Gerusalemme liberata: filo conduttore tra storia, religione, lingua e letteratura

Articolo di Armando Giardinetto

“Canto l’armi pietose e il capitano che il gran sepolcro liberò di Cristo. Molto operò con il senno e con la mano; molto soffrì nel glorioso acquisto. E invan l’Inferno a lui s’oppose; e invano s’armò d’Asia e di Libia il popol misto: Chè ’l Ciel gli diè favore, e sotto ai santi segni ridusse i suoi compagni erranti”: sono certamente celebri questi versi del proemio di una delle opere letterarie più belle e significative della letteratura italiana che nel mondo detiene un peso culturale non indifferente: Gerusalemme liberata.

Va saputo che ai tempi della stesura del suddetto poema la città di Gerusalemme si trovava sotto il controllo dell’impero ottomano con al potere il sultano Solimano I, detto il Legislatore, il quale fece ricostruire le imponenti mura e le fortificazioni della città vecchia che ancora oggi sono visibili a curiosi visitatori, a cultori e a pellegrini di tutto il mondo. Va anche saputo che, nel periodo antecedente in cui si muovono i personaggi, l’imperatore d’Oriente, Alessio I Comneno, chiese aiuto a papa Urbano II perché l’Impero bizantino, nel 1095, veniva continuamente minacciato da forza esterne. Fatto sta che da qui cominciò quella che la storia ha registrato come Prima crociata volta alla liberazione della Città Santa e del Santo Sepolcro dalle mani degli infedeli turchi. Così, dopo una primissima fase di guerriglia portata avanti dai cosiddetti pezzenti, guidati da Pietro l’Eremita (1050 – 1115), nel 1096 ebbe inizio l’effettiva prima guerra santa promossa dalla Chiesa in cui partecipò Goffredo di Buglione, valoroso cavaliere franco. La storica guerra fu dura e sanguinosa e molti soldati non ritornarono mai più alle loro case perché ne morirono. Agli inizi di luglio del 1099 i crociati portarono a termine tre giorni di digiuno e una processione sul Monte degli Ulivi, poi sferrarono l’attacco decisivo, riuscendo ad espugnare alcuni bastioni. Seguì un massacro terribile, dopodiché Goffredo di Buglione venne eletto Advocatus, vale a dire difensore della Chiesa della Resurrezione ovvero del Santo Sepolcro. Nel testo è molto forte la dicotomia tra due credi religiosi, tra cristiani e musulmani che vicendevolmente si disprezzano e si ritengono infedeli. Oggi questo suona in maniera molto sgradevole, tuttavia va inteso che, quando Tasso inizia a lavorare alla Gerusalemme liberata, la Chiesa viveva nel pieno del periodo della Controriforma cattolica che ebbe come apice il Concilio di Trento (1545 – 1563) atto a restaurare e a rafforzare la dottrina e respingere qualsiasi altra forma di credo.

Fatto questo appunto sugli avvenimenti storici e tornando all’opera letteraria, diciamo subito che essa è composta da 15.336 endecasillabi che al loro volta sono raggruppati in 20 canti di lunghezza variabile in ottave. La Gerusalemme liberata è il poema epico-religioso, o eroico-cavalleresco, più grande scritto da Torquato Tasso, scrittore, drammaturgo, filosofo e poeta della letteratura italiana cinquecentesca. La suddetta opera ha subìto, come spesso accadeva, molti cambiamenti anche nel titolo – Goffredo; Gierusalemme; Gerusalemme liberata; Gerusalemme conquistata – tuttavia la fama della stessa è sempre stata grande. La prima stesura del poema risale al 1575; cinque anni dopo essa venne parzialmente pubblicata all’insaputa dell’autore, poi nel 1581, senza che Tasso fosse d’accordo, venne pubblicata per intero. Infine, dopo varie revisioni condotte dal poeta stesso, l’opera venne finalmente ripubblicata nel 1593.

