“L’ingrato– Novella di Maremma” di Sacha Naspini, una novella ambientata in un paese immaginario

Articolo di Gordiano Lupi

Possiedo tre edizioni di questo libro e quella pubblicata da E/O – da un punto di vista grafico – non è certo la più bella. L’ingrato costava 9 euro quando andò in libreria con Effequ Edizioni (2006) e 12 euro nella successiva edizione del Foglio Letterario (2010) – addirittura diffuso gratuitamente in e-book scopo promozionale – adesso che lo scrittore Naspini è salito di valore compiendo passi da gigante sulla scala editoriale, E/O decide il costo del libro a 17 euro. Non finiremo mai di dire che non è questo il modo per incentivare la lettura e l’acquisto di libri, perché 17 euro per un romanzo breve di 120 pagine sono tanti, forse troppi. Il discorso sarebbe lungo e passerebbe per una politica di maggiori sovvenzioni statali per l’attività editoriale seria, grande o piccola che sia.

L’ingrato è stato l’esordio letterario di Sacha Naspini, credo di essere stato il primo lettore di questo libro, vent’anni fa il solo a recensire il romanzo, in maniera compulsiva, dovunque potevo, perché in un panorama letterario come quello dei primi anni Duemila (non che oggi sia migliorato) imbattersi in una novella maremmana scritta come Dio comanda non era facile, oserei dire che fosse sconvolgente. Ricordo anche una presentazione follonichese molto partecipata, legata a un tema attuale e doloroso che aveva coinvolto un cittadino maremmano, molto simile alla vicenda narrata nel libro.

L’ingrato è una novella ambientata in un paese immaginario della Maremma Toscana (nella edizione E/O si chiama Le Case, location del romanzo più importante di Naspini, del quale questa breve storia è una sorta di spin-off) che racconta l’esistenza tormentata del maestro elementare Luigi (detto Luigino) Sarcoli Calamaio, mettendo il dito sulla piaga della difficoltà di vivere in provincia. Il personaggio principale resta impresso nella memoria, da quanto lo percepisci vivo e reale, anche grazie allo stile di Naspini che ripete ossessivamente il suo nome e cognome, partendo dal diminuitivo, spesso chiamandolo solo Il Calamaio, in certi casi aggiungendo il secondo cognome (Sarcoli). Un maestro prossimo alla pensione, solo, senza una storia d’amore importante (alle sue spalle un paio di fallimenti), che si sente vivo dipingendo false tele di Lautrec. La scuola è la sua unica ragione di vita, anche se ha la strana abitudine di spiare le bambine nei bagni, ma non lo fa certo per motivi sessuali come credono i pettegoli di paese. Calamaio dipinge le nudità delle allieve nei quadri di Lautrec che copia e conserva nella tranquillità della sua casa di paese. Lui non si sente all’altezza di creare opere nuove, riesce solo a copiare dalla realtà dai capolavori che così tanto ama. Nella vita del maestro solitario irrompe Chiaretta Rambaldi, una bambina che lui ritrae spesso nelle sue opere. La storia si complica quando Chiara – diventata donna – e torna al paese con il suo compagno e deve fare i conti con il mondo della droga. Il Calamaio l’aiuta, la ospita in casa, si affeziona alla ragazza sempre di più, ma in modo molto casto, nonostante le voci di paese, e la perde proprio quando potrebbe innamorarsene.

Naspini compone una sorta di remake (molto originale) della storia di Lolita ambientata in provincia e libera da ogni implicazione sessuale. Non svelo il finale ricco di colpi di scena per non rovinare la sorpresa, al punto che assume i connotati di un giallo di provincia. L’autore se la cava molto bene imbastendo una trama credibile che ruota attorno a due personaggi principali (Chiaretta e il maestro), “un ragazzo che beve caffè e dà le spalle” (bellissima la definizione del compagno di Chiaretta) e la voce delle comari di paese (nelle precedenti edizioni resa con un efficace uso del corsivo, qui con il dialogo continuo tra persone del borgo). Il racconto scorre rapido sino alla fine, tra dialoghi rapidi e brevi parti descrittive, il lettore accorto sentirà – come in una bottiglia di buon vino d’annata – sentori di Cassola, Chiara e persino Soldati. Io che sono piombinese (come l’autore) ho sentito anche profumo di Aldo Zelli, che forse non conoscete, ma era un grande scrittore di racconti maremmani. Nel 2006 terminavo così la mia recensione: “Naspini è uno scrittore molto dotato e con questa novella maremmana dimostra una volta di più che la vera letteratura passa solo per storie ben raccontate”. Adesso che le doti di Sacha sono (fortunatamente) note a tutti, quel che dispiace a un piccolo editore di provincia – che prima o poi smetterà di farlo, vista l’inutilità – è che i grandi editori non diano a Cesare quel che è di Cesare e non riconoscano quel che c’è stato prima di loro. Pare incredibile ma nella nuova edizione de L’ingrato, uscita con E/O nel 2025 solo perché Il Foglio Letterario ha concesso il diritto di pubblicare il libro, non c’è traccia di un editore che dello stesso romanzo ha venduto oltre mille copie in 15 anni. Detto questo spero proprio che Sacha Naspini venda centomila copie in tutto il mondo di questo suo nuovo / vecchio romanzo che reputo una delle cose migliori mai scritte (insieme con Le case del Malcontento) dal più convincente autore maremmano contemporaneo.

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