Lettera aperta del direttore artistico del Tindari Festival

Articolo di Domenico Interdonato

Il direttore artistico del Tindari Festival,  Anna Ricciardi,  in una lettera aperta, racconta le criticità di una stagione complicata che è stata cmq vincente grazie alla forza di volontà. 

Gli zolfatari dello spettacolo, a futura memoria

Siamo stati per lunghi mesi, durante il secondo anno di Covid, a lavorare in silenzio, a testa bassa, in solitudine, al  buio, nudi e  con le mani imbrattate di sangue e terra,  con molti momenti di scoraggiamento, con la consapevolezza struggente  di dover  rinunciare  a più di un  debutto. Ci siam tenuti  stretti con tutte le maestranze del comparto, aspettando di poter andare in scena: si lavorava in miniera, come Ciaula, aspettando di meravigliarci per la nostra Luna, quella mozzafiato che sorge davanti al teatro di Tindari.
 
Sebbene l’allestimento, per grandissima volontà  del direttore del Parco Targia, si fosse realizzato soltanto a fine  luglio, nutrivamo  la consapevolezza  che la riapertura dei teatri  antichi, decretata dal Ministro Franceschini, avrebbe costituito, anche quest’anno, un ‘opportunità irrinunciabile dopo due inverni di statico  freddo e  di gelo,   un’opportunità di  avere spazi per la cultura. Ricominciare anche   nella seconda estate di pandemia, tra le mille incertezze  di un pubblico assottigliato, ondivago, impaurito e in molti casi non incline alle nuove regole del green pass…

Abbiamo interloquito a lungo con le istituzioni regionali: l’assessore ai Beni culturali, Alberto Samonà,  che ospita il Festival nel parco archeologico, ha trovato anche quest’anno  miracolosamente, le risorse per l’allestimento del Teatro e dei patrocinii per alcune attività.
 
Ma le risorse necessarie per tenere in piedi il Festival sono tante, tantissime…
 Da ben due anni, giusto quelli che coincidono con la pandemia, il Comune dispone già  di limitate    somme   per il suo Festival istituzionale per giunta bloccate, anche    dalla mancata approvazione del Bilancio:  situazione paradossale   non solo se si considera che le somme destinate al Festival dal 2011 in poi  hanno registrato una parabola catastroficamente discendente, per svariati e contingenti motivi ma in piena pandemia, si sperava  fosse giusto trovare soluzioni per sostenere il festival.. 
Abbiamo sperato che, essendo  peggiorate  le condizioni dell’intero comparto   dello spettacolo, ci potesse essere  un sussulto, un segno, una mano tesa … da parte di tutti…
Ma gli zolfatari sono destinati a conoscere il buio:  ci siamo o non ci siamo  non cambia la vita di nessuno, nessuno si è battuto per noi, nessuno si è preoccupato per noi, ci sarebbe bastata una forma di vicinanza, come quella offertaci dal nostro meraviglioso pubblico, ci sarebbe bastato che ci si trasformasse in spettatori presenti, pronti ad applaudire, a sostenerci, a dirci” Va tutto bene? Di cosa avete bisogno?” 

Cosa abbiamo fatto di male? Noi ce l’abbiamo messa tutta con coraggio, dovete riconoscerlo, non abbiamo avuto paura!
 Evidentemente Non siamo degni… noi zolfatari della cultura… 
Che non si pensi che vi siano  qui polemiche, attacchi, appartenenze di bandiera, strategia politica  come i rumores vorrebbero volgarmente  affibbiarci: questa è una fotografia dello status attuale, una analisi, un grido di aiuto in nome di valori alti, universali per i quali tutti noi ci reputiamo  umili servitori. Qui c’è in gioco   un festival storico, uno dei più antichi di Sicilia, l’espressione culturale della città specchio di salvaguardia e valorizzazione di cultura classica ma anche di ricerca.  Un festival di ben 65 anni , dove è passata la storia del teatro e della musica italiani. Dove si è tornati, (pazzi che siamo stati!), a fare produzione con la Tyndaris Augustea, un lavoro a più mani frutto di collaborazioni artistiche, musicali e scientifiche, istituzionali che da quattro anni diffonde la storia di Tindari ad un pubblico sempre più vasto! Cui prodest?

La convenzione sottoscritta tra il Parco Archeologico e il Comune di Patti, seguita con determinazione  dall’assessore al ramo, Cesare Messina, ha permesso di abbattere i costi previsti dalla normativa di legge per l’utilizzo del teatro greco, solitamente i costi pre Covid si aggirano intorno ai 6000 euro, quest’anno erano  previste riduzioni della metà ma ugualmente troppe  per i produttori presenti in cartellone, ecco perchè solo la convenzione ha permesso l’abbattimento del canone concessorio delle assicurazioni della necessaria fideiussione lasciando ai produttori il pagamento dei servizi essenziali e la presentazione di quei documenti ( tantissimi)previsti dal regolamento dei parchi archeologici.

Tutti i produttori presenti all’interno del Festival, pur sapendo di non poter avere alcun tipo di contributo ma l’abbattimento dei suddetti  costi , di certo importanti, hanno anche quest’anno    scelto il teatro greco di  Tindari, far parte del  festival e rischiare anche con la notevole riduzione della capienza a 550 posti, come previsto dalla normativa anti-covid… 

Non si è trattato di eroicità, lo sappiamo bene che nessuno ci  ha obbligati e che il tutto  fa parte del rischio d’impresa ma non si può nemmeno far finta di niente, ” fare spallucce”, passare avanti con disinvoltura. Ma davvero ci siamo ridotti così? Il festival istituzionale abbandonato? Il Festival non è un fatto personale, nè dei produttori, nè degli artisti, è di tutti….non è un fatto partitico, non è un fatto perimetrato alla reazioni autoctone, Il teatro greco di Tindari è la città nel mondo! E’ uno degli esempi più belli di teatro antico della Magna Grecia , rappresentante della storia millenaria di Tindari!!! Non è una piazza anonima, non è un mercato…

Abbiamo reso un servizio culturale alla città, a tutti coloro che hanno scelto di seguire il festival di Tindari come patria  della cultura classica, insomma come si può immaginare un  Festival senza il contributo del suo stesso genitore?
Questo è la punta dell’iceberg di anni difficilissimi: Si è lottato ogni santo anno  per la sopravvivenza morale, etica, culturale per uno dei festival più antichi della Sicilia con amore e passione, non avevamo altre armi: nessuno di noi avrebbe permesso per un solo istante di tenere i cancelli chiusi come si fa per i luoghi moribondi! Gli sforzi profusi da tutti, in ogni ordine e grado, dagli uffici, agli artisti, al comparto tecnico, agli amministratori non basta più. I due anni di Covid laceranti per il comparto dello spettacolo ha messo ancor di più un luce le criticità, le esigenze , la lacune e la necessità di un nuovo status , di una trasformazione strutturale in virtù anche della nuova gestione del Parco Archeologico! Una  sinergia, una fondazione fra Comune, Parco,  Istituzione private e Pro loco è una urgenza di cui non si può più fare a meno! 
Ma cui prodest?

Come Ciaula, a testa bassa, spaventati, abbiamo adesso finito e, una volta usciti dalla miniera, ci resta la meraviglia  di aver trovato la Luna :  il pubblico  con il suo entusiasmo! Quanto avremmo desiderato che lo stesso entusiasmo ci fosse stato anche da parte di tutta la politica locale. Quanto desideriamo ancora  che il Festival istituzionale riceva la giusta attenzione.

Anna Ricciardi dir artistico del Tindari Festival

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