“Aiutiamoli a fare da soli”: il famoso metodo di Maria Montessori

Articolo di Armando Giardinetto

“Io prego i cari bambini, che possono tutto, di unirsi a me per la costruzione della pace negli uomini e nel mondo” è la preghiera che si legge sulla lapide della più famosa educatrice e pedagogista italiana di tutti i tempi. Di lei non abbiamo bisogno di particolari presentazioni, basta pronunciare il suo nome e tutto prende una piega più luminosa. Maria Montessori – docente, ricercatrice, filosofa, tra le prime tre donne italiane laureate in medicina, neuropsichiatra infantile, scienziata e femminista attiva in politica – si spense serenamente in Olanda il 6 maggio di giusto settanta anni fa, nel 1952. La morte arrivò dopo tanti anni di studio dedicati all’osservazione del bambino; dopo tanti viaggi tutti consacrati al lavoro: in Europa; negli Stati Uniti e in India, dove iniziò ad osservare il neonato, sottolineando l’estrema importanza della spontaneità nella gestualità dell’essere umano sin dalla sua venuta al mondo. Morì a 77 anni mentre le scuole montessoriane riaprivano i cancelli dopo la pausa dovuta alla Seconda guerra mondiale. Le idee di Maria Montessori ci insegnano che il bambino di oggi sarà l’uomo di domani e, pertanto, bisogna trattarlo con rispetto e con estrema cura e delicatezza perché costui sarà parte dell’umanità del futuro. Per lei l’alfabetizzazione è necessaria sin da subito a ogni essere umano e, quindi, bisogna insegnare ai bambini che ad ogni suono linguistico corrisponde un segno alfabetico. Alfabetizzare significa, dunque, dare la possibilità di poter essere parte di una società civile: “La persona che parla… non è sufficiente. Bisogna che la parola diventi permanente… possa quindi eternarsi in modo da fissare le idee nel susseguirsi delle generazioni… Per questo è che, mancando del linguaggio scritto, un uomo rimane fuori della società”.

La Montessori è passata alla storia per aver messo a punto un metodo importantissimo che porta il suo nome e che oggi viene usato in migliaia di scuole, soprattutto in quelle dell’infanzia e nelle elementari, distribuite su tutto il territorio mondiale.

Maria Montessori iniziò ad interessarsi dei piccoli, in un giorno come tanti, quando era assistente alla cattedra di psichiatria a Roma, dedicandosi al recupero dei bambini con problemi psichici.

Per la ricerca universitaria fu mandata a studiare in un manicomio e si accorse che, insieme ai pazzi, c’erano dei bambini con difficoltà cognitive, in quegli anni detti “deficienti”. Assistendo al pranzo dei piccini, fu colpita dal fatto che, una volta finito di mangiare, i piccoli commensali si precipitavano sotto al tavolo per raccogliere le molliche di pane che, però, non portavano alla bocca, bensì le manipolavano per cercare di costruire qualcosa. Da qui l’intuizione che nel bambino c’è la spinta alla creazione, quindi lavorò così tanto con costoro che riuscì a portarli addirittura a scuola.

Il metodo Montessori, appunto, prevede che i bambini, a scuola, attraverso il gioco, siano liberi di agire, di sperimentare secondo le loro potenzialità e secondo il loro istinto affinché si formi in loro la propria personalità e perché si sentano responsabili e consapevoli di instaurare delle relazioni interpersonali con altri bambini, anche di diversa età, divenendo parte della società. In questa società, che si viene a creare nelle classi costruite sul metodo Montessori, ogni bambino – per esempio di seconda elementare – può contare sull’aiuto di un coetaneo o di un ragazzino più grande – per esempio di quarta elementare – attraverso la condivisione di idee e lo scambio di conoscenze. I bambini più piccoli, pertanto, prenderanno i compagni più grandi come esempio da seguire in termini di comportamento da assumere in quel determinato ambiente scolastico.

Solo attraverso questo meccanismo il bambino diventerà un essere disciplinato, dando a sé stesso delle regole da seguire che lo porteranno a raggiungere un obiettivo prestabilito.

Secondo il metodo Montessori la libertà è l’elemento principale che porta a fare emergere nel bambino la sua creatività la quale, a sua volta, è presente nella natura stessa dell’essere umano sin dalla nascita, dunque l’adulto (genitore, educatore, insegnante) deve farsi da parte, lasciando il libero agire del bambino, ovviamente tenendolo sotto controllo, certamente in ambiente sicuro.

La scuola del metodo Montessori – “Casa dei Bambini” – è un vestito cucito a misura di bambino, tutto è a portata di manina: oggetti in legno proporzionati alla forza e alla statura dei bambini, ma soprattutto appropriati alle passioni di ognuno di loro; letterine, cubi, anelli e costruzioni mobili facili da maneggiare; fonogrammi alfabetici mobili, colorati e facili da adoperare; forme geometriche ad incastro colorate di uso semplice; l’utilizzo della famosa learning tower – o torretta montessoriana –

una vera e propria torretta in legno, molto sicura, utile perché un bambino abbia la possibilità di acquisire quanta più autonomia possibile, seguendo i genitori nelle attività della vita quotidiana della casa (aiutare la mamma a lavare le stoviglie o a preparare un dolce, per esempio); arredamento scolastico – banchi, sedie, mobiletti – di dimensione adeguate. Tutto il materiale per lo sviluppo cognitivo a loro disposizione, insomma, ha il fine di sviluppare l’autonomia nel bambino e tutti gli ambienti montessoriani si presentano rigorosamente armoniosi, belli, luminosi, colorati, puliti, igienizzati, ordinati, spaziosi.

Maria Montessori è stata certamente una donna con una personalità molto forte. Fu sempre, tra le altre cose, in prima linea per l’emancipazione femminile. Sin da giovanissima si interessò ai bambini con gravi deficit, andandoli a cercare nei quartieri più poveri di Roma, notando il grande disagio in termini di igiene in cui versavano le vite di quelli che vivevano in queste periferie. Questo la spinse a specializzarsi in neuropsichiatra infantile, dedicandosi allo studio dei batteri e delle malattie. A 70 anni dalla sua morte le strutture scolastiche con il metodo Montessori sono tra quelle più scelte dai genitori che accompagnano i loro bambini a scuola, dove questi ultimi sono liberi di agire in un luogo sicuro e dove possono interagire in totale armonia con i pari o con i più grandicelli.

“Anche i piccoli hanno la loro casa… “Casa dei bambini”. Essa non è un ricovero passivo dei fanciulli, ma una vera scuola di educazione… Viene seguito e diretto lo sviluppo fisico dei bambini… gli esercizi del linguaggio, dei sensi e della vita pratica formano le basi principali delle cognizioni… Poiché l’uomo non è solo un prodotto biologico, ma anche un prodotto sociale” è una frase che noi adulti dobbiamo tenere sempre bene in mente, soprattutto oggi quando veniamo tristemente a conoscenza di fatti di cronaca nera che ci mostrano quanto la nostra scuola, soprattutto quella dei più piccini, sia in sofferenza.

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