Dopo il sentimento di dolore, di profonda tristezza e lutto, sia in Italia che in tutto il mondo, suscitato dalla scomparsa di Papa Francesco, un altro sentimento, di emozione, incredulità e stupore, ha pervaso i cuori dei fedeli in Via della Conciliazione, in Piazza San Pietro, e delle migliaia di persone che attraverso la radio e la televisione hanno seguito l’annuncio dell’ “Habemus Papam” sulla Loggia delle Benedizioni della Basilica di San Pietro, del cardinale Robert Francis Prevost al Soglio Pontificio, 267° successore di Pietro, con il nome da Lui scelto “Leone XIV”. “Dio ci vuole bene, Dio vi ama tutti e il male non prevarrà!” Il suo volto segnato dalla commozione, quasi non riesce a trattenere le lacrime. Un pontefice con una spiccata umanità che ha conquistato tutti.
Portatore di un messaggio profondo è il motto episcopale scelto dal nuovo Pontefice, “In Illo uno unum”, tratto dal Salmo 127 di Sant’Agostino, “In Colui che è Uno, siamo uno solo”. Lo stemma papale è diviso in due settori. A sinistra, su campo azzurro, un giglio bianco rappresenta la purezza e l’umiltà di Maria, figura centrale nella spiritualità di Papa Leone XIV. È la Madonna non solo come madre tenera, ma come discepola perfetta, specchio della Chiesa stessa, capace di ascolto, obbedienza e dono totale. A destra, su fondo bianco, il Sacro Cuore di Gesù, trafitto e adagiato su un libro chiuso, richiama il mistero dell’amore redentivo e la Parola di Dio. Attraverso il suo stemma e il motto episcopale, il nuovo Pontefice propone una visione di Chiesa missionaria, mariana e profondamente radicata nell’amore di Cristo.
Particolarmente significative anche le parole conclusive della sua prima omelia da Papa: “Sparire perché rimanga Cristo, farsi piccolo perché Lui sia conosciuto e glorificato, spendersi fino in fondo perché a nessuno manchi l’opportunità di conoscerlo e amarlo”. È questo, per Leone XIV, “un impegno irrinunciabile per chiunque nella Chiesa eserciti un ministero di autorità. Dio mi dia questa grazia, oggi e sempre, con l’aiuto della tenerissima intercessione di Maria Madre della Chiesa”.

La sua elezione non è stata affatto faticosa, avvenuta alla quarta votazione con la fumata bianca alle ore 18:07 del secondo giorno, è stata rapida rispetto ai precedenti conclavi. Robert Prevost era stato nominato cardinale da Papa Francesco due anni fa, il suo nome era circolato, era al centro di molte reti, anche grazie alla fiducia che Papa Francesco aveva riposto in lui, affidandogli incarichi significativi nel Dicastero dei Vescovi, e ponendolo alla guida della Pontificia Commissione per l’America Latina, ma non era tra i cardinali più quotati per la successione papale. La bellissima sorpresa della sua elezione in conclave e con un consenso molto ampio!
È sempre lo Spirito Santo, attraverso l’azione dei cardinali elettori, che sceglie l’uomo destinato a guidare la Chiesa. Come si legge nel Vangelo di Giovanni, nelle stesse parole che Gesù rivolge a Nicodemo, che lo va a trovare di notte: «Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito».(Gv 3,8) Molto importante la testimonianza del Segretario di Stato card. Pietro Parolin, il quale ha raccontato di aver già avuto modo di saggiare la serenità di Robert Prevost “che ebbi modo di conoscere – ha detto – all’inizio del mio servizio come Segretario di Stato per una questione spinosa che riguardava la Chiesa in Perù, dove egli era Vescovo della Diocesi di Chiclayo”.
Nel lavoro fianco a fianco nella Curia di Papa Francesco, Parolin ha assicurato inoltre di aver potuto sperimentare in lui “conoscenza delle situazioni e delle persone, pacatezza nell’argomentazione, equilibrio nella proposta delle soluzioni, rispetto, attenzione e amore per tutti”.
Un Papa migrante, o meglio “figlio” dell’immigrazione: la sua famiglia viene dall’Europa che ha lasciato per raggiungere il continente americano. Di origini francesi e italiane da parte di padre, mentre la madre, una bibliotecaria, di origine spagnola; e agostiniano.
“Sono un figlio di Sant’Agostino, agostiniano, che ha detto: “con voi sono cristiano e per voi vescovo”. In questo senso possiamo tutti camminare insieme verso quella patria che Dio ci ha preparato”.
Una laurea in matematica, un master in teologia, conosce le lingue, in particolare l’inglese, lo spagnolo, l’italiano, il francese, il portoghese e sa leggere il latino e il tedesco.
Papa Leone XIV è figlio della globalizzazione e del mondo, ed ha ribadito la sua volontà di restare missionario. Egli è stato per molto tempo in Perù, anche da vescovo, quindi con ruoli formativi e pastorali di responsabilità. A Papa Francesco lo accomuna una visione di promozione umana e sociale che scaturisce dal Vangelo.
