Il ritorno di Don Camillo (1953) è l’ultimo film della fortunata saga diretto da Julien Duvivier, che per i successivi tre episodi – Don Camillo e l’Onorevole Peppone (1955), Don Camillo monsignore… ma non troppo (1961) e Il compagno Don Camillo (1965) – paassa il timone a Carmine Gallone (primi due) e Luigi Comencini (il terzo). L’occasione per rivedere l’intera serie viene offerta da Cine 34, che presenta le edizioni restaurate dalla Cineteca di Bologna con il sostegno di Mediaset, per opere che sono fondamentali nel quadro del cinema comico italiano. I racconti di Guareschi toccano vertici di assoluta bellezza nelle sceneggiature di Duvivier, Barjavel e Amato, che intersecano narrazioni diverse per costruire un romanzo corale. Si comincia dove eravamo arrivati con la prima puntata, terminata con l’epurazione di Don Camillo da Brescello per diventare curato di un paesino sperduto sulle montagne emiliane. Il parroco rimpiangere il suo paese, ma – cosa non scontata – anche i comunisti senza Dio della Bassa Padana sentono la mancanza del loro prete. Manca Don Camillo e la gente non vuol saperne di sposarsi e di morire, nessuno va in chiesa, il popolo non si confessa e non festeggia le ricorrenze. Peppone non sopporta il nuovo pretino smidollato e sa bene che soltanto il ritorno dell’acerrimo rivale può rimettere a posto le cose, aiutandolo a risolvere tanti problemi aperti con i suoi cittadini. Quando Don Camillo ritorna le baruffe non mancano, dalla torre del campanile da restaurare, la campana di bronzo cadente, l’orologio della casa del popolo in rivalità con il suono delle campane … ma è il sale della vita, sembra dire Guareschi, in questa Italia anni Cinquanta dove il confronto tra chiesa e comunisti non può mancare. Accade di tutto in questo episodio, anche un ex gerarca fascista (Stoppa), tornato di nascosto al paese, costretto a bere olio di ricino per vendetta, ma con la compagnia di Peppone e Don Camillo che devono bere per espiare. E poi ci sono le solite gag con Don Camillo a colloquio con il crocifisso, gli scontri con Peppone, l’amicizia che tutto sommato lega due persone diverse, al punto che il prete si occupa di capire i problemi scolastici del figlio del sindaco. Certo, molte soluzioni narrative di Guareschi sono buoniste, molto acqua e sapone, ma è anche vero che rispecchiano l’ingenuità del periodo storico, quando i comunisti sparlavano dei preti ma preferivano che i figli frequentassero l’oratorio e si tenessero distanti dalle cattive compagnie. I racconti di Guareschi messi in scena (assai liberamente) sono molti – scritti dal 1947 al 1952 – e vengono strutturati in una narrazione unica che forma un corpus narrativo convincente. Si va da Cinque più cinque a Boxe (per il racconto dell’incontro di pugilato risolto dai pugni di Don Camillo), passando per In riserva, Pugno dinamometro, La lettera (dove Peppone riceve un invito ad andare in Unione Sovietica ma è Don Camillo l’autore della missiva), Triste domenica, La campana (con l’odissea della campana caduta e l’orologio della casa del popolo), Come pioveva, La danza delle ore, Ognuno al suo posto, Via Crucis, Credono di essersi ammazzati, Il pellerossa (la storia del fascista che torna al paese truccato da indiano per carnevale), Il pilone, Vendita anima (il comunista detto Nero vende l’anima per mille lire a un vecchio reazionario ma alla fine la rivuole indietro) e Il ritorno di Don Camillo, che dà il titolo all’intero lavoro cinematografico. Molti spezzoni d’epoca riguardano l’alluvione del Polesine del novembre 1951 che colpì anche Brescello e tutta la Bassa Reggiana. Il regista usa filmati documentari e inserisce in sovrimpressione scene girate in studio per dare veridicità all’evento e far capire come nei momenti di difficoltà si mette da parte ogni divisione politica e culturale. Il film è stato girato soprattutto a Cinecittà con pochi esterni nelle montagne abruzzesi (ci troviamo a Rocca di Cambio per la parte dell’esilio di Don Camillo a Montenara), alcune sequenze alla stazione di Brescello – Viadana (arrivo di Don Camillo) e nella chiesa parrocchiale; la stazione di Montenara è quella di Sassa-Torrimparte (dalle parti di Terni), il collegio del figlio di Peppone è a Fiano Romano, mentre la passeggiata cittadina è in Piazza Campitelli, a Roma. Ruggero Ruggeri, la voce italiana del crocifisso, muore alcuni giorni dopo la realizzazione di questa pellicola, mentre la voce francese è Jean Debucourt. Fernandel come sempre è doppiato dal grande Carlo Romano, mentre Emilio Cigoli è un’ispirata voce narrante. Prova da attori comici straordinaria di Fernadel e Gino Cervi, al punto di non capire chi sia la vera spalla. Fotografia luminosa in un suggestivo bianco e nero di Anchise Brizzi. Formato quadrato, quasi televisivo, come si usava negli anni Cinquanta, adesso meno frequentato. Marthe Poncin lavora a un montaggio di episodi basilare che non presta il fianco a critiche per quasi 120 minuti di pellicola, ancora oggi rapida e moderna. Colonna sonora non invasiva del grande Alessandro Cicognini. Distribuzione mondiale, un miliardo di incasso. Un film da rivedere all’infinito.
Regia: Jean Duvivier. Soggetto: Giovannino Gueareschi. Sceneggiatura: Julien Duvivier, René Barjaval, Giuseppe Amato. Fotografia: Anchise Brizzi. Montaggio: Marthe Poncin. Effetti Speciali: Olivieri & Baciucchi. Musiche: Alessandro Cicognini. Scenografia: Virgilio Macchi. Distribuzione (Italia): Dear Film. Paesi di Produzione: Italia, Francia (1953). Durata: 116’. Genere: Commedia. Interpreti: Fernandel (Don Camillo), Gino Cervi (Peppone), Edouard Delmont (dottor Spiletti), Poalo Stoppa (Marchetti), Alexandre Rignault (Francesco “Nero” Gallini), Thomy Bourdelle (Cagnola), Enzo Staiola (Mario Cagnola), Claudy Chapeland (Beppo Bottazzi), Tony Jacquot (don Pietro), Charles Vissièrs (vescovo), Leda Gloria (signora Bottazzi), Saro Urzì (il Brusco), Marco Tulli (lo Smilzo), Giovanni Onorato (Scartazzini), Pina Gallini (perpetua di Montenara), Gian Paolo Rosmino (signor Spiletti), Miranda Campa (signora Spiletti), Bernardo Severani (medico), Lia Di Leo (maestrina), Arturo Bragaglia (cantoniere), Manoel Gary (Cerratini, delegato del PCI), Roberto LOreti (figlio piccolo di Peppone), Checco Durante (droghiere), Rina Morelli (donna che prega), Giuseppe Tosi (Anteo Gorlini, sfidante forestiero della boxe).