Plastica nel Mar Mediterraneo (in barba ai divieti)

Articolo di C. Alessandro Mauceri

Si torna a parlare di plastica anzi di inquinamento da plastica nel Mar Mediterraneo. Nelle scorse settimane, sulla costa adriatica tra Brindisi e Lecce in molti hanno trovato cumuli id recipienti di plastica non commercializzati in Italia o in Europa: barattoli di ketchup ma anche di maionese, senape, bombolette di schiuma da barba, confezioni di detersivo, corn flakes, patatine, pacchetti di semi di girasole, dolci confezionati e molto altro.

Apparentemente si tratterebbe si prodotti realizzati negli Stati Uniti e non commercializzati in Italia.

A denunciare il ritrovamento l’associazione Archeoplastica, che si dedica alla raccolta di rifiuti in plastica. “Ho raccolto i primi in autunno e in poco tempo ho iniziato a ricevere molte segnalazioni: in alcune spiagge sembra di stare in un supermercato americano”, ha dichiarato Suma ideatore dell’iniziativa. “I ritrovamenti sono concentrati per la maggior parte sulla costa adriatica, ma ce ne sono stati diversi anche sul versante ionico.

Sulla costa vicino a Ugento, a sud di Gallipoli, sono stati trovati molti barattoli di maionese prodotti negli Stati Uniti”.

Diverse le ipotesi sulla provenienza di questi rifiuti di plastica. La più plausibile è che potrebbero essere stati buttati in mare da una o più navi militari americane che navigano nel Mediterraneo (la loro presenza si è intensificata dopo l’invasione russa dell’Ucraina). La seconda ipotesi è che potrebbe trattarsi del carico di una nave mercantile finito in mare durante una mareggiata. L’ultima ipotesi è che potrebbe trattarsi dei rifiuti “persi” da una nave da crociera americana.

Quale che sia l’origine di questi rifiuti, quello che è certo è che si tratta dell’ennesima prova dei danni che derivano dall’uso e dall’abuso dei contenitori in plastica. Ma anche la prova che i mari – tutti i mari –  stanno diventando una sorta di immensa discarica. In barba alle norme internazionali e alle direttive la quantità di rifiuti in plastica che finiscono in mare è sempre più impressionante. La prima “isola” di plastica galleggiante scoperta in mezzo all’oceano è stata la Great Pacific Garbage Patch, l’isola di plastica in mezzo all’oceano Pacifico. Si tratta del più grande accumulo di rifiuti galleggianti al mondo: circa 79.000 tonnellate di detriti.

Secondo un recente studio, entro il 2050 il peso delle plastiche presenti nei mari potrebbe essere superiore a quello dei pesci. Anche nel Mar Mediterraneo c’è un’isola di plastica. Anzi più di una. A lanciare l’allarme è stato l’Institut français de recherche pour l’exploitation de la mer: nel Mediterraneo c’è un’isola di plastica, lunga decine di chilometri e composta da tonnellate di rifiuti, che a seconda delle correnti, compare e scompare. Come ha spiegato François Galgani, si tratta di un fenomeno “permanente nell’Oceano, dove si parla appunto di continente di plastica”. Ma nel Mediterraneo a causa di “correnti più forti le zone di convergenza della plastica sono di dimensioni più piccole e generalmente durano solo pochi giorni o pochi mesi”. Recentemente sono state trovate isole di plastica anche al largo della Corsica e della Sardegna e in Grecia, vicino all’isola di Rodi.

Non è un caso se la plastica è diventata una delle sette aree chiave per lo sviluppo sostenibile e, secondo la Commissione europea, uno degli elementi cruciali per raggiungere entro il 2050 un’economia circolare all’interno dei paesi UE. Per questo è stata definita una Strategia europea per la plastica nell’economia circolare il cui obietto è l’eliminazione graduale delle plastiche monouso. Un programma lanciato nel 2019 ma che ha subito un drastico rallentamento durante la pandemia con conseguente rinvio delle scadenze. Secondo gli esperti UE, il 70% dei rifiuti marini sarebbe costituito da attrezzi da pesca perduti e un gruppo di 10 prodotti di plastica monouso.

Ogni anno 8 milioni di tonnellate di plastica finiscono nelle acque di tutto il mondo. L’equivalente del carico di un camion rovesciato nel mare ogni minuto. Una quantità mostruosa ma ormai così comune da non fare più notizia. A meno di non trovare delle confezioni di ketchup inutilizzato.

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