Leone XIV ha evocato l’immagine dei ponti, una metafora particolarmente significativa anche nel pensiero agostiniano. Per Sant’Agostino, infatti, la pace è un ponte tra mondi diversi: pagani e cristiani, poveri e ricchi, oppressi e potenti.
Sabato mattina, nel suo primo fine settimana da pontefice, il nuovo Papa ha incontrato in forma privata i cardinali presenti a Roma, poi due visite a sorpresa, la prima a Gennazzano, al Santuario della Madre del Buon Consiglio, da secoli gestita dal suo Ordine, gli agostiniani. Tornando a Roma, la seconda tappa è stata la visita alla Basilica di Santa Maria Maggiore, dove è sepolto Papa Francesco. Papa Leone XIV si è raccolto in preghiera sulla tomba del predecessore e davanti all’icona della Vergine, Salus Populi Romani, a cui come sappiamo Bergoglio era molto devoto.
Oltre centomila fedeli presenti in Piazza San Pietro per assistere al suo primo Regina Coeli proclamato alla Loggia delle Benedizioni.
Le sue prime parole sono state dedicate al tema più urgente e doloroso, la guerra: “L’immane tragedia della Seconda Guerra Mondiale, – ha detto – terminava 80 anni fa, l’8 maggio, dopo aver causato 60 milioni di vittime. Nell’odierno scenario drammatico di una terza guerra mondiale a pezzi, come più volte ha affermato Papa Francesco, mi rivolgo anch’io ai grandi del mondo, ripetendo l’appello sempre attuale: “Mai più la guerra!”. Quindi gli appelli per l’Ucraina e la Striscia di Gaza, e la sua soddisfazione per l’annuncio del cessate il fuoco tra India e Pakistan. Infine, dopo aver salutato i cittadini romani e i pellegrini provenienti dai diversi Paesi, ha rivolto il suo pensiero alle mamme, nel giorno della festa della mamma: “Mando un caro saluto a tutte le mamme, con una preghiera per loro e per quelle che sono già in Cielo”.

Lunedì, ai rappresentanti dei media di tutto il mondo, accreditati presso la Sala Stampa Vaticana, convenuti in Aula Paolo VI, ha detto: “Viviamo tempi difficili da percorrere e da raccontare, che rappresentano una sfida per tutti noi e che non dobbiamo fuggire. Al contrario, essi chiedono a ciascuno, nei nostri diversi ruoli e servizi, di non cedere mai alla mediocrità. La Chiesa deve accettare la sfida del tempo e, allo stesso modo, non possono esistere una comunicazione e un giornalismo fuori dal tempo e dalla storia. Come ci ricorda Sant’Agostino, che diceva: “Viviamo bene e i tempi saranno buoni”. Noi siamo i tempi”. “Oggi, una delle sfide più importanti – ha continuato – è quella di promuovere una comunicazione capace di farci uscire dalla “torre di Babele” in cui talvolta ci troviamo, dalla confusione di linguaggi senza amore, spesso ideologici o faziosi. Perciò, il vostro servizio, con le parole che usate e lo stile che adottate, è importante. La comunicazione, infatti, non è solo trasmissione di informazioni, ma è creazione di una cultura, di ambienti umani e digitali che diventino spazi di dialogo e di confronto”. “Voi siete in prima linea nel narrare i conflitti e le speranze di pace, le situazioni di ingiustizia e di povertà, e il lavoro silenzioso di tanti per un mondo migliore. Per questo vi chiedo di scegliere con consapevolezza e coraggio la strada di una comunicazione di pace”, ha concluso.
La celebrazione liturgica che segna l’inizio pubblico del pontificato, detta anche “di intronizzazione”, è attesa per domenica 18 maggio in Piazza San Pietro. Durante la messa, il Papa riceverà il pallio – simbolo del buon Pastore – e l’anello del pescatore, con il sigillo di San Pietro, come segni del suo ministero. Tutti i cardinali presenti presteranno obbedienza al nuovo Pontefice. Con la morte di Papa Francesco, tutte le nomine precedenti decadono automaticamente. Papa Leone XIV ha provvisoriamente confermato tutti gli incarichi di Curia, riservandosi un certo tempo per la riflessione, la preghiera e il dialogo, poi procederà con nuove investiture nei principali dicasteri e organismi della Curia romana, riorganizzando la macchina vaticana.
Il 21 maggio ci sarà la prima udienza generale, il 24 maggio l’incontro con la Curia Romana e i dipendenti vaticani. Domenica 25 maggio, sarà la volta del Regina Caeli e la presa di possesso della Basilica Papale di San Giovanni in Laterano, cattedra del Vescovo di Roma, “madre di tutte le chiese”, e quella della Basilica Papale di Santa Maria Maggiore.
È infine attesa la sua partecipazione agli eventi legati al Giubileo del 2025, come il Giubileo delle Famiglie, dei Bambini, dei Nonni e degli Anziani, in programma dal 30 maggio al primo giugno.
