GUESS WHO’S BACK, BACK AGAIN. Eccoci qua, cari lettori de Il Salto Della Quaglia! Dopo un anno sabbatico, complice la noia del Festival 2023 e la mancanza di spunti comici, siamo tornati con la… (rullo di tamburi) pagella di Sanremo 2024 di chi non ha visto Sanremo 2024. Come sempre, vi ricordiamo che le seguenti valutazioni sono effettuate ascoltando le versioni studio dei brani e NON le versioni live proposte all’Ariston.
IMPORTANTE: se la critica musicale è troppo da reggere per il lettore, il suddetto è invitato a lasciare la pagina. Altrimenti, buona lettura e buon divertimento!
Sinceramente, Annalisa: 4,5 Brano di rara bruttezza che ripercorre le sonorità degli ultimi disastri discografici di successo di Annalisa. Una cassa dritta di banalità disarmante, un ritornello-tormentone degno delle peggiori Paola e Chiara e una dozzinalità vocale da sagra di paese. Sinceramente, eh.
Ricominciamo Tutto, Negramaro: 6/7 È il classico brano dei Negramaro. Un pop rock leggero e rassicurante, arrangiamenti abbastanza larghi e pomposi e (purtroppo) un finale in stile Coldplay, con tanto di apertura sonora-emozionale pop alla Viva La Vida. Linea vocale per nulla banale e un pelo meno svolazzante di ciò a cui Sangiorgi ci ha abituato negli anni.
I P’ ME, TU P’ TE, Geolier: 5- Brano figlio di Cenere di Lazza per struttura compositiva e melodica. Geolier, che attualmente rappresenta un fiore all’occhiello nella scena hip hop italiana, si presenta col pezzo più banale e scontato possibile, mescolando il tutto nella scelta falsamente coraggiosa di portare un brano in dialetto, come se il napoletano non lo sentissimo regolarmente in mille serie TV, film ecc.
La Noia, Angelina Mango: 7 Dal punto di vista musicale, il brano presenta una bella struttura ritmica con percussioni tribali e coinvolgenti. Di famiglia sono i tanti richiami al medio oriente e al mondo latino. Vocalità particolare, la linea melodica non è affatto scontata, se non nel pre-ritornello che purtroppo sa di già sentito.
Tuta Gold, Mahmood: 7 Mahmood è un artista di personalità e carattere. Timbro vocale sfaccettato e complesso, etnico. Il brano è interessante poiché racchiude un dualismo tra la composizione orchestrale delle strofe e del bridge e tra i suoni club e deep house del ritornello. Divertente ma spesso, groove consistente. P.S. Mahmood usa gli inglesismi a caso come i capi d’azienda durante le riun… ehm, i meeting volevo dire. Fateci caso.
Fino A Qui, Alessandra Amoroso: 4,5 Brano brutto, anche se sembra riduttivo a dirsi. La sfumatura emozionale del brano si perde in una composizione vetusta e in una prestazione canora veramente veramente carente. Timbro vocale povero e inadatto, un NCSP grosso come una casa. Non ci siamo proprio.
Un Ragazzo Una Ragazza, The Kolors: 5 Brano impalpabile, un riempipista senza consistenza che colmerà l’estate e che segue la scia degli ultimi successi della band. Se ne consiglia l’utilizzo per la pubblicità di un prossimo reality show tamarro di un canale X della televisione generalista. Tipo Tamarreide. Tamarreide… ve lo ricordate Tamarreide?
Apnea, Emma: 4,5 Io ci provo a essere buono, mo non è che è colpa mia. Brano che sarebbe risultato superato anche nel 1982, hanno provato a non dare quest’idea con il drop elettronico ma non ci sono riusciti. Una versione ancor più anziana dei classici dei Ricchi e Poveri e ci vuole tutta.
Ti Muovi, Diodato: 7,5 Diodato è il baluardo di un cantautorato delicato e impegnato, a metà tra la canzone pop e quella d’autore. Canzone da premio della critica, sensibile e fine.
Vai!, Alfa: 6,5 In un Festival tarato verso il basso, Alfa è divertente e fresco. Brano leggero, godibile e orecchiabile. Non lascia il segno ma c’è, facendo un effetto primo Cremonini che tutto sommato risulta apprezzabile.
Click Boom, Rose Villain: 6+ Per questa canzone occorrono due righe di analisi più approfondita. La cantante milanese ci ha recentemente abituato alle sonorità di un dark pop gotico ampiamente sopravvalutato, figlio di un certo malessere artistico di tendenza, non per questo irreale, ma tuttavia sempre incompleto. In Click Boom, Rose Villain ha cercato di far combaciare questo stile con suoni di respiro maggiormente Sanremese, alternando momenti anche liricamente lodevoli ad altri più inconsistenti. Peccato per la vocalità monocolore e senza spunto, un timbro ricco avrebbe aggiunto tanto valore all’esecuzione. P.S. Il testo del post-chorus ricorda vagamente la famosa canzone “la brum del mmm ha un pss nella gomma”.
Tutto Qui, Gazzelle: 6- Il piatto tipico della casa, malinconia con contorno di lacrime. Un brano notturno evocativo della tradizione cantautorale capitolina e di un certo Vasco Rossi post 2000. Dall’intro di pianoforte ci si aspettava qualcosa in più, il brano è passabile ma non lascia il segno, risicando la sufficienza. Si può fare di più.
Tu No, Irama: 8 Il brano più bello del Festival, decisamente. Nonostante le carenze canore (molto marcate) del cantante, traspare una certa visceralità nelle emozioni proposte, un brano complesso e profondo che fa riprovare le emozioni di Ovunque Sarai. Linea vocale potente e imprevedibile. Struggente. Se fosse cantato meglio avrebbe preso un mezzo voto in più.
