Intervista sulla dignità umana al professore Francesco Pira

Articolo di Pietro Salvatore Reina

La data epocale del 14 luglio 1789 segna la nascita dell’Età contemporanea. La Rivoluzione francese consegna le parole libertà, uguaglianza e fraternità. Tratteggiando una grande sintesi della parabola storica dell’Occidente già lo stoicismo, nel 300 a. C. con Zenone, afferma l’identità delle virtù negli uomini a prescindere dal ceto sociale. Poi Gesù Cristo, con i suoi atti e con il suo insegnamento, riconosce la dignità di ciascun uomo e ciascuna donna a prescindere dalle loro condizioni personali e sociali. Durante il Rinascimento la dignità è stata riposta nell’autonomia dell’uomo: «Noi saremo ciò che vogliamo essere» (Pico della Mirandola). Nel Settecento, Immanuel Kant cerca di dare una fondazione teoretica all’autonomia, affermando che è la ragion pratica a trovare la finalità dell’azione; ma, l’autonomia di ciascun uomo incontra quella dell’altro. La fine dell’Ottocento e il Novecento non sono solo un «secolo breve» ma anche il secolo del crollo delle certezze. In epoca contemporanea, il concetto della dignità̀ dell’uomo vive vicende estremamente contraddittorie. La pandemia – osservano con acume papa Francesco, Edgar Morin et alii – ha portato alla luce patologie sociali più ampie. Una di queste è la visione distorta della persona, uno sguardo che ignora la sua dignità e il suo carattere relazionale (Evangelium gaudium, 53; Laudato si’, 22). Stiamo vivendo una tripla crisi: biologica, economica e di civiltà. Un suo grande e «alto» maestro, il grande sociologico Zygmut Bauman, già alle soglie del Duemila da un lato prendeva atto del crescente desiderio di comunità presente nella società post-moderna, dall’altro metteva in guardia di fronte alle false sicurezze e ai processi di disgregazione individualistica messi in atto dai meccanismi della globalizzazione (Voglia di comunità, 2021) e sulla crisi della vita comunitaria (La modernità liquida, 2002). Con questa intervista al professore Francesco Pira, studioso delle scienze sociali, professore associato di Sociologia all’Università di Messina vogliamo/vorremmo indagare il rischio di come si sta riducendo l’idea della dignità dell’uomo. La sua esperienza didattica e di ricerca che lo ha visto negli ultimi anni spesso lavorare in contesti internazionali, ma anche la sua passione per uno dei più grandi pensatori dei nostri tempi, Zygmunt Bauman, ci ha spinto a chiedere un suo parere. Ricordiamo che il professore Pira, è attualmente Delegato alla Comunicazione del Rettore dell’Università di Messina, Prof. Salvatore Cuzzocrea (anche Presidente della Conferenza dei Rettori Italiani CRUI) e Direttore del Master in Esperto della Comunicazione Digitale dell’Ateneo Peloritano. Ha all’attivo circa 70 pubblicazioni scientifiche ed è stato relatore in tanti convegni nazionali e internazionali. Saggista e giornalista, il suo punto di vista è sicuramente importante.

D: Oggigiorno ci sono in atto circa cento guerre (in Afghanistan, dagli anni Settanta, in Nigeria, Siria, Iraq, Yemen, Ucraina, ecc.) Afghanistan. Oggi, il concetto di «dignità della persona umana» di impronta cristiana, che fa il suo ingresso nella storia del pensiero con Kant e che la nostra Costituzione, entrata in vigore il primo gennaio 1948, dispone solennemente già all’art. 2 «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità», e all’art. 3 «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge». Oggi, la dignità ha bisogno di essere ancora realizzata? Le pare che la riflessione sulla dignità̀ dell’uomo si è inabissata? Il tema della dignità dell’uomo sembra essere un’idea con la quale pensiamo, ma della quale non pensiamo?

R.: Nella sua articolata e intelligente domanda c’è la complessità di una società dei numeri e non più degli esseri umani. Zygmunt Bauman già nel settembre 2012 al IV Congresso della cultura cristiana svoltosi a Lublino, in Polonia, aveva affermato che «la legge della clava è oggi più attuale dal Vangelo delle beatitudini». Di origini ebraiche, sociologo e filosofo ha ribadito che la dignità dell’uomo è oggi uno dei valori più minacciati.

