“Challengers”, una solida sceneggiatura che alla fine scioglie tutti i nodi della trama

Articolo di Gordiano Lupi

Luca Guadagnino è bravo, c’è poco da fare. Averne in Italia di registi come lui, dotati di uno stile e di una tecnica originali, invece dei tanti registi fotocopia che girano sempre il solito prodotto televisivo a base di luoghi comuni. Posso dirlo con fermezza perché non sono un suo estimatore della prima ora. Tutt’altro. Ancora oggi mi chiedo come un regista del suo talento possa aver girato Melissa P. (2005), Io sono l’amore (2009) e A Bigger Splash (2015). Magari una di queste sere me li rivedo e scopro che c’era del buono anche in quei lavori che nelle mie recensioni ho criticato duramente, per ora resto dell’idea che la svolta stilistica e a livello di sceneggiatura c’è stata con Chiamami col tuo nome (2017), consolidata con un Suspiria che ha diviso la critica (e i fan di Argento) ma che ho trovato originale, definita in Bones and All e in Challengers. Adesso lo attendo alla prova di Queer, film biografico in produzione, ancora una volta non girato in Italia, prodotto dal regista, di fatto un film statunitense. Luca Guadagnino ha una caratteristica, è italiano soltanto di nascita ma il suo stile lo rende molto più vicino a un regista indipendente nordamericano. Challengers, visto ieri sera al Cinema Odeon di Piombino, è un film sorprendente, girato benissimo, montato con frequenti salti temporali e flashback del passato, ma sorretto da una solida sceneggiatura che alla fine scioglie tutti i nodi della trama. La storia per sommi capi. Patrick Zweig (O’Connor) e Art Donaldson (Faist), amici sin dall’infanzia, campioni di tennis juniores, un giorno s’innamorano entrambi di Tashi Duncan (Zendaya), giovane e promettente tennista. Il triangolo amoroso è il sale della storia che condisce una pietanza a base di improvvisi ritorni, infortuni che bloccano una carriera, tradimenti e passioni, amore coniugale, amicizia virile, alti e bassi nel mondo dello sport. Il palcoscenico dove si svolge l’azione non è il tennis importante, ma il mondo dei tornei Challengers, gare di seconda categoria, dove si affrontano tennisti decaduti e giovani promesse. Patrick e Art si trovano a giocare la finale, la pellicola dura lo spazio del torneo, con un altalenarsi di rimandi al passato, tutti molto chiari. La vittoria finale mette in palio una nuova sfida per gli occhi della bella Tashi, donna contesa da più di vent’anni tra i due tennisti, adesso quarantenni. Bellissimo e metaforico il finale con l’abbraccio tra i due vecchi amici, un sorriso e una forte stretta virile per far capire che l’amicizia tra loro non può finire, nonostante l’amore per una donna. Gli Stati Uniti – sempre molto bacchettoni – vietano la pellicola ai minori di anni 17 non accompagnati, per la presenza di linguaggio scurrile, contenuti sessuali e nudità. Niente di tutto questo è vero, perché i pochi nudi e le rare scene erotiche sono girate con buon gusto e professionalità. Zendaya (anche produttrice insieme a Guadagnino) ha passato tre mesi sui campi da tennis con l’ex tennista Brad Gilbert per essere credibile come giocatrice, la sua interpretazione non fa una grinza e il personaggio viene reso con tutte le sfumature negative che il soggetto prevede.

Bravi anche l’inglese Josh O’Connor e lo statunitense Mike Faist nei ruoli dei tennisti amici – nemici innamorati da sempre della stessa donna. Fotografia luminosa di Mukdeeprom, montaggio di Marco Costa (rapido ed efficace nei salti temporali) che non fa sentire la fatica dei 134’ di pellicola, colonna sonora interessante di Reznor e Ross, tra pezzi rap e musica romantica (Pensiero stupendo di Patty Pravo e un bolero di Caetano Veloso). Sceneggiatura di Justin Kuritzkes, forse la cosa migliore del film, oltre a una regia perfetta, sia per direzione degli attori che originalità delle riprese. Guadagnino usa il piano sequenza con maestria, senza esagerare, il primo piano, la macchina a mano, il carrello e la soggettiva come un autore di consumata esperienza. Challengers è stato girato a Boston, non presentato alla Mostra del Cinema di Venezia per colpa di uno sciopero, uscito in Italia il 24 aprile 2024, con poco clamore, anche se avrebbe meritato maggior attenzione. Film nordamericano più che italiano, dal genere indefinibile perché lo sport è solo un pretesto per raccontare un triangolo amoroso, soprattutto film di Luca Guadagnino, un regista che possiede uno stile personale. Visione più che consigliata.

Regia: Luca Guadagnino. Soggetto e Sceneggiatura: Justin Kuritzkes. Fotografia: Savombhu Mukdeeprom. Montaggio: Marco Costa. Effetti Speciali: John Ruggieri Brian Drewes. Musiche: Trent Reznor, Atticus Ross. Scenografia: Merissa Lombardo. Costumi: J. W. Anderson. Produttori: Luca Guadagnino, Amy Pascal, Rachel O’ Connor, Zendaya. Prtoduttori Esecutivi: Bernard Bellew, Lorenzo Mieli, Kevin Ulrich. Case di Produzione: Metro-Goldwyn Mayer, Pascal Pictures. Distribuzione (Italia): Warner Bros. Lingua Originale: Inglese. Paese di Produzione: Stati Uniti d’America. Anno: 2024. Durata: 131’. Genere: Drammatico, Sentimentale, Sportivo. Interpreti: Zendaya (Tashi Duncan), Josh O’Connor ( Patrick Zweig), Mike Faist (Art Donaldson), Darnell Appling (arbitro), AJ Lister (Lily Donaldson), Nada Despotovich (madre di Tashi), Naheem Garcia (padre di Tashi), Hailey Gates (Helen), Jake Jensen (Finn Larsen).

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