I colori blu e arancione, i grandi protagonisti della mostra #MEMARE di Simone Caliò

Articolo di Pietro Salvatore Reina

Le aree colorate delle tele orientate secondo i loro intrinseci principi vanno a interagire, con forza e qualità, sullo sguardo dell’occhio e della mente di chi le osserva. Le proprietà dei colori, delle linee della mostra personale di #MEMARE di Simone Caliò, inaugurata lo scorso 12 novembre a Messina presso lo spazio espositivo/galleria «Cocco Arte Contemporanea» di Laura Faranda ( https://www.ilsaltodellaquaglia.com/2022/11/10/memare-nei-mari-dellimmaginario-di-simone-calio/) e tuttora in corso fino al 17 dicembre 2022, sono il manifesto del «mare dentro il colore», del «mare dentro la vita», dell’«amare il mare», dell’«amare».

Il titolo della mostra, #MEMARE, cela e offre una chiave di lettura. È una metafora che rivela e insieme nasconde le scelte del maestro Caliò. I colori che abitano lo spazio vitale dei quadri creano una tensione, un’energia che Simone ha voluto farci assaporare con la realizzazione di un video che come un sentiero attraversa l’elemento-acqua. Elemento che trasforma, si fa colore, costruisce spazi. Il video racconta il profondo rapporto di armonia che lega la tela con la natura. Nella tecnica artistica di Simone l’«arte» si fa esperienza e viceversa. L’azione, quasi quotidiana del nuotare a braccio, si risolve e si rivela in una produzione di opere che manifestano un’unità tra natura e spirito, tra ricerca e ragione, tra fantasia e realtà.

La mostra di Simone è un percorso, un cammino, una nuotata che mescola elementi autobiografici come colori e con i colori. La luce li indaga, li scava a fondo. La tecnica pittorica consente di esplorare gli ambienti con pennellate che costruiscono volumi di luce, di desideri, di esperienze.

D.: L’espressione dei colori che tessono le tue tele dove trovano il loro comun denominatore, la loro origine? L’espressione e la forma dei colori come agiscono con lo spazio naturale e interiore? Ce ne illustri il cammino?

R: Sin da piccolo amavo disegnare, la mia origine infatti è figurativa e anche la formazione accademica indirizza un po’ alla figurazione. Ho avuto però da sempre il dono dell’intrepretare ciò che vedevo, di fare mio il soggetto ritratto così la figurazione non diventava per me mimesi del reale ma mezzo per esprimere il mio modo interiore. Diciamo che son nato espressionista se vogliamo proprio classificarmi. Mentre il colore, ovvero quelli che ad oggi sono i miei colori sono nati di pari passo alla mia crescita interiore, credo che rispecchino perfettamente ciò che sono dentro, non c’è alcun filtro o artificio o sovrastruttura, anzi proprio nel togliere tutte le sovrastrutture personali sono nati questi colori, quindi diciamo che sono come usciti da me in maniera naturale. È stato bello scoprire come i colori che appaiono nelle mie tele sono proprio i colori della mia terra i blu del mare della mia Sicilia o del mio Stretto e i gialli della luce speciale che abbiamo a Messina, non a caso proprio a Messina è nato colui che portò la pittura ad olio in Italia: Antonello da Messina.

D.: L’arte secondo Simone Calio è «figura di vita», una «linea» esistenziale seminata da un pennello da cui scorrono colori vitali. I colori sono davvero le riflessioni sulle possibilità umane messe in atto dallo stesso uomo? Nei colori si cela la bellezza, idea-chiave della nostra salvezza?

R: Il colore è vita per me, gioia, bellezza, ha il potere di racchiudere emozioni e esprimerle in maniera diretta e dagli occhi farli passare alla mente al cuore. Quindi per me l’artista ha una continua missione, deve cercare la bellezza e racchiuderla nei propri lavori per donarli al mondo. Credo anche che l’arte abbia un compito «Alto» deve emozionare e non stupire, e per emozionare devi emozionarti tu stesso mentre crei, un processo di rimando diciamo. L’arte ha anche doveri politici, civici, deve schierarsi essere partigiana, quando ce n’è bisogno.

