“La casa dell’Ammiraglio” e la filosofia delle cose: lo straordinario libro di Tommaso Romano

Articolo di Francesco Pira

Non è solo un romanzo, ma un’esperienza di pensiero. In un’epoca di virtualità e disconnessione emotiva, l’autore ci ricorda che anche gli oggetti “ci parlano”, se siamo disposti ad ascoltarli. E forse è proprio questo il cuore sociologico del libro: il recupero di un’etica della bellezza, una responsabilità verso ciò che possediamo e tramandiamo. È una lezione preziosa. Un invito a tornare a sentire, a custodire, a collezionare non oggetti, ma visioni del futuro

In un periodo storico dominato dall’effimero, dove il consumo rapido ha sostituito il rispetto per l’essenza delle cose, La Casa dell’Ammiraglio di Tommaso Romano (Fondazione Thule Cultura, Edizioni Ex Libris) si staglia come un’opera luminosa e controcorrente. È un viaggio insieme intellettuale, metafisico ed esistenziale, che attraversa stanze fisiche e interiori, simboli e oggetti, alla ricerca di un senso profondo dell’essere e dell’abitare. Il volume unisce il romanzo La Casa dell’Ammiraglio e la conversazione con l’editore Carlo Guidotti sul collezionismo, inteso non come mero accumulo, ma come filosofia del prendersi cura del bello. Un libro denso, elegante, carico di significati sociali e culturali.

Tommaso Romano, intellettuale raffinato, poeta, editore e fondatore della Casa Museo Thule, con questo libro ci conduce in una narrazione che è al tempo stesso letteraria e filosofica. Il protagonista – l’Ammiraglio – si muove nella sua sontuosa dimora, definita non a caso “casanima”, popolata da opere che diventano presenze. Parlano, osservano, si lasciano interrogare, rivelando lentamente la loro essenza, quasi a volerci ricordare che gli oggetti, prima ancora che strumenti, sono testimoni del vissuto, depositari di storie, emozioni e visioni.

La narrazione è colta e profonda, attraversata da continui riferimenti all’estetica, alla metafisica, alla filosofia dell’abitare e al senso dell’arte nella vita quotidiana. L’arte non è mai decorazione, ma relazione, riflessione, identità. La bellezza, in questo romanzo, diventa una chiave per interpretare il mondo.

Alla fine del volume, la conversazione con Carlo Guidotti – già pubblicata nel 2023 come Filosofia del Collezionare – arricchisce ulteriormente il testo, offrendo un’indagine concettuale raffinata e accessibile sul senso profondo dell’atto di raccogliere. Ma attenzione: qui non si parla del collezionista come figura possessiva, bensì come custode della memoria e del significato delle tracce materiali che ci accompagnano.

Viviamo immersi in una società che tende a svalutare gli oggetti in favore dell’esperienza, e spesso riduce l’esperienza stessa a consumo. Il collezionismo, inteso da Romano come

cura, si oppone con forza a questa logica. L’autore mette in luce come l’atto del collezionare rappresenti una forma di cura e rispetto verso gli oggetti, intesi anche come espressione di bellezza. Una visione profondamente controculturale, e per questo sociologicamente forte.

Nell’Ammiraglio che entra in dialogo con gli oggetti si può leggere il bisogno ancestrale dell’uomo di costruire legami stabili e significativi con il mondo tangibile. Come nell’animismo delle religioni africane, si riconosce nelle cose una presenza, una vita propria. E in questa relazione affettiva, quasi sacrale, si riscopre un senso dimenticato dell’abitare: vivere in relazione con ciò che ci circonda.

Sociologicamente, la riflessione di Romano si inserisce in un dibattito ampio sul valore del patrimonio materiale nella postmodernità. Gli oggetti diventano beni relazionali, capaci di veicolare storie, identità, memorie collettive. Il collezionismo non è più un gesto elitario, ma un atto profondamente umano: un modo per costruire senso nel caos della contemporaneità.

