ApplEtica (Applicazione Poetica)

Articolo di Bartolomeo Di Giovanni

Non c’è nessuna forma di dubbio che il dibattito tra Poesia ed Etica, è sempre un anfiteatro pieno di letterati, filosofi, psicologi, che ancora oggi cercano di definire quale spazio affidare alla poesia etica.

Renato Ongania, guida poetica italiana e promotore di iniziative atte a suscitare la pluralità dei significati del segno, dice:

“Se la poesia è un metalinguaggio, qui si arricchisce di significanti denotanti che appartengono all’ arte povera. Forse l’eticità è implicita nell’ essenzialità dell’arte povera e nella forza autentica della calligrafia?”

La riflessione interrogativa di Ongania ha in sé la risposta, metalinguaggio e bellezza grafica, quale segno visivo, esortano l’uomo riflessivo a destrutturare il concetto di poesia, che in questi anni si è “arricchito” di orpelli non necessari all’atto comunicativo. Probabilmente bisogna depauperare la poetica colma di surrogati ed applicare il puro senso della comunicazione. Com-Unicare, è entrare nella cattedrale della predisposizioni al donarsi all’ UNO, a quel Logos da cui tutto scaturisce.

E’ nella logica delle possibilità centrare la poesia etica sotto il profilo gnoseologico, fornendo, pertanto, una definizione valida e univoca; la storia della filosofia ha degli indicatori imprescindibili circa il linguaggio poetico-filosofico, denotabili soprattutto in Leopardi, poesia che diventa speculazione di sé stessa, discesa e risalita nel mondo della parola che scruta, abbatte, distrugge e ricostruisce. Per tale ragione la poesia diventa etica, cioè l’uomo deve praticare la ricerca del Bene e del Male senza cadere nella fossa del relativismo. Esiste il Bene Uni-Versale ed il Male Uni-Versale in relazione al tutto, è necessario rimembrare la famosa dottrina di Socrate: I tre setacci, “ E’ Vero, E’ Buono, E’ Utile” se nessuna di queste domande risponde alla istanza etica allora, potenzialmente, si potrebbe arrecare danno a qualcuno, si potrebbe infliggere dolore a qualcuno, si potrebbe danneggiare la dignità di un essere, questo è il Male condannato dalle arti. Socrate aveva cosi fornito delle linee etiche applicabili. La poesia è un BENE prezioso, purtroppo, in questi ultimi anni, la corsa ad un trofeo e/o ad un foglio pergamenato, che si conferiscono durante lo svolgimento delle premiazioni dei concorsi, ha impoverito la Parola e nutrito il vorace desiderio di apparire, che non è Male, ma lo diventa se tutto muore al termine della serata, se non c’è spirito ecumenico, in questo caso crolla l’etica ed il valore sociale del poetare.

La Com-Unicazione è entrare nel linguaggio dell’anima dell’inter-locuzione, l’essere si esprime nel linguaggio, disse Heidegger, e l’uomo è la CIFRA,(CHIFFER), ossia il mediatore tra l’esistenza e la trascendenza (Jaspers), simbolicamente l’uomo è ESSER-CI ed al tempo stesso TRASCENDENZA; quindi la Poesia si riconosce nel linguaggio che deve andare oltre, comunicando segni, emozioni, riflessioni. Sicuramente è necessario una coesione effettiva, dove la personalità deve confluire con altre personalità, cosi come i colori che creano armonia sulla tela o le note di un pentagramma dove è necessario uno strumento per trasformarli in musica. Dipende da ognuno, non è di rado che ci si s-contra con chi di poetico ha solamente la sete di apparire, con chi autoreferenziandosi sminuisce l’altro. Ancora una volta è necessario porre come base la FIDUCIA nel proprio operato, con la speranza di ritrovarsi come antenne il cui scopo è intercettare le “elettive affinità”. ApplEtiche, ha intenzione di nascere come movimento di Poesia Visiva. Qualcuno potrebbe lecitamente chiedere cosa sia la Poesia Visiva, sacrosanto è fornire una sufficiente risposta:

Il Poeta visivo non si serve solamente della parola ma di una serie di elementi di immagine : Tela, fogli stilizzati tipo pergamena, ritagli di legno, fotografie, parole ritagliate da giornali, riviste, etc, su cui trascrivere i componimenti con attrezzi talvolta improvvisati. E’ un modo di creare l’immagine della parola come primo Segno di comunicazione para-grafica. Una sorta di collage dove il fruitore deve trovarne il senso, anche se le scuole sembrano lontane da questi modelli poetici, tale esperimento è stato svolto nel 2012, presso il Comune di Sirignano (AV) nella scuola Rosa Finelli, alcuni allievi si sono cimentati a riprodurre il famoso MURO DEGLI ANGELI della poetessa Alda Merini, la eco si espanse in tutta Italia, tale che una TV ne immortalò il lavoro svolto. Isidore Isou definì la poesia visiva “ una pittura trasformata in poliscrittura”.

Manifesto

La Poesia è colore e musica dell’anima che prende forma sulla materia per innescarsi nei meccanismi dello spirito.

La ApplEtica è inclusiva , multicolore, lontana dalle politiche formali, è volontà di espansione ma soprattutto è sperimentazione in movimento. La ApplEtica si propone il fine di aggregare persone come colori su una unica tela.

Il segno visivo cromato-calligrafico vuole accendere la vista e risvegliare la volontà di ricerca di ogni artista.

La ApplEtica è a tratti irriverente verso la società che è a favore del materialismo che abolisce la libertà di espressione.

La ApplEtica, non vuole essere una accademia di cravatte e abiti da sera, ma un continuo lavoro che necessita di grembiule, pennelli, colori , matite e fogli di carta, soprattutto riciclata, ciò indica sentiero verso il metalinguaggio che unisce e condivide.

La ApplEtica, non è solo manifestazione dell’autore che realizza ed espone la propria opera, ma il suo spirito conviviale deve proporre l’altro come parte di un unico Sé.

La ApplEtica si pone come linguaggio universale, ciascuno si esprime secondo l’esigenza del suo VOLER-DIRE.

Pratica e Pensiero sono le colonne portanti di questo tempio errante, quale è la poesia.

Segno e Azione, sono i metalli preziosi su cui incidere la mappa del percorso.

La lettura di un poeta crea un altro poeta, la sola scrittura uccide la poesia.

Ogni spazio è utile per allestire laboratori, mostre, presentazioni di poesia visiva,

sia esso una casa, un giardino, un oratorio, un teatro, una spiaggia, un luogo del mondo.

Più si sperimenta e più messaggi di pace e amore arrivano al mondo.

L’inizio del sogno è già poesia, e se non si riesce a sognare la poesia non può nascere.

La poesia cammina a pieni nudi bevendo dalle zolle della terra.

La porta della ApplEtica non sarà mai chiusa.

Inno ApplEtica
Spazio spazio, io voglio, tanto spazio
per dolcissima muovermi ferita :
voglio spazio per cantare crescere
errare e saltare il fosso
della divina sapienza.
Spazio datemi spazio
ch’io lanci un urlo inumano
Quell’urlo di silenzio negli anni
Che ho toccato con mano

Alda Merini

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