D.: L’atmosfera cromatica e sonora che ci regali con il video ci consegna un bagaglio di desideri, di speranze, ecc. Questa mostra è una «pagina a colori» della tua biografia umana e artistica. Quale altra pagina – attraversata da acque, da luce, da amore, ecc. – ci vuoi rivelare e verso quali orizzonti ti sta portando come vento il tuo innato bisogno di dipingere?

R. #Memare è nata conseguenziale ad altri miei mari: i mari profondi di «sereno altrove», i mari di riflessione di «mare al quadrato», il mare di denuncia in «prima classe vista mare». #Memare è il voler essere mare, il nuotare con lui, coglierne l’essenza appunto. Credo come dalla domanda fattami, che come il vento io mi lasci fluire dalle cose che mi circondano e succedono per poi sublimarle e racchiuderle in un ciclo di opere. Quindi non posso sapere cosa accadrà nei prossimi mesi, mi piacerebbe tanto ma ancora non sono arrivato a tanto.

D.: Dallo scorso mese di febbraio i corridoi del nuovo reparto di Radioterapia Oncologica del Padiglione E del Policlinico Universitario di Messina sono aree, finestre d’arte, mari che mercè la forza dei colori e l’azione terapeutica di alcune tue opere ancorano la speranza di nuovi orizzonti. Svelaci la genesi e il vigore di questo progetto?

R. È per me uno dei progetti più belli della mia carriera e anche qui sono stati scelti i miei mari, il padiglione è stato praticamente ricostruito di sana pianta, l’ho visto rinascere. L’idea era proprio di dare respiro ad un ambiente ospedaliero che era molto angusto perché praticamente interrato e con poca luce, sono stato felice che abbiano pensato a me per ridare «luce» allo spazio attraverso le mie opere.

Gli ospedali sono luoghi in cui ci si prende cura dei pazienti, di coloro che soffrono e nella sofferenza attraversano un cammino di speranza.

L’arte può venire in soccorso a quanti nello spazio, a volte freddo e poco accogliente, di un ospedale, vivono un’esperienza difficile e traumatica.

Quando visitai il padiglione di radioterapia oncologica del Policlinico Universitario «G. Martino» di Messina mi resi conto di come fosse ancora un cantiere, mancavano i muri e avevo con me una piantina perimetrale per capire gli spazi che sarebbero stati destinati alle mie opere.

L’ingegnere Trifirò, progettista dei lavori, aveva ideato un programma di riqualificazione, anche artistico-muraria, del padiglione di radioterapia oncologica del Policlinico «G. Martino». Il suo progetto prevedeva appunto che ad abbellire quegli spazi, fossero le mie opere pittoriche. Accettai di buon grado, anzi con entusiasmo, anche perché da paziente che ha vissuto l’esperienza ospedaliera, ho capito quanto sia importante per la dignità della degenza, rendere gradevole gli ambienti ospedalieri. Ho messo tutto me stesso in questo progetto confrontandomi costantemente con tutte le maestranze e seguendo tutte le fasi dell’esecuzione, perché il fine era rendere bello e accogliente pieno di armonia questo reparto.

La letteratura scientifica dimostra che l’arte è uno strumento utile per promuovere la salute e prevenire le malattie, migliorare la qualità di vita di pazienti che soffrono di patologie gravi come tumori, diabete, disturbi neurologici.

È dimostrato che alcuni fattori legati alla dimensione architettonica/artistica dell’ambiente possono influenzare positivamente il processo di guarigione. Riconoscere, quindi, all’ambiente quel giusto ruolo di supporto al processo di cura, significa porre il paziente nelle migliori condizioni psicologiche ed emotive per sopportare la difficile condizione della malattia.

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