Quanto è importante avvicinare gli studenti delle scuole allo studio della filologia? La tecnologia ci viene in aiuto

Articolo di Armando Giardinetto

Certamente gli studi universitari del dipartimento di Lettere trasmettono l’amore per la filologia e, quando le studentesse e gli studenti, per la prima volta nella loro vita, si trovano a pochi centimetri da un autografo, è veramente molto emozionante per loro. Purtroppo, però, a scuola, nelle nostre classi, spesso non si ha il tempo per integrare, alla letteratura, lo studio della filologia. Sarebbe, tuttavia, veramente bello e fruttuoso incuriosire gli studenti e le studentesse delle nostre scuole superiori attraverso le cosiddette “carte” degli autori, dei poeti della letteratura italiana, cominciando dai manoscritti di Petrarca per finire a quelli degli scrittori del secolo appena trascorso. Già il fatto di dire a questi studenti che, ad oggi, non abbiamo nessun manoscritto originale di Dante e che una Sua carta corrisponde al “Sacro Graal” della letteratura internazionale, potrebbe incuriosirli ed iniziarli allo studio della filologia.

La filologia è lo studio condotto sui testi originali degli autori, sui loro manoscritti, in cui si possono notare cancellature, note, richiami, disegni. Filologia significa entrare nella casa di un autore in particolare, stare sulla sua “scrivania”, nel momento in cui scrive, riflette, abbozza, riscrive. Entrare, perciò, “nell’officina dello scrittore, del poeta”, come dicono alcuni professori e dottori universitari. La filologia è scoprire che un’opera letteraria non nasce dalla mattina alla sera, di getto, anzi è proprio il contrario. Un’opera letteraria ha una genesi, prende forma, si trasforma e lo sanno bene i grandi della letteratura italiana: Petrarca, Boccaccio, Manzoni, Pascoli, Leopardi, Ariosto, Pontano, Verga, D’Annunzio, Pirandello, Pavese, Leopardi, per citarne solo alcuni.

Scrivere e controllare più volte ciò che abbiamo scritto, sostituendo una forma con un’altra, uno stile linguistico con un altro, una parola, una frase con un’altra non è certamente da sfigati, tutt’altro. Manzoni, per esempio, scrisse tre volte “I Promessi sposi”.

È molto importante che questo venga detto alle nuove generazioni che spesso scrivono velocemente usando – oltre a “Cmq”; “Xké”; “Qlc”; “+ o –“; “Xfetto” – le cosiddette emoticon, pertanto la lingua va man mano in sofferenza: “Filologia… è oggi più necessaria che mai; è proprio per questo che essa ci attira… fortemente, nel cuore di un’epoca… della fretta, della precipitazione indecorosa e sudaticcia, che vuol “sbrigare” immediatamente ogni cosa… Per una tale arte non è tanto facile sbrigare qualsiasi cosa perché essa ci insegna a leggere bene, cioè a leggere lentamente in profondità”, diceva il grande filosofo Nietzsche.

Portare gli studenti delle scuole, prima che arrivino all’università, alla scoperta dei codici, dei manoscritti, delle carte autografe, entrando silenziosamente nelle biblioteche antiche e misteriose – come quella Vaticana – può solo far in modo che essi si innamorino della letteratura.

Portare in classe una letteratura noiosa rende tutto più difficile, ma se portiamo in classe una letteratura scorrevole, piacevole, che incuriosisce, allora certamente guadagneremo qualche studente o studentessa in più che “tombe amoureuse” della letteratura. Se questo accade, la scuola vince.

La tecnologia ci viene in nostro aiuto: esistono, infatti, molti siti certificati, autorevoli, interattivi che mostrano tutte queste cose: dai manoscritti e i loro colophon, dagli scritti tradizionali, dalle illustrazioni (consiglio quelle dell’Orlando Furioso), dai primi testi a stampa attraverso il procedimento della xilografia, dalle didascalie, dai taccuini degli autori (consiglio quelli di Pascoli e quelli di D’Annunzio), dai testi studiati da un autore in particolare: “I libri dilettano nel profondo, parlano, consigliano e sono strettamente legati a noi da una sorta di viva e penetrante familiarità, e non solo ciascuno si insinua nel suo lettore, ma gli suggerisce anche il nome di altri e l’uno provoca il desiderio dell’altro”, scriveva l’Aretino sui testi che leggeva e studiava. Siamo fiduciosi, quindi, che anche gli studenti, se messi davanti al fatto compiuto, ne resterebbero affascianti. Dipende solo dagli insenanti!

FOTO: studenti.it

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