Levata di scudi delle Nazioni Unite contro la vendita di armi e armamenti a Israele

Articolo di C. Alessandro Mauceri

La nota che fa riferimento alla decisione della Corte d’appello olandese che nelle scorse settimane aveva ordinato la sospensione delle esportazioni in Israele di parti destinate ad aerei da caccia F-35. A gennaio, anche Amnesty International aveva presentato un documento firmato da molte associazioni (Federazione Handicap Internazionale – Umanità e Inclusione; Alleanza dei Figli della Guerra; Aiuto cristiano; Aiuto al popolo norvegese; Rete internazionale Médecins du Monde, Comitato Centrale Mennonita; medico international; Oxfam; Centro per i civili in conflitto CIVIC; Consiglio danese per i rifugiati; Salviamo i bambini; Pianifica Internazionale; Consiglio norvegese per i rifugiati; Diaconia e Comitato di Servizio degli Amici Americani AFSC) nel quale si chiedeva il “cessate il fuoco immediato e a tutti gli Stati di fermare il trasferimento di armi che possono essere utilizzate per commettere violazioni del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani”. 16 organizzazioni leader chiedono di fermare i trasferimenti di armi a Israele, gruppi armati palestinesi (amnesty.org)

“Tutti gli Stati devono “garantire il rispetto” del Diritto Internazionale Umanitario da parte delle parti in conflitto armato, come richiesto dalle Convenzioni di Ginevra del 1949 e dal Diritto Internazionale Consuetudinario”, hanno detto gli esperti delle Nazioni Unite. “Di conseguenza, gli Stati devono astenersi dal trasferire armi o munizioni – o parti di esse – se si prevede, dati i fatti o i modelli di comportamento passati, che possano essere utilizzate per violare il diritto internazionale”. “Tali trasferimenti sono vietati anche se lo Stato esportatore non intende che le armi siano utilizzate in violazione della legge – o non sa con certezza che verrebbero utilizzate in tale modo – purché vi sia un chiaro rischio”, hanno aggiunto.

Gli esperti hanno osservato che gli Stati parti del Trattato sul commercio delle armi hanno tra gli obblighi derivanti dal Trattato di negare le esportazioni di armi se “sanno” che le armi “potrebbero essere” utilizzate per commettere crimini internazionali; o se c’è un “rischio prevalente” che le armi trasferite “potrebbero” essere utilizzate per commettere gravi violazioni del Diritto Internazionale Umanitario. Gli Stati membri dell’Unione europea sono inoltre vincolati dalla legge dell’UE sul controllo delle esportazioni di armi.

Gli esperti hanno accolto con favore la sospensione dei trasferimenti di armi a Israele da parte di Belgio, Italia, Spagna, Paesi Bassi e della società giapponese Itochu Corporation. Di recente anche l’Unione europea ha scoraggiato le esportazioni di armi verso Israele.

I due Paesi maggiori esportatori di armi verso Israele sarebbero Stati Uniti d’America e Germania. Altri Paesi esportatori di notevoli quantitativi di armi e armamenti sono Francia, Regno Unito, Canada e Australia. “I funzionari statali coinvolti nelle esportazioni di armi possono essere individualmente penalmente responsabili per favoreggiamento di crimini di guerra, crimini contro l’umanità o atti di genocidio”, hanno affermato gli esperti. “Tutti gli Stati in base al principio della giurisdizione universale, e la Corte Penale Internazionale, possono essere in grado di indagare e perseguire tali crimini”.

Tra le note sottolineate dagli esperti, il dovere di “garantire il rispetto” del diritto umanitario. Un rispetto che deve avvenire “in ogni circostanza”. Anche, l’intelligence militare non deve essere condivisa laddove vi sia un chiaro rischio che venga utilizzata per violare il diritto internazionale umanitario.

Secondo gli esperti delle Nazioni Unite, le aziende produttrici di armi che trasferiscono armi a Israele hanno il dovere di rispettare i Diritti Umani, il Diritto Internazionale Umanitario e il Diritto Penale Internazionale. Purtroppo, hanno detto gli esperti, “Non hanno dimostrato pubblicamente l’accresciuta due diligence sui diritti umani richiesta e di conseguenza rischiano di essere complici nelle violazioni”.

Qui il testo originale con l’elenco dei nomi degli esperti internazionali Le esportazioni di armi verso Israele devono cessare immediatamente: gli esperti dell’ONU | OHCHR

Secondo il SIPRI, il 68% delle armi comprate all’estero da Israele tra il 2013 e il 2022 erano “made in USA” (con un trend crescente quasi costante). Il 28% delle importazioni militari israeliane arrivano dalla Germania (anche queste sono aumentate: quasi dieci volte nel 2023 rispetto al 2022, secondo i dati del Ministero dell’Economia tedesco). Anche per il Regno Unito le esportazioni militari sono un affare interessante: dal 2015 sarebbero state vendute a Israele armi e armamenti per 594 milioni di dollari.

Più complessa la posizione del Canada. Dopo le proteste di gruppi della società civile che esortavano il Primo ministro Justin Trudeau a porre fine alle esportazioni di armi verso Israele, il governo ha dichiarato di non inviare sistemi d’arma “completi” a Israele. Ma le associazioni hanno risposto che si sta minimizzando la quantità di sostegno militare che il Canada fornisce a Israele. “Le aziende canadesi hanno esportato oltre 84 milioni di dollari in “beni militari” in Israele dal 2015”, ha detto Michael Bueckert, vicepresidente di Canadians for Justice and Peace in the Middle East.

Belgio e Giappone, rispettivamente il 6 e il 5 febbraio hanno dichiarato di aver sospeso diverse licenze per l’esportazione di armi o parti di armi e armamenti in Israele. In Italia, in risposta alle richieste della leader del Partito Democratico Elly Schlein al governo di interrompere la fornitura di armi a Israele, il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, il 20 gennaio ha dichiarato che l’Italia ha sospeso tutte le spedizioni di sistemi d’arma o materiale militare a Israele dallo scoppio della guerra il 7 ottobre.

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