Il 2 giugno 2025 la Repubblica democratica e antifascista compie 79 anni, anche se da qualche tempo la sua natura democratica, pacifista e lavorista è messa seriamente a rischio dal più forte partito di governo, Fratelli d’Italia (FdI), erede del MSI (Movimento Sociale Italiano) di Almirante “fucilatore di italiani”, diretta emanazione della RSI (Repubblica Sociale Italiana), voluta e totalmente asservita al nazismo hitleriano, impegnata nella feroce lotta ai partigiani, cioè a coloro che hanno liberato l’Italia, fondato la Repubblica democratica e antifascista e scritto la Costituzione italiana.
Quindi chi stava con la barbarie nazista e contrastava la pace, la democrazia, la libertà e l’uguaglianza ora governa l’Italia mostrando apertamente di voler stravolgere gli assetti, – peraltro non solidissimi -, istituzionali, politici, sociali e culturali del Paese. Del resto, anche gli altri partiti della coalizione di destra sono spinti da una visione apertamente conservatrice e reazionaria, come la Lega di Salvini e Vannacci, nonché Forza Italia continuatrice fedelissima del berlusconismo, vero buco nero dell’Italia a partire dagli Anni Novanta. Ma in questi anni sono stati molti, anche i sedicenti democratici, a indebolire la Repubblica antifascista nata dalla Resistenza, con misure e scelte politiche sempre più simili a quelle conservatrici.
Il nostro Paese sta vivendo un processo di “fascistizzazione”, una gigantesca ondata reazionaria che prevede premierato e presidenzialismo, autonomia differenziata, aumento delle spese militari e conseguente taglio della spesa sociale, ritorno alla scuola di classe non più “aperta a tutti” e nella quale “I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”, ma basata sul “merito classista” perché derivante dall’appartenenza ai ceti privilegiati, distruzione della sanità statale sempre più privatizzata (milioni di cittadini ormai rinunciano alle cure mediche perché troppo costose), controllo politico della magistratura, militarismo ed esaltazione della guerra con il vergognoso silenzio sul genocidio a Gaza perpetrato da Israele, tradendo così ancora una volta l’ispirazione pacifista di tutta la Costituzione italiana (basti citare l’articolo 11 “L’Italia ripudia la guerra…”), l’incostituzionale e liberticida decreto sicurezza, il servilismo e la dipendenza del nostro Paese dagli Stati Uniti d’America, l’allineamento con il “suprematismo” e la demagogia ultrareazionaria dominante soprattutto nell’Occidente capitalistico.
Non per caso, le forze più retrive del Paese sanno bene che lo stravolgimento degli assetti costituzionali passa dalla modifica in senso peggiorativo della Costituzione e tramano affinché nella società italiana si affermino disvalori come il disprezzo e la violenza verso i più deboli, le pulsioni belliciste, il revisionismo storico, nonché politiche apertamente antipopolari, favorite dalla (quasi) scomparsa di qualsiasi forma di informazione critica.
Ecco perché la difesa della Repubblica democratica e antifascista nata dalla Resistenza è diventato nel corso degli anni un tratto essenziale dell’azione politica e culturale democratica perché con la Repubblica è nata una nuova Italia dopo la vergogna del fascismo. E l’antifascismo, al di là dei riferimenti ideali dei partiti, è stato il fenomeno politico e culturale più importante nell’Italia del Secondo dopoguerra.
La Repubblica democratica e antifascista avviò una trasformazione progressiva delle basi economiche e sociali, nella quale finalmente il mondo del lavoro potesse avere un ruolo centrale, superando così la politica antioperaia del ventennio fascista, ma anche il conservatorismo prefascista che aveva escluso dalla vita del Paese le grandi masse popolari. E anche se tutto ciò non è stato pienamente realizzato, nessuno che abbia sinceri sentimenti democratici può seriamente pensare che i limiti e le difficoltà che l’Italia ha sofferto in questi decenni possano essere sanati smantellando la Costituzione e le istituzioni democratiche.