Il personaggio principale di questo poema eroico, quello intorno al quale ruotano tutte le altre figure unitamente agli aventi, è Goffredo di Buglione che appare sempre severo, determinato, ma soprattutto fisicamente e spiritualmente forte, non cedendo mai alle tentazioni. Egli è uno dei valorosi comandanti della Prima crociata che viene affiancato da due cavalieri di immenso coraggio come Tancredi d’Altavilla e l’affascinante Rinaldo, entrambi deboli davanti alla seduzione femminile. In poche parole (l’opera merita uno studio attento e scrupoloso) il testo racconta che, dopo molti mesi di guerra, a un demoralizzato Buglione appare l’arcangelo Gabriele che gli dice di non perdere la speranza, di tenere fede nella conquista della Terra Santa e di sferrare un ultimo memorabile attacco contro i Selgiudichi, turchi musulmani sunniti, che fortemente mantenevano il possesso su Gerusalemme, mentre il re arabo, Aladino, si preparava a difendere la città con tutte le sue forze schierate in campo. Così l’esercito crociato si mette nuovamente e fiduciosamente in marcia verso la Città Santa, formando dei quartieri militari proprio sotto le sue mura difensive dove inizia uno scontro violentissimo tra cristiani e musulmani, tra questi ultimi si distinguono Solimano, già re dei turchi e ora comandante dei predoni arabi; Argante, alleato dei turchi; la vergine guerriera Clorinda, la quale sarà battezzata da Tancredi dopo essere stata colpita a morte. Nella battaglia i musulmani vengono aiutati dai diavoli dell’Inferno, mentre i cristiani dalle forze angeliche del Paradiso. A un certo momento, dopo aver sparso moltissimo sangue, una violenta pioggia battente mette fine al primo scontro tra loro. In seguito, di notte, Solimano assale improvvisamente il campo cristiano, mentre i demoni vengono cacciati via dall’arcangelo Michele con la potenza della sua leggendaria spada. Piu tardi, dopo una commossa processione sul Monte degli Ulivi in cui si prega Cristo e sua Madre – Così cantando, il popolo devoto con larghi giri si dispiega e stende: e drizza all’Oliveto il lento moto. Monte che dalle olive il nome prende. Monte per sacra fama al mondo noto, ch’oriental contra le mura ascende […] Colà s’invia l’esercito canoro, e ne suonan le valli ime e profonde, e gli alti colli, e le spelonche loro, e da ben mille parti Eco risponde: e quasi par che boscareccio coro fra quegli antri si celi, e in quelle fronde; sì chiaramente replicar s’udia or di Cristo il gran nome, or di Maria (XI canto) – i cristiani sferrano un violento attacco contro Gerusalemme ben difesa da Solimano, Aragante e Clorinda; tuttavia l’attacco non avrà successo. La bellissima, furbissima e ingannevole maga nemica Armida, per andare contro Rinaldo, che intanto aveva liberato alcuni cristiani fatti prigionieri, chiede aiuto al re d’Egitto, quindi a sua volta Rinaldo incoraggia l’esercito cristiano che ora marcia coraggiosamente su Gerusalemme, riuscendo finalmente a occuparla e spingendo re Aladino a rifugiarsi nella Torre di Davide, ma in un ultimissimo sanguinoso attacco alla città tra egiziani e crociati, egli e Solimano rimangono uccisi. In seguito alla conversione di Armida, in segno di riconoscenza e amore per Rinaldo, Goffredo di Buglione accede finalmente al Santo Sepolcro portando al termine la Prima guerra santa e, mentre piange per la commozione, una bandiera crociata viene alzata sulle mura della città, Gerusalemme è in mano dei cristiani: “Così vince Goffredo; ed a lui tanto avanza ancor della diurna luce, ch’alla Città già liberata, al santo Ostel di Cristo i vincitor conduce. Nè pur deposto il sanguinoso manto, viene al tempio con gli altri il sommo Duce: E quì l’arme sospende: e quì devoto il gran sepolcro adora, e scioglie il voto” (XX canto).

La Gerusalemme liberata è una macchina letteraria molto elaborata poiché l’autore si sofferma non solo sulla parte puramente letterale, ma anche sulla questione linguistica dell’opera medesima. Torquato Tasso, in effetti, adottò un lessico molto ampio, scegliendo parole non comuni e prediligendo molti latinismi. Così come la lingua, lontana dagli aspetti popolari, anche la costruzione sintattica non appare familiare, ma vuole emergere come qualcosa di più difficile, di più sofisticato, tanto che al lettore non è sempre e subito chiaro quello che legge. Nell’opera si mescolano continuamente varie tematiche anche in contrasto tra loro come per esempio il bene e il male nell’attuazione delle forze paradisiache e quelle infernali; la magia, la religione e la fede; l’amore e l’odio; la passione carnale e quella spirituale; la follia e la ragione; il tragico e il gradevole; il sesso e l’eroismo; la vita e la morte; momenti gioiosi e quelli dolorosi; la sconfitta e la vittoria; il reale, il fantastico e il soprannaturale.

Quello che, però, prepotentemente emerge è soprattutto la fragilità umana per tutti i personaggi dell’opera stessa e non solo perché essi si sentono in dovere di proteggere qualcosa di prezioso alla loro esistenza culturale, ma anche perché cercano di superare tutte le prove e gli ostacoli che la situazione, la vita, mette davanti a ogni uomo indipendentemente dal credo religioso.

Dunque la Gerusalemme liberata è un filo conduttore tra eventi religiosi e storici, quindi realmente accaduti, la questione della lingua, che nel Cinquecento è molto accesa, e una fase della storia letteraria che abbraccia automaticamente il vecchio e il nuovo. Su quest’ultimo punto si prenda in considerazione, per esempio, il modello letterario ariosteco e quello di Torquato Tasso.

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