Patriarcato: quando l’ideologia ostacola il pensiero

Articolo di Alberto Maccagno

Quello che sta succedendo negli ultimi giorni nel fantastico mondo dei social network, universo con cui tutti più o meno intensamente ci troviamo a interagire, porta con sé più di uno spunto di riflessione.

In seguito a un tristissimo e vomitevole fatto di cronaca di cui non riporterò alcun dettaglio, l’opinione pubblica si è nuovamente scossa e, com’è ormai consuetudine, un’orda di influencer, opinionisti, attivisti e semplici utenti si è esposta commentando e condannando in massa l’accaduto. E voi mi direte: è una cosa buona, no? Cosa mai può esserci di male?

C’è un sottotesto di potenziale negatività che si coglie solo con una lettura più attenta delle posizioni, specialmente dal lato che noi, se vicini ad ambienti e realtà di sinistra, tenderemmo a definire del “bene”, anche perché quelle che definiremmo del male (incel, redpill, blackpill ecc.) sono talmente spudorate da commentarsi da sole.

L’analisi dell’episodio parte sempre da una lettura ideologica della realtà che vede il patriarcato, quest’entità multiforme che a seconda della necessità può assumere questa o quella parvenza, come nemico centrale e matrice del sangue versato. Questo, ovviamente, non è utile al fine di favorire una lettura analitica degli avvenimenti ma è uno strumento narrativo cruciale nella costruzione salviniana di un nemico comune che, seppur sia un antidoto alla complessità, è in grado di elevare l’uomo bianco eterosessuale e cisgender aprioristicamente a figura detentrice del privilegio e, quindi, a responsabile diretto di quanto accade. Questo sistema di pensiero si è talmente radicato nella nostra cultura di sinistra che ci siamo trovati non solo a non fare una piega ma, anzi, ad accogliere come una verità inopinabile le dichiarazioni con cui la compianta Michela Murgia sosteneva che un maschio nasce con la stessa colpa del figlio di un mafioso verso la società e che quindi il solo buon comportamento non sia abbastanza per espiare il peccato. Una roba talmente vergognosa che avrebbe fatto sperare in una reazione furente ma che invece è stata abbracciata e, perché no, sventolata come nuova bandiera del progresso.

Oggi, quanto accade, segue lo stesso schema teorico. Un increscioso fatto di cronaca che presenta tutte le problematiche del nostro tempo, ossia la cultura del possesso del partner e l’incapacità affettiva/sentimentale nel relazionarsi in modo sano con i propri sentimenti e quindi con gli altri, viene preso e analizzato partendo dal presupposto che questo evidenzi come i prima citati siano problemi che riguardano solamente il maschio carnefice e che quindi siano il frutto di una cultura patriarcale tossica e assassina. Tutto questo, ovviamente, non ha alcun fondamento scientifico o teorico ma dev’essere accettato in maniera fideistica se si vuole far parte dei buoni o anche solo se non si vuole far parte dei cattivi. Vi invito a vedere quanto accaduto a Il Bazar Atomico, podcast di Davide Sada, con Massimo Coppola e a rivedere le storie di creator come il Cerbero Podcast e Yasmina Pani per tastare con mano l’infimo livello di tolleranza del mondo cosiddetto woke.

Non solo; in questo caso arrivano a illuminare il cielo anche le teorie degli intersezionalisti che ci spiegano come in realtà il patriarcato danneggi anche gli uomini. Quindi gli uomini (tutti, non alcuni) che hanno costruito un sistema sociale che mira in modo sistemico all’oppressione delle donne e alla difesa del proprio privilegio soffrono per via di questo sistema in quanto lo stesso danneggia anche gli uomini. A riprova della considerazione media dell’intelligenza maschile che questi movimenti propinano.

Qui sarebbe necessario fare un discorso riguardo alla formazione della società e a come si sia arrivati alla suddivisione dei compiti e delle priorità tra maschi e femmine che ad oggi, giustamente, dobbiamo rivedere e mettere in discussione ma che necessitano di una valutazione più storica che politica, meno idealizzata e più concreta.

Il motivo per cui tutto questo approccio femminista misandrico e antiscientifico urti particolarmente il sistema nervoso è la volontà malcelata di polarizzare il dibattito al fine di trarne vantaggi commerciali e lavorativi di vario tipo (sì, sto parlando proprio delle guru a cui stai pensando) e di attribuirsi una facilissima victim card da giocarsi in qualsiasi confronto, seguendo il preconcetto soggettivo della sensibilità personale che diventa limite invalicabile del dibattito, di fatto annullandone lo spazio vitale.

Ora più che mai è necessaria la formazione di un movimento anti sessista che miri alla parità concreta tra le persone, partendo soprattutto dalle lotte della classe (ricorda niente?) ma che non punti alla disgregazione degli individui e dei gruppi per il piacere e per il guadagno di pochi attivist* interessati.

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