Il Papa ha la piena, suprema e universale potestà su tutta la Chiesa, secondo quanto stabilito dal Codice di Diritto Canonico ed esercita tale autorità con specifici compiti. Egli è anche il legislatore supremo dello Stato della Città del Vaticano ed è l’unico capo religioso che è anche capo di uno Stato sovrano. Questo gli conferisce uno status privilegiato nelle relazioni diplomatiche. Rispetto al passato, nel XXI secolo la figura del Papa ha assunto un nuovo significato. Pur conservando la sua centralità teologica, il pontefice è diventato anche un simbolo morale, interculturale e universale, egli offre chiavi di lettura spirituali e antropologiche, cercando di “svegliare le coscienze” di credenti e non credenti.
Papa Francesco, come Benedetto XVI e Giovanni Paolo II, hanno svolto un ruolo attivo nel dialogo interreligioso, lavorando per la riconciliazione tra cristiani, ebrei, musulmani e i rappresentanti di religioni orientali. Il compito di rafforzare il dialogo tra le religioni sarà portato avanti anche da Papa Leone XIV.

“Dobbiamo riscoprire il primato di Dio e il mistero”, questo l’appello intenso che il nuovo Pontefice ha rivolto in occasione del Giubileo delle Chiese Orientali, un invito estremamente prezioso. “La Chiesa ha bisogno di voi. Quanto è grande l’apporto che può darci oggi l’Oriente cristiano! Quanto bisogno abbiamo di recuperare il senso del mistero, così vivo nelle vostre liturgie, che coinvolgono la persona umana nella sua totalità, cantano la bellezza della salvezza e suscitano lo stupore per la grandezza divina che abbraccia la piccolezza umana! E quanto è importante riscoprire, anche nell’Occidente cristiano, il senso del primato di Dio, il valore della mistagogia, dell’intercessione incessante, della penitenza, del digiuno, del pianto per i peccati propri e dell’intera umanità così tipici delle spiritualità orientali!” “Perciò – ha continuato – è fondamentale custodire le vostre tradizioni senza annacquarle, magari per praticità e comodità, così che non vengano corrotte da uno spirito consumistico e utilitarista. Le vostre spiritualità, antiche e sempre nuove, sono medicinali”. Subito dopo, Leone XIV ha lanciato un nuovo appello affinché cessino le guerre. “La pace di Cristo non è il silenzio tombale dopo il conflitto, non è il risultato della sopraffazione, – ha dichiarato – ma è un dono che guarda alle persone e ne riattiva la vita. Preghiamo per questa pace, che è riconciliazione, perdono, coraggio di voltare pagina e ricominciare”.
Per raggiungere questa pace “di Cristo”, il Santo Padre ha promesso il suo personale impegno, oltre che quello della Chiesa intera: “Perché questa pace si diffonda, – ha detto – io impiegherò ogni sforzo. La Santa Sede è a disposizione perché i nemici si incontrino e si guardino negli occhi, perché ai popoli sia restituita una speranza e sia ridata la dignità che meritano, la dignità della pace. I popoli vogliono la pace e io, col cuore in mano, dico ai responsabili dei popoli: incontriamoci, dialoghiamo, negoziamo! La guerra non è mai inevitabile, le armi possono e devono tacere, perché non risolvono i problemi ma li aumentano; perché passerà alla storia chi seminerà pace, non chi mieterà vittime; perché gli altri non sono anzitutto nemici, ma esseri umani: non cattivi da odiare, ma persone con cui parlare”.
Con la globalizzazione e i social media, il Papa è diventato anche una figura mediatica. Leone XIV ha scelto di mantenere attiva la presenza sui social media attraverso gli account papali su X e Instagram. Essere Papa oggi, infatti, significa molto di più che “reggere le chiavi di San Pietro”. Milioni di persone seguono le sue udienze, i suoi discorsi, i viaggi e le interviste. Pur mantenendo un’aura di sacralità, il pontefice è oggi vicino al linguaggio e alle sensibilità della gente, senza rinunciare alla profondità teologica.
Ora stiamo vivendo una nuova pagina di storia. Papa Leone XIV dovrà guidare la Chiesa in una nuova transizione storica, sostenendo il primato della persona; egli potrebbe essere l’interprete ideale per frenare l’ondata tecnocratica che rischia di travolgere persone, società, economie e istituzioni. È un bel segno di speranza, molto amato e stimato anche dai confratelli, per la sua capacità di ascolto, per il desiderio di costruire comunità, capace di unire diverse sensibilità all’interno della Chiesa. Pastore del gregge come Vicario di Cristo sulla terra, guidato dall’azione dallo Spirito Santo e sorretto dall’intercessione di Maria Santissima, possa davvero essere in grado di indicare ai potenti e alle nazioni del mondo, una via idonea per risolvere le contese internazionali. Il suo è un compito spirituale, valoriale e geopolitico, ed è un ruolo che richiede prudenza e coraggio al tempo stesso.
Che il Signore e La Madonna del Buon Consiglio, a cui il Pontefice è devoto, lo custodiscano e lo assistano nel suo ministero petrino!
