercito israeliano (IDF), in corso nella striscia di Gaza, che continua il genocidio del popolo palestinese, è stata chiamata così.
“Carri di Gedeone” richiama il guerriero biblico che, secondo la tradizione ebraica, guidò un piccolo gruppo di eletti (scrive Canfora in Il fascismo non è mai morto:” Ma non va dimenticato che il tessuto connettivo era il razzismo nella sua forma tipicamente “occidentale” del “suprematismo bianco”) a sterminare i Madianiti, un antico popolo arabo. È un riferimento carico di violenza storica, che dipinge l’operazione come una crociata moderna, “giustificata” da una missione affidata direttamente da dio e dunque da portare necessariamente a compimento e che “avrà un esito sicuramente vittorioso proprio perché dio lo vuole!”.
Ricordiamo che a Gaza si contano almeno centomila morti e due milioni di affamati, nonché esseri umani, soprattutto bambini, privi di cure; inoltre, vi è un’area da tempo abitata da milioni di persone rasa al suolo e completamente priva di servizi essenziali.
Le persone muoiono a cause di malattie che potrebbero essere curate, mentre i medicinali aspettano alla frontiera e gli attacchi e la distruzione degli ospedali negano alle persone qualsiasi cura. E mentre 160 mila tonnellate di cibo sono bloccate al confine a pochi minuti di distanza da chi è affamato, l’estrema destra fascio-sionista israeliana chiede misure ancora più dure!
Questa è la fase storica nella quale il sionismo non è solo l’ideologia dell’insediamento dello stato di Israele e della sua affermazione, ma è diventata la punta di lancia, la linea avanzata del tentativo dell’occidente di ribaltare la sua crisi storica, il declino irreversibile di una civiltà fatta di momenti alti (Rivoluzione scientifica, Illuminismo, Universalismo, Eguaglianza, ecc.) e di momenti bassi (colonialismo, genocidi, imperialismo, guerre e massacri, razzismo, fascismo e nazismo, ecc.).
Non per caso, lo stato di Israele è collocato in una posizione strategica sia per l’accaparramento e il controllo delle risorse energetiche con valore strategico, sia per l’aggressione e il controllo dei popoli islamici, sia per dare una base ideologica forte all’occidente sul piano ideologico-religioso riproponendo il legame per fini eminentemente politici tra ebraismo e cristianesimo (Vecchio e Nuovo testamento- vedi Galli della Loggia)
Quello israeliano è un sistema statale-militare carico di violenza sanguinaria, che dà all’operazione l’essenza di una crociata moderna, a dire di chi la compie “giustificata da un mandato divino”. Peraltro, la parola merkavot (carri) aggiunge un ulteriore elemento di minaccia, evocando sia i carri da guerra mitologici sia i tank Merkawa, simbolo della potenza militare israeliana, usati per distruggere case e vite a Gaza e in Cisgiordania.

È una fusione tra fanatismo teologico e guerra tecnologica, che trasforma un’operazione militare in un atto di conquista territoriale e di sottomissione degli sconfitti: Israele stato teocratico su basi confessionali, dunque non democratico per definizione, nel quale la violenza di stato si ammanta di citazioni bibliche e cinismo, e la distruzione di un popolo diventa un obiettivo immediato e concreto.
Peraltro, nell’ultimo decennio l’accusa di antisemitismo più volte è stata scagliata contro politici di primo piano e li ha trasformati in appestati. Nel 2008 toccò a Jeremy Corbin, leader dei laburisti britannici, che difendeva i diritti dei palestinesi senza mai mettere in questione l’esistenza di Israele. Poi, è toccato a Jea-Luc Mélenchon, capo del primo partito di sinistra in Francia, politicamente demolito in piena guerra di Gaza per aver sostenuto i palestinesi e messo in guardia contro tutti i razzismi, sia islamofobi sia antisemiti. La diffamazione scatta in automatico come un tic: è brutale e può distruggere politicamente. Ha dietro di sé la forza dei giornali mainstream, dei talk show in TV, dell’establishiment politico ed economico: il linguaggio dei diffamatori è ripetitivo nella misura in cui vengono reiterate compulsivamente formule e aggettivi mai spiegati.
Israele dichiara che l’operazione “Carri di Gedeone” avrà una potenza distruttiva senza precedenti e non si fermerà finché non avrà raggiunto tutti i suoi obiettivi. E conoscendo la sua ferocia e la sua natura terroristica si rimane sconvolti di fronte a queste affermazioni. Il piano prevede un assalto su tre fronti – terra, mare, aria – con l’uso di mezzi pesanti per radere al suolo qualsiasi struttura considerata una minaccia. A differenza del passato, le truppe israeliane non si ritireranno dopo l’offensiva. Al contrario, resteranno sul territorio, trasformando vaste aree di Gaza in “zone cuscinetto” o, come le hanno definite alcuni funzionari con un’espressione agghiacciante “cinture di sicurezza sanificate”. E gli aiuti umanitari saranno usati come arma perché saranno distribuiti attraverso delle agenzie private che avranno il compito di aiutare la deportazione della popolazione civile.
E allora: qual è il vero obiettivo del governo Netanyahu? Non la pace, non la sicurezza, ma l’espansione e il controllo, con il fine non solo di distruggere il popolo palestinese, ma in prospettiva la cancellazione definitiva e la totale distruzione degli stati dell’area. Da giorni, infatti, la stampa internazionale fa sapere che Israele sta per preparare una aggressione all’Iran, che significherebbe una escalation senza precedenti verso la “Terza guerra mondiale a pezzi”.
Fermiamo l’imperialismo e il sionismo.
Fermiamo il genocidio del popolo palestinese.
Rottura delle relazioni diplomatiche con lo stato di Israele e interruzione di qualsiasi forma di collaborazione con il fascio-sionismo.
No alla guerra, pace subito
«L’Italia ripudia la guerra» (art. 11 de La Costituzione italiana)