Parlare di Woody Allen sarebbe inutile. Il maestro negli anni si è ritagliato, grazie al suo talento, l’apprezzamento generale. Nella sua infinita produzione filmica esistono dei titoli passati in sordina che vale la pena di ripresentare. Film che sono nati a margine dei classici e si sono trasformati in veri e propri manifesti della mente di un genio.
Nostalgia e ricordo sono da sempre due elementi fondamentali del cinema di Allen, declinare queste emozioni in chiave ironica o drammatica ne decide il risultato. Lavori intrisi da splendide atmosfere alla Bergman o gag degne del miglior cinema muto, cui i fan del regista Newyorkese non possono fare a meno.
Interiors 1978
Storie di famiglia con contorno di silenzi e luci soffuse. Una donna all’antica e la sua passione per il marito che l’ha lasciata sono il pretesto per raccontare delle anime inquiete. Primo film drammatico di Woody ricorda il cinema dell’Europa settentrionale ma anche la letteratura russa (Cechov su tutti). Eve, la protagonista ha vicino l’affetto delle figlie ma non riesce a dimenticare l’amore di un uomo che le è andato oltre. Pennellate di egoismo si alternano a riflessioni nostalgiche e prese di posizione illuminanti. Un film che dimostra ulteriormente la profonda sensibilità del regista.
Settembre 1987
Un manifesto assoluto della malinconia. Sei personaggi si scontrano tra di loro dopo aver condiviso l’estate in piena armonia. La madre litiga con il padre e i figli tra di loro. L’arrivo della brutta stagione usato come metafora di una pace coatta che si trasforma in una sequela di recriminazioni coinvolgendo perfino gli amici. Ombre troppo lunghe, per questa vicenda crepuscolare, la cui morale è continuare a vivere una quieta disperazione. Allen riesce a far ragionare il suo pubblico lanciando domande attraverso i suoi personaggi senza imporre soluzioni di facciata.
Un’altra donna 1988
Ascoltando una seduta di analisi donna di mezza età si accorge di non essere felice e il panico prende una forma incontrollabile. Straordinario per empatia e messa in scena Un’altra donna è la storia semplice di un’esistenza complessa. Allen parte da una domanda, cosa succederebbe se tutto il vissuto di una persona fosse improvvisamente messo in discussione? Ogni scelta della protagonista sembra cadere e non c’è più tempo per prenderne altre. Esempio di cinema dove lo spettatore non può fare altro che identificarsi con i personaggi dubitando perfino di essere in una sala buia.
Harry a pezzi 1997
Scrittore in crisi creativa prova a ricomporre i cocci della sua vita sentimentale. Ipotizzando mondi paralleli dove personaggi inventati prendono vita Harry capirà che l’arte è tutto. Una perla d’irriverenza e scorrettezza politica nella filmografia di Allen che riesce a far sorridere utilizzando ogni stilema del comico in maniera eccellente. Dal turpiloquio al soprannaturale il film si rivela molto più profondo del dichiarato andando ad affrontare, ironizzando, le paure e i vizi di un intellettuale vanesio.
Sogni e delitti 2007
Due fratelli spiantati chiedono soldi allo zio ricco per ripianare i loro debiti. L’uomo decide di aiutare i nipoti ma commissiona loro l’assassinio di un rivale in affari. Noir asettico e straordinariamente efficace ha la capacità di far crescere inquietudine e suspense attraverso scelte semplici. Il cerchio attorno ai due fratelli si stringe e le emozioni condizioneranno le scelte dei due uomini portandoli alla fine. Colin Farrel ed Ewan McGregor (i protagonisti) vivono i loro errori sulla pelle come un viaggio dell’eroe al contrario. Un’ambientazione periferica dove il regista inserisce perfettamente corpi estranei ai suoi canoni è la forza di un film troppo poco apprezzato. Dialoghi, atipici per Allen, riescono a trasmettere perfettamente la forza perdente di una simile vicenda.
Professore abbondantemente oltre la mezza età accompagna la moglie a uno dei tanti festival del cinema. Lei è un’addetta stampa di successo non ancora pronta per le copertine e le minestre. Arrivati in Europa, la scena si svolge a San Sebastian, lui cercherà ispirazione per il romanzo della sua vita e lei troverà ispirazione in un giovane regista emergente. Negli ultimi anni i film di Woody Allen appaiono, sempre più, un prodotto necessario. Attraverso una sceneggiatura puntuale come un orologio, il regista riesce a fare la cosa più importante al mondo, mettere di buon umore.
Le atmosfere deliziose e le frustrazioni di sempre sembrano diventate una cifra stilistica cui è impossibile resistere. Se oltreoceano c’è un po’ di maretta per l’artista, in Europa le platee ne sono ancora ipnotizzate. In quello che sembra il classico terzetto Allen, inserisce la bella dottoressa, di cui il protagonista s’innamora alla prima visita cardiaca. Mort Rifkin è l’ennesimo alter ego di Woody che prova a capire cosa succede intorno a lui ponendosi, in solitudine, le canoniche domande sull’universo.
Questa volta il regista affida se stesso all’ottimo Wallace Shane che riesce a far rimpiangere le espressioni di Allen il meno possibile. Il resto è un contorno perfetto, dallo spassosissimo marito violento della bella medica a Chris Waltz che dispensa consigli vestito come la morte né Il settimo sigillo. Il risultato è un film pieno di citazioni al cinema del passato, da Fellini a Truffaut, realizzate attraverso scene storiche riviste come sogni di Rifkin. Sono le emozioni a non cambiare mai, lo sa bene il regista che propone il suo modo divertente di vedere la vita come una straordinaria condanna a essere schiavi delle emozioni. Un cinema che si rinnova pur rimanendo lo stesso e mantenendo intatto quell’ironia necessaria a riempire una vita priva di significato.