Guardatela, guardatela ch’era bella. Chi di voi se la ricorda? Eppure lei è famosa, lei è uno dei simboli di Palermo. E’ stata l’emblema di Palermo, l’emblema del reietti di Palermo. Lei era Maricò, al secolo Maria Concetta Mazzola. Non ve la ricordate, lo so. Ve la racconto io la sua storia. Maricò aveva solo quattro anni e non aveva quasi mai varcato la soglia di quel tugurio dove viveva assieme alla madre e ai suoi due fratellini. Il padre era un rapinatore e uno sbandato che vendeve la “semenza” al piano della Cattedrale. Quando rientrava a casa – regolarmente ubriaco – picchiava la moglie, lei e i suoi due fratellini, due gemellini di sei anni.
Un pomeriggio, era il 27 aprile del 1987, il capo della squadra mobile, Francesco Accordino, entrò in quella casa di via Montesanto 11, vicino alla stazione centrale e quello che vide era l’inferno in terra. Maricò era morta, uccisa dalle botte del padre. Nella stanza degli orrori le pareti erano imbrattate di sangue c’erano delle cinghie adoperate per legare e colpire la piccola, feci sparse un po’ dappertutto e spilloni usati per punzecchiare la figlia. Una bambina che era considerata troppo fastidiosa perchè piangeva spesso. Gli accusatori del padre furono proprio i due gemellini ascoltati dagli inquirenti a porte chiuse: “è stato lui” – con una frase apparentemente enigmatica misero sulla giusta pista il capo della squadra omicidi – “Maria Concetta era appesa al cielo”. Si scoprirà poi che la bimba era stata appesa a testa in giù al lampadario.

Al processo, la cui sentenza fu emessa nel 1989, il padre si beccò 26 anni anni di galera che era la pena più dura mai pronunciata in Italia per un caso di violenza sui minori. La Corte usò il pugno duro ma non accolse la richiesta del Pubblico Ministero che era quella di omicidio volontario. L’ omicidio infatti fu rubricato in preterintenzionale. Ricordo che in quel processo io lo fotografai Francesco Mazzola. La prima cosa che disse quando chiese la parola fu “signò giudice mi rumpieru tutti i rienti rintra Ucciaidduni, pozzu manciari sulu brodino” (signor giudice mi hanno rotto tutti i denti dentro il carcere dell’ Ucciardone e posso solo nutrirmi di brodo). Ed era vero. Io ho visto quella bocca e non aveva nessun dente attaccato alle gengive. Infatti le ”esse” Mazzola non riusciva più a pronunciarle.
Ecco, questa è la storia di Maricò. Il Comune di Palermo anni dopo ha intestato una villetta a Maricò. La villetta dei reietti perché, ironia della sorte, gli dedicò giusto, giusto, il giardinetto che sta davanti “l’Astra cine” il cinema dove negli anni 60/70 si proiettavano al mattino due film al prezzo di uno, normalmente film kolossal come Ben Hur o La tunica. Questa villetta adesso è usata dai reietti di Palermo che giornalmente mettono in vendita quello che di notte trovano nei cassonetti della città. Il mercatino dei “disperati” di Ballarò. Il Masso con lapide che ricorda Maricò è sempre sporco e pieno di immondizia. Ecco questa era Maricò, questa è Maricò, uno dei simboli della nostra felicissima Palermo.