“Queer”, la fedele trasposizione per il cinema del romanzo breve di William S. Burroughs

Articolo di Gordiano Lupi

Queer di Luca Guadagnino è la fedele trasposizione per il cinema del romanzo breve di William S. Burroughs, in gran parte autobiografico, scritto tra il 1951 e il 1953 ma pubblicato solo nel 1985. L’autore ebbe grande difficoltà a scrivere il racconto di un momento difficile della sua vita, al punto che terminata la redazione non riusciva neppure a rileggerlo, per questo motivo l’uscita in libreria è stata rimandata a oltre vent’anni dopo, quando gli eventi reali sembravano metabolizzati. Il titolo italiano del romanzo, edito da Adelphi, in un primo tempo è stato Checca, poi modificato in Diverso, quindi nel 2013 la scelta migliore di lasciare l’originale Queer, per un testo tradotto da Katia Bagnoli per Adelphi. La storia, ambientata tra Città del Messico e l’Ecuador, racconta l’amore tra il protagonista William Lee (Craig) e un giovane giornalista inglese (Allerton) che non lo corrisponde, ma che accetta di intrecciare una relazione mercenaria e di accompagnarlo in Sudamerica. La storia d’amore omosessuale va di pari passo con il viaggio in Ecuador alla ricerca dello yagé, arbusto dal quale si credeva di poter estrarre una sostanza capace di conferire poteri telepatici. Finale onirico e psichedelico, in sintonia con molte sequenze che rasentano il grottesco, con un epilogo sognante che racconta la fine di una relazione e il disfacimento di un uomo in preda alle dipendenze.

Sceneggiatura di Justin Kuritzkes, che ricalca con fedeltà il romanzo ma risente di un montaggio dai tempi biblici nella costruzione di molte sequenze, priva di ritmo e di verve cinematografica. La maggior parte del film è stata girata a Cinecittà, secondo una tecnica molto felliniana, facendo ricorso alla grafica computerizzata e a scenari di fondo ben ricostruiti in teatri di posa. Gli esterni sono tutte suggestive location siciliane che servono da base sia per il Messico che per le sequenze sudamericane. Molti critici hanno definito Queer un capolavoro. Non me la sento di usare tale termine eccessivo, anche se sono convinto che sia l’opera più personale sin qui girata dal regista. Queer è un film irrisolto, girato con grande cura formale, dotato di una fotografia anticata e di stupendi effetti in digitale, oltre a ricostruzioni certosine del Messico anni Cinquanta realizzate in teatri di posa, con grandi scenografie sicule che immortalano un Sudamerica perfetto. Il regista è padrone assoluto della tecnica, muove la macchina da presa con evoluzioni artistiche e ci regala riprese sempre originali e mai scontate. Queer gode anche di molte parti oniriche e psichedeliche (un sorprendente doppio finale), pure se in certi casi sono molto criptiche e sin troppo metaforiche. Il problema del film sta tutto nel come viene narrata la storia, divisa in due capitoli e un epilogo, con una sceneggiatura dilatata e confusa che presta il fianco a troppe debolezze, basata su un solo tema di fondo. Film sentimentale sin troppo esplicito in molte scene che sembrano inutilmente esibite per raccontare una storia d’amore tra un uomo alla deriva affetto da dipendenze e un ragazzo che si approfitta della situazione. Teatro dell’azione della prima parte un Messico suggestivo e nella seconda la giungla ecuadoregna alla ricerca di una pianta che dovrebbe essere una droga formidabile per il controllo mentale. Troppo poco per giustificare 135’ di pellicola che un montaggio più accurato avrebbe sforbiciato a dovere portandola su misure accettabili. Qui siamo all’assurdo che un romanzo breve di Borroughs diventa un film interminabile di Guadagnino. Va bene che si vuol rappresentare l’ossessione per il desiderio, ma est modus in rebus! Gli attori sono tutti molto bravi. Daniel Craig forse è alle prese con il personaggio più complesso di tutta la sua carriera, ma se la cava egregiamente e senza alcun imbarazzo. Molto bene anche lo statunitense Drew Starkey nei panni di Eugene Allerton, sempre spontaneo e naturale. Luca Guadagnin è senza dubbio un ottimo direttore di attori oltre al fatto che sa scegliere i migliori. Colonna sonora suggestiva a base di musica jazz e di sonorità messicane tradizionali. Consigliato solo per coloro che nel cinema ricercano la perfezione formale e gli esercizi di stile, non per chi va in sala e vuol seguire una storia. Queer è come un romanzo infarcito di bellissime descrizioni e suadenti parti poetiche ma che alla resa dei conti evapora in un niente narrativo esistenziale. La sfida è arrivare alla fine.

Regia: Luca Guadagnino. Soggetto: Queer di William S. Burroughs. Sceneggiatura: Justin Kuritzkes. Fotografia: Sayomphu Mukdiphrom. Montaggio: Marco Costa. Effetti Speciali: Virginia Cefaly, Marco Fiorani Parenzi. Musiche: Trent Reznor, Atticus Ross. Scenografia: Stefano Baisi. Costumi: Jonathan Anderson. Trucco: Massimo Gattabrusi, Carmen Mendías, Adrián Dimas. Produttori: Luca Guadagnino, Lorenzo Mieli. Produttori Esecutivi: Justin Kuritzkes, Christian Vesper, James Grauerholz, Peter Spears, Elena Recchia, Emanuela Matranga. Case di Produzione: The Apartment, Fremantle, Frenesy Film. Distribuzione (Italia): Lucky Red. Lingua Originale: Inglese. Paesi di Produzione: Stati Uniti d’America, 2024. Durata: 135’. Genere: Sentimentale. Interpreti: Daniel Craig (William Lee), Drew Starkey (Eugene Allerton), Jason Schwartzman (Joe), Lesley Manville (dottoressa Cotter), Henry Zaga (Winston Moor), Drew Droege (John Dumé), Ariel Schulman (Tom Weston), Colin Bates (Tom Williams), Ronia Ava (Joan), Perla Ambrosini (madre di Lee), Simon Rizzoni (barista), Lorenzo Pozzan (Joe’s acquaintance), Cosimo Elio De Roberto (pescatore).

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