L’ignoranza di Milan Kundera

Articolo di Gordiano Lupi

Milan Kundera (Brno, 1929 – Parigi, 2023) non ha scritto molti romanzi, ma in ogni opera ha coltivato una tematica filosofico – politica legata al cambiamento dei tempi dopo la caduta del muro di Berlino, soffermandosi sugli emigranti di ritorno e sull’impossibilità di capire una terra dopo molti anni dal suo abbandono. Tra gli ultimi lavori scritti in lingua francese dal grande autore ceco sono andato a rileggere L’ignoranza, nella forbita traduzione Adelphi curata da Giorgio Pinotti. La trama del romanzo ruota attorno al ritorno a Praga dopo vent’anni, caduto il comunismo, per cercare di recuperare i cocci di un’esistenza, frantumata da un lungo esilio. Il viaggio che Kundera immagina per un uomo e una donna tiene come parametro il ritorno di Ulisse a Itaca, la nostalgia della terra natale che porta a vedere in faccia la dea dell’ignoranza, in una vertigine fatta di oblio e memoria, di assenza e ricordo. Il ritorno in una Praga tormentata, l’incontro con un vecchio amore dimenticato, una cena con amiche d’un tempo che non amano il pregiato vino francese ma bevono patriottica birra, la fine del comunismo ma non delle lotte per la giustizia sociale. Un romanzo di ricordi, che devono essere alimentati da conversazioni con amici per restare tali, altrimenti sfuggono e si perdono nei meandri d’una memoria selettiva che – non sappiamo il motivo – conserva certi episodi del passato e ne dimentica altri. Quando si torna in un luogo abbandonato crediamo che i nostri ricordi coincidano con la memoria di chi è rimasto, ma non è vero, entrambi siamo cambiati radicalmente, le nostre esperienze sono diverse, il mondo che crediamo di conoscere non è più lo stesso, noi non siamo più le persone d’un tempo. L’emigrante che torna deve combattere contro il pregiudizio di chi è rimasto e ha sofferto: Te ne sei andato per avere una vita facile, è il leitmotiv delle conversazioni. Come se fosse facile, un bel giorno, mollare tutto e fuggire dalla terra che conosci bene, dalla tua lingua, dalle tue tradizioni. La morte è un altro tema affrontato, universale come tutti i temi di Kundera, la decisione di morire che è più facile per un adolescente, privo di senso del futuro, che per un uomo maturo, giunto a un’età che può solo tenersi stretta la restante parte di vita. Lo scrittore analizza il senso dell’esistenza e la sua durata, fa calcoli matematico – filosofici sul ritorno a casa dopo vent’anni in una vita che in media ne dura ottanta; tutto sarebbe diverso e avrebbe minor importanza se la vita non fosse umana ma durasse il doppio. Kundera parla di ricordi che non sono gli stessi per tutti, un identico evento viene rammentato in maniera diversa da due persone distinte, non tutti siamo impressionati da un ben preciso ricordo. Il passato di cui ci ricordiamo è senza tempo, impossibile rivivere un amore come rileggiamo un libro o rivediamo un film. Praga esce fuori dal romanzo come la città di un’infanzia perduta, con i suoi giardini, gli alberi, i pini, i cipressi, il verde, soprattutto il contenitore di dolore che rappresenta una triste partenza. Non manca la parte politica dedicata al comunismo e a una figlia di povera gente che considera il comunismo una parola vuota ma che non può adattarsi al capitalismo, perché la sua educazione è intrisa di senso di giustizia. Kundera fa i conti con il capitalismo, con la musica merce che esce da una radio anche se non abbiamo voglia di ascoltarla, quella che chiama l’acqua sporca della musica, la musica che diventa rumore. L’ignoranza, riletto dopo oltre vent’anni dalla sua pubblicazione, ti porta a dire che sono aumentate a dismisura le fonti produttive di cose che ci vengono propinate anche se non ne abbiamo alcun bisogno, ma sono lì davanti a noi, pronte per essere consumate. L’impero sovietico è crollato perché non poteva più tenere sotto controllo nazioni desiderose di affermare la propria sovranità, ma quelle nazioni ora sono meno sovrane che mai, non possono decidere né politica estera, né economia, né slogan pubblicitari. Kundera non dà una risposta, riferisce solo i fatti, fa capire che la fine del comunismo non ha risolto il problema di un’assenza di libertà, perché resta una ricca borghesia a guidare l’economia e a maneggiare il capitale. Sul piano del microcosmo individuale Kundera si rende conto che a nessuno interessa davvero la vita degli altri, un esule di ritorno lo capisce perfettamente perché ha dimenticato chi sono stati gli amici e i familiari di un tempo che a loro volta non si sforzano neppure di capire il cambiamento del soggetto che torna. L’ignoranza è il romanzo del ritorno a Itaca dopo un lungo viaggio, ma è un ritorno alla terra dell’incomprensione, delle cose che non riesci a capire e ad afferrare, di un approdo al luogo natio dopo troppo tempo, al punto che non è facile recuperare il tempo perduto.

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