“Miseria puttana”, il romanzo di formazione di Massimo Boddi

Articolo di Gordiano Lupi

Massimo Boddi scrive il suo romanzo di formazione, l’addio all’adolescenza per diventare uomo calandosi nei panni di Simone che a un certo punto della vita deve lasciare Piombino e la combriccola di amici per trasferirsi a Livorno. È la miseria puttana che fotte quelli come lui: i nati bastardi, i fuori casta. Quelli dei quartieri popolari che, vero o no che sia, dicono sono in grado di regalare agli altri solo infelicità, guai e sfiga. Cala il sipario sull’ultima estate piombinese di Simone, tutto scorre tra i ricordi dell’eternit (era veleno ma si chiamava progresso) e la grande fabbrica che copre la città di spolverino; per fortuna ci sono i giochi e gli scherzi dei ragazzi (alcuni feroci e di pessimo gusto), soprattutto i campionati del mondo di calcio americani … L’avventura termina con la Sagra del pesce, che ogni anno viene organizzata nella bella piazza sul mare (piazza Bovio! diciamo il suo nome, senza vergogna …) con un enorme padellone chiamato a frigger paranza. Se Simone tornasse a Piombino non troverebbe più odore di pesce fritto nella piazza sul mare, in compenso potrebbe ammirare Ernia e Cristina D’Avena a Marina, sul piazzale d’alaggio, proprio come a Rimini, in alternativa potrebbe fare un giro sulla ruota panoramica. La sua bella gioventù è finita, bisogna diventare grandi, come dice babbo Bruno, lottare proprio come lui, chilometro su centimetro, fare a pugni con la rabbia e il rancore e l’invidia che gli sputeranno addosso. Non è cambiato molto, caro Simone, pure se resti nel luogo dei padelloni che friggono pesce e ricordi, come avranno fatto Gigi, Cristian, Tommaso, Dario, Alberto e Maida, capita che un giorno ti rendi conto d’esser stato inutile a tutti, persino a te stesso. E allora, forse, fa bene chi parte, per ritornare, ché si torna sempre alla ricerca delle proprie radici, c’è poco da fare. Miseria puttana è ambientato in un quartiere della vecchia Piombino, nel 1994, mentre Baggio insegue un gol su cross di Donadoni e l’Italia perde la finale col Brasile ai calci di rigore, nonostante il culo di Sacchi, dopo aver giocato il girone eliminatorio più brutto della storia. Cultura di strada, amicizia virile, scontri, amori, sogni, fino alla caduta delle illusioni, quando ci accorgiamo che il mondo dorato è finito, comincia la realtà, si vive soffrendo. Un bel racconto, scritto molto bene, tra dialoghi rapidi e ficcanti, assenza totale di parti descrittive (purtroppo), con ambientazione piombinese appena accennata (purtroppo). Massimo Boddi è nato nel 1983, buon per lui, il mio Italia – Brasile memorabile è Messico Settanta, quando ancora il nostro giovane autore doveva immaginare di venire al mondo. Nonostante tutto la sua storia ai tempi del Mondiale che si ricorda per il culo di Sacchi e un rigore sbagliato avvince e convince, fa passare una giornata al mare sotto l’ombrellone, sognando di poter rivedere, un giorno, il padellone del pesce che frigge paranza al posto di Cristina D’Avena che canta sigle di cartoni animati giapponesi anni Ottanta.

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