La società postmoderna, oltre che dalla svalutazione della dignità umana, è caratterizzata da una pressoché assoluta «fiducia nella solvibilità di qualunque problema», e convinta che «il progresso porta alla felicità rendendo la vita sempre più confortevole e libera dal dolore e dalle sofferenze»

Senza il dolore non ci sarebbe stato però, ha alcuno sviluppo culturale o civile. Perché il progresso culturale, secondo Bauman, non ha carattere lineare perché sono sempre più numerosi i casi di «decivilizzazione» e di deresponsabilizzazione (indicata già da Hannah Arendt) «frutto della disseminazione del capitale e dell’anonimato del potere». Ci troviamo a dovere fronteggiare una realtà molto complessa ed in rapida evoluzione (le tensioni internazionali, la crisi economica, l’immigrazione, la diminuzione delle risorse mondiali). Questo rende urgente individuare quali azioni possano aumentare il livello di consapevolezza di tutti, in modo da assumere la responsabilità di essere parte della società e partecipare in modo attivo e positivo al necessario mutamento. In Italia i temi della solidarietà e della responsabilità sociale hanno radici molto profonde. I valori della responsabilità, della dignità, della solidarietà, nelle sue diverse espressioni, sono centrali nella Costituzione. Nella società digitalizzata si stanno realizzando delle interpendenze sempre più forti, interconnessioni più estese come effetto delle dinamiche indotte dai processi di globalizzazione (economica, tecnologica, politica), che stimolano la crescita di spinte individualistiche sempre più marcate e anche di un forte egoismo che ci porta a dimenticare quanto sia importante la dignità dell’altro. Oltretutto, la nostra epoca si presenta come liquido-moderna, come ha sempre sostenuto il grande sociologo Bauman, dove l’iper-individualismo ci rende iper-consumatori della vita. Il Papa, in diverse occasioni, ha precisato che sono tre le vie che vanno percorse: la via degli ultimi, la via del Vangelo e la via della creatività. Mi sono chiesto in quanti riflettono sull’importanza del prossimo e in quanti sono disposti a percorrere la via del Vangelo per dare vita ad un progetto che riguardi tutti e non solo una cerchia ristretta di persone. L’elemento centrale della visione del Papa riguarda la presa di coscienza delle enormi differenze sociali e la mancanza di sensibilità, carità e amore verso chi ci circonda e verso le categorie più fragili. Non si può pensare di combattere una pandemia e adesso la guerra senza un sistema che lavora attivamente insieme e senza la volontà di ogni persona a rinunciare ai propri interessi, in nome della comunità. Ricordiamoci che da soli non siamo niente.Dobbiamo cercare di invertire la rotta sia a livello nazionale che internazionale, affinché questa società possa trasformarsi, sconfiggendo la cattiveria e contrastando quel “egoismo indifferente” di cui ha parlato il Papa. Ricordiamoci che da soli non siamo niente.

«La Costituzione, come disse Calamandrei, non è un pezzo di carta ma il testamento di 100 mila morti caduti nella lotta per la libertà» ha ricordato la Senatrice a vita Liliana Segre. Parole che sottolineano quanto sia necessario educare ai valori, donare solidarietà e trasmettere quell’Educazione alla Legalità di cui si sente il bisogno.

D.: La Costituzione dell’Unione Europea, stipulata a Roma il 29 ottobre 2004, si fonda sui valori indivisibili e universali di dignità umana, libertà, uguaglianza e solidarietà, e si basa sui principi di democrazia e dello stato di diritto. Essa pone la persona al centro della sua azione istituendo la cittadinanza dell’Unione e creando uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia. In particolare, l’art.1 del Capo I denominato «dignità umana» recita: «La dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata». Ma la guerra, le guerre oggi in atto non sono l’assoluta negazione dei diritti? le terribili immagini, ahimè familiari, che ci giungono dall’Ucraina e da altri Stati in guerra non sono la negazione del diritto alla vita, della dignità della persona, ecc.