Le parole dell’autore, nella loro limpida profondità, offrono una visione inedita del nostro rapporto con il passato, con l’eredità, con l’intimità delle case e delle famiglie. I riferimenti ai pezzi “inutilizzati” che tornano a vivere, evocano una dimensione emotiva e culturale fortissima. Quei frammenti del vissuto, apparentemente marginali, diventano il centro di un discorso sul valore del tempo, del ricordo, della conservazione affettiva.

Con La Casa dell’Ammiraglio, Tommaso Romano consegna al lettore un’opera rara: non solo per la qualità della scrittura e la ricchezza dei contenuti, ma per il coraggio di proporre un’idea diversa delle epoche, della bellezza, del collezionare. Un libro che educa a guardare l’universo con occhi nuovi, e a riconoscere negli oggetti la traccia di una possibile trascendenza.

Alla terza edizione, l’opera si conferma come un contributo apprezzato e significativo, il cui messaggio continua a essere accolto con interesse. L’auspicio è che possa proseguire nel suo percorso, ispirando e stimolando una più profonda consapevolezza.

La Casa dell’Ammiraglio non è solo un romanzo, ma un’esperienza di pensiero. In un’epoca di virtualità e disconnessione emotiva, Romano ci ricorda che anche gli oggetti “ci parlano”, se siamo disposti ad ascoltarli. E forse è proprio questo il cuore sociologico del libro: il recupero di un’etica della bellezza, una responsabilità verso ciò che possediamo e tramandiamo.

È una lezione preziosa, che attraversa letteratura, arte, filosofia e società. Un invito a tornare a sentire, a custodire, a collezionare non oggetti, ma visioni del futuro. E, soprattutto, a riconoscere nelle cose che amiamo la nostra stessa anima.

L’AUTORE

Tommaso Romano laureatosi con una tesi di Estetica all’Università di Palermo si è specializzato in Sociologia a Milano. È stato docente di ruolo di Filosofia e Scienza Umane nei Licei, dopo avere insegnato e tenuto corsi in scuole e università di ogni ordine e grado: dagli Istituti Superiori alle Università oltre che nazionali, di Belgio, Grecia e Inghilterra. È Cultore Universitario di Antropologia. È stato Docente e Direttore del Dipartimento di Scienza della Biografia dell’ISCA di Roma (Director of Department of Science of Biography of International Science and Commonsense Association) e attualmente è docente di

Filosofia all’AUSER-ULITE. Nel 1971 ha fondato le Edizioni Thule, dal 2001 Fondazione Thule Cultura, che presiede. Dirige la rivista Spiritualità & Letteratura e il social magazine www.culturelite.com.

Poeta, esordisce con una plaquette dal titolo Rime sparse nel 1969 ed ha pubblicato otto raccolte di poesie e due raccolte di Aforismi (Non bruciate le carte, introduzione di Marcello Veneziani, Alchimia della polvere, a cura di Maria Patrizia Allotta, con prefazione di Roberto Pazzi). Ha curato gli undici volumi della serie “Luce del Pensiero” (con Maria Patrizia Allotta). È ideatore della dottrina mitoteoretica del Mosaicosmo, con testi specifici. La sua produzione letteraria e saggistica, registra numerosi saggi critici, monografie e recensioni. Ha ricevuto significativi riconoscimenti per la sua Opera e per l’intensa attività culturale istituzionale oggi è Ispettore Onorario per i Beni Culturali della Regione Siciliana e Presidente dell’ASCU Accademia Siciliana Cultura Umanistica. Fra i Premi vanno almeno ricordati: Premio della Cultura della Presidenza del Consiglio dei Ministri, le Palme Accademiche della Repubblica di Francia, il Gran Diploma Honoris Causa dall’Università degli Studi Umanistici e Pedagogici di Mosca, il Merito Melitense dello SMOM. Per Edizioni Ex Libris ha pubblicato Filosofia del Collezionare, curato da Carlo Guidotti (2023), e Nove per Nove con il pittore Togo (2024); ha firmato anche la prefazione del saggio Ruggero II. Un patrimonio da ricordare, e l’editoriale di Ottagono Letterario – 40 anni di vita culturale dal 1982 al 2022, entrambi di Giovanni Matta.

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