La Resistenza è stata uno dei punti più alti della storia italiana perché ha visto il protagonismo del popolo intero che, umiliato dal ventennio fascista e dal disastro della Seconda Guerra mondiale, seppe trovare la forza materiale e morale per riscattarsi e risorgere. Le formazioni partigiane testimoniavano, non a parole, la critica che il popolo italiano aveva sviluppato negli anni della feroce dittatura fascista e con la loro forza organizzativa, con i loro ideali, con il loro sacrificio dimostravano l’esistenza di un’altra Italia. La Resistenza, pertanto, si richiamò al Risorgimento per l’alto valore politico e morale, ma seppe andare oltre lo stesso Risorgimento vista la partecipazione di massa, gli interessi sociali che mise in campo, gli ideali del lavoro, della tutela dei diritti individuali e collettivi, della solidarietà, della pace, della libertà di pensiero e d’espressione, dell’autonomia della scienza e della cultura, dell’uguaglianza e della giustizia sociale. Inoltre, la Resistenza rappresentò una novità senza precedenti nel rapporto masse−istituzioni e preparò la Rinascita – per alcuni la nascita – dei partiti di massa che hanno avuto un ruolo essenziale nella vita politica del Paese, anche se negli ultimi anni quei partiti sono praticamente scomparsi perché sostituiti dai cosiddetti partiti “leggeri”, incapaci di rappresentare i reali interessi delle grandi masse popolari.
Nella temperie resistenziale si venne a creare tra le forze organizzate – gli uomini, le donne e i giovani di diverso orientamento -, una dialettica tesa al confronto, che in qualche occasione assunse toni aspri, posizioni politico−ideali molto diverse, ma che trovarono il modo di dialogare. Le correnti politico−culturali che avevano segnato la storia italiana – quella cattolica, quella marxista, quella liberale – trovarono la sintesi alta tra le diverse ispirazioni e orientamenti, dando alla Repubblica democratica e antifascista basi fondanti moderne e democratiche, e consentendo di avviare un processo di trasformazione sociale capace di superare la società classista ed elitaria del passato. Forze con matrici ideologiche e storiche lontane, in grado però di avvicinarsi, di dialogare, di traguardare l’immediato e il particolare, riuscendo a produrre risultati di dimensione epocale: la Repubblica, l’Assemblea costituente, la Costituzione.
Dopo la vittoria nel referendum istituzionale del 2 giugno, l’Assemblea Costituente, che operò nei 18 mesi successivi, elaborò la nuova Carta Costituzionale avendo come paradigma un sistema di democrazia parlamentare caratterizzato dalla difficile modificabilità della Carta Costituzionale e da un preciso sistema di controlli e bilanciamenti tra i diversi organi dello Stato per impedire che in futuro si potesse instaurare un regime autoritario o qualsivoglia forma di accentramento del potere.
E a questo riguardo, vorrei sottolineare il ruolo delle donne, delle madri della nostra Repubblica democratica e antifascista; donne che hanno combattuto contro il fascismo ed hanno partecipato, con posizioni diverse ma con una ispirazione profondamente unitaria alla costruzione di un’altra Italia, per dare alla nostra Carta Costituzionale dei principi fondamentali, che è nostro compito difendere strenuamente.
Alle ventuno donne che fecero parte dell’Assemblea Costituente, le Madri della Costituzione, deve andare il nostro riconoscimento e la nostra gratitudine, che dovranno essere esplicitati con intitolazione di luoghi in città, di scuole, di spazi culturali e di aggregazione sociale, di sedi istituzionali.
Insieme alla democrazia politica c’era un preciso impegno a realizzare anche quella economico-sociale e per questo tanti articoli hanno una proiezione sociale, che ha permesso, pur con aspre battaglie, al mondo del lavoro di progredire e di avere un’esistenza degna di essere vissuta.
In conclusione, mi piace citare le bellissime parole che uno dei padri costituenti, Piero Calamandrei, usava nel suo libro “Uomini e città della Resistenza”: «Gli uomini della Resistenza volevano costruire un mondo giusto, dove tutti gli uomini vivano del proprio lavoro, dove ogni uomo conti veramente per uno, dove ogni cittadino sia libero di esprimere la propria opinione dalla sua tribuna…per questo i martiri ci chiedono di essere degni di loro, considerando la loro fine un punto di partenza che doveva segnare ai superstiti il cammino verso l’avvenire».