Le immagini che ci arrivano dall’Ucraina, e da altri Stati in guerra, ci mostrano il terribile volto della guerra che lede il diritto alla vita, distrugge la dignità della persona e porta con sé soltanto morte e distruzione. Ogni giorno i giornali e i social network riportano notizie e testimonianze terribili. Ci sono tantissime prove sulle crudeltà commesse dall’esercito russo in Ucraina. Qualche tempo fa è stato realizzato un sito «Russia’s war» che serve a raccogliere le prove per raccontare al mondo «i crimini di guerra della Russia» grazie alle parole di chi ha vissuto questi orrori, alle ong presenti in Ucraina e ai tantissimi report dei media di tutto il mondo. Non si contano più gli stupri che vengono raccontati dalle stesse vittime. L’assurda vicenda di Luba, una giovane donna di 29 anni di Kharkiv, violentata per un’intera settimana dai russi che hanno ucciso davanti ai suoi occhi, senza alcuna pietà, la madre malata e invalida. In Ucraina è presente anche un organo indipendente: «Human Right Watch».

Un’organizzazione non governativa che sta conducendo ricerche e analisi su tutte le violazioni delle norme internazionali sui diritti umani e i dati raccolti arrivano dalle zone di Chernihiv, Kharkiv e Kiev. Ma non è tutto. Orrori inenarrabili compiuti dai russi a Bucha. Le donne, gli anziani e i bambini hanno subito ogni sorta di tortura e violenza. Diverse le fosse comuni documentate e i cadaveri ammassati sono davvero tantissimi. Le barbarie vengono compiute anche dai soldati ucraini, perché la guerra scatena la follia delle parti coinvolte nel conflitto. La guerra semina odio e malvagità, non importa se si tratta di invasori o invasi. Io, durante una lezione all’università, ho incontrato un docente straordinario. Ho avuto il piacere di conoscere Maksym Stopin, Visiting Professor presso l’ateneo di Messina. Titolare della cattedra di Filologia inglese presso l’Università Statale di Mariupol, ha iniziato la sua lezione con una domanda letta in un canale di informazione: «Perché non dovreste interrompere la guerra?». E ha aggiunto: «Cosa dovremmo fare? Rinunciare alla nostra libertà? Essere schiavi? Per cosa?».Dopo questi interrogativi, che hanno scosso le coscienze dei presenti, ha continuato il suo racconto, spiegandoci quanto la situazione sia terribile. La verità è che ogni vittima diventa un trofeo da mostrare ed è questo che deve preoccuparci: la fine di quella tanto decantata «umanità». Quella che Edgar Morin definisce come «Comunità di destino che deve lavorare affinché la specie umana si sviluppi in Umanità, ossia coscienza comune e in solidarietà planetaria del genere umano». In fondo perseguire la pace significa salvare la specie umana quella che «continua la sua avventura sotto la minaccia dell’autodistruzione».

Morin, nell’opera I sette saperi necessari all’educazione del futuro, ci ricorda che: «Non abbiamo le chiavi che aprono le porte di un avvenire migliore. Non conosciamo strade già tracciate. Ma possiamo individuare le nostre finalità: perseguire l’ominizzazione nell’umanizzazione in virtù dell’accesso alla cittadinanza terrestre in una comunità planetaria».

D.: La guerra, meglio, le guerre fa solo vinti e mai veri vincitori. Come nel recente passato (guerra del Vietnam, del Golfo, l’attuale scontro in Ucraina, ecc.) emerge sempre più drammaticamente la circolazione di fake news, lo sciacallaggio del click baiting. Anche le tecnologie dell’informazione sono state trasformate in vere e propri armi da spendere. Dove sta andando l’Uomo, come sta cambiando il rapporto Uomo-Natura-Tecnologia?