Pazza, Loredana Berté: 6/7 Un brano che sa di già sentito da ogni punto di vista ma che suona attuale e interessante con richiami tangibili persino a una canzone come Dedicato. Il testo è fortemente autobiografico e tira varie frecciate a un mercato della musica (e dello spettacolo, ovviamente) crudele e malato. A un mondo che ti dice “basta, sei pazza” per poi farti santa mancava solo di dire che dopo tutto questo ti dedica persino i premi della critica.
Due Altalene, Mr. Rain: 6+ Un netto miglioramento rispetto al brano dell’Azione Cattolica portato nella precedente edizione. Vocalmente pressoché inesistente ma gradevole, presenta varie sfumature ed evidenzia un upgrade nella produzione del pop rapper. Peccato per l’attacco metrico della seconda strofa, più che scontato.
Diamanti Grezzi, Clara: 5 Né caldo né freddo, brano inesistente e destinato a un veloce oblio nella memoria. Roba trita e ritrita, cucinata già in tutte le salse e forme. Andiamo oltre.
Casa Mia, Ghali: 4,5 Qualche lodevole spunto di riflessione qua e là, tuttavia qui si parla di musica. Nemmeno il peggiore dei Jovanotti avrebbe proposto un brano così, non cantato e non rappato, non trap e non pop. Un frittatone di nulla che lascia il tempo che trova. Arriverà sul podio.
Mariposa, Fiorella Mannoia: 6,5 Brano dalle impronte meridionali, siciliane. Un velato sapore iberico, a tratti. Cantante con mestiere che, nonostante uno stare sul tempo un po’ molle vista la natura ritmica della canzone, sa come estrapolare il meglio da un brano musicalmente discreto ma nulla più. Sfumature di Tiromancino molto marcate, non male.
Finiscimi, Sangiovanni: 4 A Sangiovà, mi sa che il tuo apice Sanremese lo hai toccato con la gag della maglia del Milan ad Amadeus.
Capolavoro, Il Volo: 6- Brano vecchio ma meno vecchio del solito, per certi versi. Cantato bene e suonato bene, seppur noioso. Diciamo che nella mediocrità generale del Festival sembra meglio di quello che è e si guadagna un mezzo punto percentuale in più.
La Rabbia Non Ti Basta, BigMama: 5 Un testo serio non fa la canzone impegnata. Ennesimo brano di una mediocrità disarmante (basta con ste casse dritte regà, l’80% dei brani in gara le ha), vocalità e melodie dozzinali. Andiamo oltre.
Onda Alta, Dargen D’Amico: 5 È difficile valutare musicalmente dei brani così. D’Amico propone un brano di concetto e critica sociale, caratterizzato da una certo poetica agrodolce tipica dell’artista. La buona orchestrazione e le sfumature trance (te pareva che non ci fosse la cassa dritta) “sopperiscono” a scelte melodiche e compositive poco coraggiose. L’aspetto autorale è nettamente superiore a quello musicale.
Il Cielo Non Ci Vuole, Fred De Palma: 4 Canzone elementare e cantata malissimo. Non parla di niente e non sa di nulla. Insipida e ai limiti dell’infantilità artistica. Fred De Palma è il Fasma di questa edizione.
L’amore in bocca, Santi Francesi: 6- Musicalità nostrana, vagamente Modà. Strappa una sufficienza (quasi) perché comunque è cantata e suonata, ma rimane inconsistente. Andiamo oltre.
Ma Non Tutta La Vita, Ricchi e Poveri: 4/5 Vabbo regà, questa a Cesenatico spopola quest’anno. Non so che altro dire, aspettiamo il featuring con Baby K.
Autodistruttivo, La Sad: 6+ Tantissimi richiami alla tradizione emo e pop punk di inizio anni ‘00, il brano si evolve in modo gradevole proponendo tre ritornelli diversi. La linea melodica di Plant nel ritornello è molto bella ed efficace, finale parecchio Yungblud con i cori da stadio.
Spettacolare, Maninni: 6,5 Canzone ben composta e ben cantata, molto italiana sia per struttura che per sonorità. Sanremese in tutto e per tutto, chiusura non banale. Buon brano.
Fragili, Il Tre: 6,5 Il pezzo si apre con la classica metrica della tarantella che purtroppo caratterizza il pop rap, ma migliora. Il ritornello è estremamente orecchiabile e canticchiabile, molto radiofonico. Il rap della seconda strofa è ben scritto e ben eseguito, il che non stupisce visto il background dell’artista.
Pazzo Di Te, Renga Nek: 5 Renga e Nek sono gli Avengers del sonno, sono vent’anni che fanno lo stesso brano spacca anima sia dal punto di vista lirico che da quello canoro. Cantano bene, ma a sto punto è meglio Mannini.
Governo Punk, BNKR44: 5 Il ritornello è pessimo, si perde quanto di buono fatto con le strofe. L’apertura di queste, con i suoni “rotti”, è carina sia nell’idea che nell’esecuzione. Si perde veramente tutto con un ritornello brutto e abbozzato. Il riferimento al punk è un po’ buttato lì. E con questa abbiamo chiuso. Beh, che dire. I brani degni di nota sono veramente pochi (ma pochi pochi) e anche molti di quelli che strappano una risicata sufficienza sembrano destinati a una veloce dimenticanza. Il nostro podio che vede Irama, Diodato e Mahmood/ Mango a pari merito primeggiare difficilmente sarà quello che vedremo effettivamente a fine kermesse, ma noi ci abbiamo provato. Alla prossima!