Mio padre

Articolo di Massimo Rossi

A Sofia con infinito amore

Una telefonata sul cellulare da “anonimo”.
Una delle tante chiamate inutili di call center sparsi ovunque.
Il cellulare si illuminava e vibrava.
Non avevo il suono.
Non lo mettevo mai.
Solitamente non rispondo agli “anonimi”.
Ma ora con il nuovo cellulare è lui che mi avvisa degli SPAM.
Non avevo voglia di rispondere.
Lo feci per vizio più che per convinzione.
Una voce di uomo mi disse se ero Alice Bruni.
Risposi meccanicamente di si.
Era un tono deciso e molto austero.
Quasi infinito il tempo della mia risposta al seguito del colloquio.
L’uomo riprese a parlare e pronunciò le parole che non avrei mai voluto sentire:
“Suo padre Alberto è morto”.

Venga in Commissariato al più presto.
Il vuoto, il vuoto e la calma insieme.
Persi il senso di me e delle parole dette.
Persi il senso di quello che mi era stato riferito ed immediatamente collocai nella mia mente quell’uomo, mio padre, che non avevo quasi mai visto, ma che era sempre stato presente.
Da piccola, avrò avuto 2 anni, ricordo che quando tornava a casa lo cacciavo.
Era un modo per dirgli di stare con me.
Lui c’era poco e quel poco non era mai abbastanza.
Non lo era per me e non lo era per lui.
Era già in crisi tutto, ma io non lo sapevo.
Lui si.
Lui ha sempre saputo tutto.
E me lo ha taciuto, mi ha protetta e mi ha amata nel silenzio di una carezza o nel gioco che mi portava.
Era un uomo di idee più che di ideali.
Gli ideali li lasciava alla massa, a lui bastavano le idee che cambiavano perché chi non le cambia è un somaro.
Le scatole dei giochi, i pupazzi di mille colori, i libri che metteva da parte.

Lui era quello che c’era quando io ero sola.
Lui era quello che apriva la porta e diceva “Amore” solo se mi vedeva.
Lui era quello che scriveva e leggeva sempre senza sosta.
Non era un vizio né una virtù, era il suo modo di essere.
Nel vibrare della sua voce c’era l’entusiasmo del ragazzo, la forza dell’uomo e la dolcezza del padre.
Lui ha rappresentato per me il faro e lo scoglio.
Non ha mai voluto che fossi un suo seguito ed ha sempre coltivato il mio domani.
Il futuro ci si guadagna.
Il futuro ci si conquista.
Le strade facili portano a burroni scoscesi, mentre quelle difficili a vette inesplorate.
I suoi appunti nei libri e le spuntature sulle questioni erano probabili.
Ma la tenerezza dei suoi baci e dei suoi abbracci è immediatamente mancata.
Passo in rassegna gli insegnamenti dati e le parole di sprone e di conforto.
Era come una calda coperta in una notte di gelo.
Non lo sentivo da qualche tempo.

Lontano ormai da anni per lavoro ed i nostri contatti erano solo telefonici o per messaggio o per videochiamata.
Era un lupo solitario, un uomo che amava la sua solitudine.
Un veterano dell’appartenenza solo a se stesso.
Un macigno che sapevi che c’era ed a cui sapevi che ti potevi aggrappare.
La sua non presenza non era assenza, ma certezza.
Si materializzava quando volevi.
Si espandeva – lasciava solo spiragli di vicinanza e non era mai invadenza.
Ho ancora negli occhi la sua espressione quando era in estasi per avermi anche visto solo 10 minuti.
Non era possessivo, ma controllava.
Era un padre.
Una persona che sapeva che la via doveva essere percorsa da soli, ma che era pronto ad intervenire come un incursore della Marina se necessario.
Era un buono da non fare diventare cattivo: sapeva esserlo.
Mai con me, mai con chi amava e rispettava.
Ma se vi era chi faceva del male a chi amava non avrebbe esitato ad uccidere.
È mancata, per fortuna, solo l’occasione.

Le ultime parole che mi disse furono banali, quasi sciocche.
Si era dedicato a scrivere delle cose sui libri che aveva capito.
Avrebbe voluto che io facessi un libro.
Ha sempre avuto il “pallino” dei libri.
Solo i libri sono immortali.
Ma, in realtà, rende immortali solo l’Amore, l’Amore puro, l’amore per una figlia.
Non avevo avuto il tempo di dire nulla all’interlocutore se non un flebile “si”.
Mio padre era morto ed io non sapevo né dove, né come, né quando.
Ma lui non era morto.
Lui era in me.
L’amore suo per me aveva vinto.

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