La sera del 7 ottobre 1986 Claudio Domino stava passeggiando con un amichetto in via Giovanni Fattori nel quartiere San Lorenzo a Palermo. Un centauro a bordo di una Kawasaki Mach III 500, la famigerata “bara volante”, chiese ai bambini che si accompagnavano chi dei due fosse Claudio Domino e alla risposta di Claudio l’uomo si avvicinò e con una pistola 7,65 gli sparò a bruciapelo in mezzo agli occhi, un colpo solo, uccidendolo. Il killer del piccolo Claudio non fu mai identificato. Si disse potesse essere un tossicodipendente assoldato dalla mafia, si disse che il motivo fosse perché avesse assistito ad uno scambio di stupefacenti tra spacciatori. Di sicuro ci fu soltanto un “proclama” letto da Giovanni Bontate, il fratello di Stefano, ex capo della “cupola”, durante il maxiprocesso di Palermo. Egli lesse un comunicato a nome di tutti i detenuti della sua cella, dichiarando l’estraneità di cosa nostra all’omicidio che definì “un atto di barbarie”. Fu un grande errore, infatti fino a quel momento nessun componente di “cosa nostra” aveva ammesso che questa organizzazione esistesse. Per via di questo comunicato, i corleonesi decisero l’eliminazione di Bontate, che venne ucciso nel settembre 1988 nella sua villa insieme alla moglie Francesca Citarda dal suo luogotenente Pietro Aglieri. In questa foto, che vedete per la prima volta in forma integrale, Claudio Domino è al centro, assieme ai suoi compagnetti delle elementari.