«In tempi di menzogna universale, dire la verità è un atto rivoluzionario». Così lo scrittore George Orwell definiva l’importanza della verità e in effetti aveva ragione, soprattutto se pensiamo agli effetti della disinformazione. Gli individui appaiono sempre meno in grado di decodificare i flussi informativi e i messaggi. Molto spesso, condividiamo le notizie sui social network e non ci accertiamo né del contenuto e né della fonte. Nell’era del capitalismo dei «like» è sempre più importante ottenere consensi anche a costo di distorcere la realtà. L’opinione pubblica viene manipolata e si è sviluppato il potere del controllo mentale che avviene attraverso la virtualità ci accarezza benevolmente e ci suggerisce ciò che ritiene conveniente. Questa tipologia di comunicazione ha come caratteristica quella di accrescere l’insicurezza e la paura nella popolazione. Il conflitto russo-ucraino ci offre quasi quotidianamente una grande quantità di Fake News. A cercare di chiarire quello che sta accadendo ci hanno pensato Francesco Bigazzi, Dario Fertilio e Luigi Sergio Germani che nel loro volume «Bugie di guerra». La disinformazione russa dall’Unione Sovietica all’Ucraina spiegano, partendo dalla storia e arrivando all’attualità, i segreti del sistema di disinformazione e della propaganda russa in Italia, in Ucraina e nel mondo, con documenti e dovizia di particolari. Una propaganda che ha coinvolto la Russia e l’Ucraina in modi e in tempi diversi. Il libro è diviso in tre parti: «Dezinformacija. La strategia del Cremlino dall’epoca sovietica alla Russia di Putin» di Luigi Sergio Germani, «La guerra fredda e l’ingerenza russa in Italia» di Francesco Bigazzi e «Le tecniche moderne: cyber disinformazione e giornalismo collettivo» di Dario Fertilio. Il volume inizia il suo racconto già dalla sua copertina, che raffigura la ragazzina-simbolo della guerra in Ucraina, immortalata dal padre fotografo il 22 febbraio 2022 – cioè due giorni prima dell’inizio della guerra – con il lecca lecca e il fucile in mano, in attesa dell’invasore russo come fosse una vedetta.

«L’autore del manifesto si chiama Oleksii Kyrychenko, ed è il padre della bambina che ha scattato e poi pubblicato sul suo profilo Facebook la foto-simbolo della guerra e dei suoi orrori – afferma l’editore Luciano Tirinnanzi nella premessa del libro -. Perché abbiamo scelto quell’immagine cosi forte ed evocativa? Non solo per rendere ancora più attuale il contenuto di questo libro, ma anche perché la storia di quella foto resterà a lungo come un caso-scuola della comunicazione visiva e, al tempo stesso, della propaganda politica in tempo di guerra. Che poi è l’oggetto ultimo di questo saggio».

L’immagine è un esempio degli effetti della disinformazione. Quando si utilizza lo strumento della provocazione per attirare l’attenzione su un tema controverso la logica dell’algoritmo strumentalizza e distorce. È questo è quanto accaduto alla foto raffigurante la bambina ucraina, seduta nella finestra di un rudere, intenta a presidiare un’area con in braccio un fucile gustandosi un lecca lecca. Tra i suoi capelli si notano le trecce giallo blu, i colori dell’Ucraina, ed è diventata un simbolo della resistenza contro l’invasione russa di Vladimir Putin. Si tratta di una vera e propria «soldatessa» o si tratta di una messinscena? In molti hanno raccontato la vera storia della foto, ma non tutti la conoscono. La foto simbolo è stata riportata sui social e da diversi media, ma non tutti hanno raccontato con chiarezza la sua vera storia. L’autore, il padre della bambina, ha poi spiegato che la foto è una messinscena e non risulta, dunque, che questa bambina sia stata realmente armata per difendere l’Ucraina. I media, infatti, essendo il tessuto simbolico della nostra vita, tendono a influenzare la coscienza e il comportamento nello stesso modo in cui l’esperienza reale influenza i sogni, fornendo la materia prima attraverso cui il cervello umano funziona. I media sono diventati lo strumento cardine per dare origine a un contesto in cui l’ideologia ha la meglio sulla realtà, perché la verità conta poco o nulla. Allora noi cosa possiamo fare? Dobbiamo essere in grado di documentarci, di leggere e comprendere le fonti. La conoscenza e la formazione sono le armi migliori contro le bufale del web. Proprio per questo motivo l’uomo deve ritrovare sé stesso e anche il suo rapporto con la natura. Le nuove tecnologie possono cambiare le nostre vite, ma bisogna dar vita a percorsi educativi che coinvolgano i giovani e anche gli adulti. Papa Francesco lo ha ricordato in diverse occasioni: «Se noi prendiamo i mezzi di comunicazione di oggi manca pulizia, manca onestà, manca completezza. La disinformazione è all’ordine del giorno: si dice una cosa ma se ne nascondono tante altre». Puntiamo ad una informazione costruttiva e ricca di valori fondamentali, affinché sulla menzogna vinca sempre la verità.

P.S: Le foto raffigurano due momenti dell’attività didattica del professore Francesco Pira, Visiting Professor alla Yerevan State University in Armenia

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