La solitudine dei nostri corpi sotto il sole di Ferragosto

Articolo di Pietro Salvatore Reina

Il sociologo professore Francesco Pira: «sempre più spesso, una persona viene giudicata per il suo aspetto estetico e i suoi sentimenti non vengono considerati. Deve essere perfetto e deve possedere certi standard per ottenere gradimento e apprezzamento»

Il nome Ferragosto deriva dall’espressione latina «feriae Augusti» (riposo di Augusto). Era un periodo di riposo e di festeggiamenti, istituito dallo stesso imperatore, nell’anno 18 a. C. Il «primo» nome dell’attuale mese di «Agosto» – l’ottavo mese dell’anno secondo il calendario gregoriano (introdotto da papa Gregorio XIII nel 1582) – era denominato «sextilis» (il sesto mese dell’anno del calendario dell’antica Roma, che cominciava, appunto, da Marzo).

Il primo calendario documentato utilizzato nell’antica Roma fu quello del «fondatore» Romolo. Era lunisolare e diviso in dieci mesi. Il suo inizio era fissato nel mese di Marzo e la fine nel mese di Dicembre. Fu il secondo dei «sette» re di Roma, Numa Pompilio, ad aggiungere il mese di gennaio e febbraio. Alla fine della Repubblica romana Giulio Cesare, quando divenne pontefice massimo, nell’anno 63 a.C., incarica un sacerdote egizio di nome Sosigene a rimettere in ordine il calendario. In questa circostanza viene introdotto l’anno bisestile. Nell’anno 8 a.C., in onore del primo imperatore romano Augusto, il mese denominato «sextilis» fu rinominato «augustus».

La solennità odierna dell’Assunzione della Vergine Maria si «innesta» sulla festa pagana del «riposo di Augusto». Il dogma dell’Assunzione della Beata Vergine Maria fu proclamato da papa Pio XII, il 1° novembre dell’Anno Santo del 1950. La storia del dogma dell’Assunta è molto complessa. Fin dai primi secoli, infatti, la comunità cristiana ha prestato crescente attenzione alla Madre del Signore. La «fede» nell’elevazione al cielo di Maria in anima e corpo al termine della vita terrena è stata da sempre accolta, accettata e celebrata in Oriente, con la «dormitio», e in Occidente con l’«assumptio».

Il professor Francesco Pira con il grande sociologo Zygmunt Bauman

Nel Cristianesimo il «corpo» è estremamente importante. I più importanti Padri greci, ad esempio Ireneo, Gregorio di Nissa e molti altri, scrivono che «Dio si fa carne per farci come lui». Una frase che sottolinea l’importanza della theosis, della divinizzazione della carne (in ebraico basar, in greco sarx). Il Cristianesimo crede profondamente che la materia del corpo è «molto buona», come scrive l’autore del primo capitolo della Genesi. La centralità e l’importanza del corpo è cara allo stesso Tertulliano, il primo dei Padri latini, espressa in quella famosa frase, diventata un vero e proprio assioma, caro cardo salutis (la carne è il cardine della salvezza). Senza la carne, senza l’Incarnazione, senza l’importanza del corpo, non ci sarebbe la prospettiva della salvezza eterna.

Nell’odierna società assistiamo sempre di più ad un «culto del corpo», ad una continua esibizione di corpi perfetti (poi lo sono «realmente»!) sui mass-media, sui social per veicolare messaggi pubblicitari pregni di inganno. Continui e a volte precoci interventi di chirurgia plastica, perfezionamento delle immagini del corpo tramite Photoshop e altri programmi caratterizzano l’ordinaria vita quotidiana di tanti cittadini del mondo industrializzato. Prestare attenzione alla bellezza, al corpo, al rapporto che c’è tra corpo e cultura e corpo e potere non sono «idee» e/o «concetti» assolutamente frivoli anzi all’opposto di fondamentale importanza.

Da un po’ di tempo a questa parte la cosiddetta «manutenzione» del corpo è attraversata da ossessioni insane, vuote, senza profondità che distoglie dai valori autentici dove la bellezza, l’armonia è un tutt’uno con la bontà, con il buono. Anche se siamo in vacanza proviamo a percorrere, con il professore Francesco Pira, Associato di Sociologia dei processi culturali e comunicativi, Delegato del Rettore alla Comunicazione e Direttore del Master in Esperto della Comunicazione Digitale dell’Università di Messina, uno «scavo archeologico», un percorso di ricerca dalla superfice che viviamo alla profondità che spesso ignoriamo sul «culto del corpo». Un tema messo al centro da uno dei maestri del professore Pira, il sociologo polacco Zygmut Baumann, secondo il quale, tale culto è una «deriva della società liquida».

D.: Con il suo acuto sguardo clinico da sociologo come la nostra società vive il suo rapporto con il corpo. Quanto le attenzioni eccessive, e a volte bizzarre (troppi piercing, tatuaggi), ai corpi possono rappresentare il trionfo dell’effimero?

«Il valore del corpo nell’era digitale è completamente cambiato. Purtroppo, sempre più spesso, una persona viene giudicata per il suo aspetto estetico e i suoi sentimenti non vengono considerati. Zygmunt Bauman, il grande sociologo polacco, ha descritto la società nel suo volume: “Consumo dunque sono”. Viviamo, ha spiegato Bauman. in una società di consumatori che cerca continuamente la felicità. Il raggiungimento dei propri desideri avviene in maniera particolare. Il corpo diventa l’elemento che può creare “appeal” nei confronti delle altre persone. Naturalmente non si tratta di un corpo qualunque, ma deve essere un corpo perfetto e deve possedere certi standard per ottenere gradimento e apprezzamento. La continua ricerca della bellezza e del corpo perfetto, così come questa società edonistica ci chiede, ci porta a seguire diete assurde per assomigliare ai nostri Influencer preferiti. Le modelle che non hanno i canoni standard di bellezza vengono criticate. Parole terribili che costringono anche donne meravigliose a scegliere soluzioni drastiche. Questa idea della perfezione del corpo deve farci ragionare per cambiare il percorso che abbiamo intrapreso. In realtà, quello che conta veramente è riuscire a stare bene con noi stessi e non sono gli altri a stabilirne i criteri o le regole. Accettarsi significa riuscire a stabilire un rapporto migliore non solo con noi stessi, ma anche con chi ci circonda o vive accanto a noi. Dobbiamo stare molto attenti, perché oggi la centralità del corpo ha accresciuto alcune devianze della rete come ad esempio il body shaming. Le vittime di body shaming si sentono sempre più fragili e insicure ed arrivano a commettere gesti estremi a causa della vergogna o dell’umiliazione subita. Questo non è l’unico fenomeno: cyberbullismo, sextortion, sexting e tanti altri ancora. Ma non solo. Tantissimi i video che circolano online di donne nude o di pubblicità che mostrano donne nude. Bisogna recuperare il valore del corpo, perché regalare il proprio corpo a quanti ci seguono sui social network ci porta a non considerare quello che rappresenta ed esprime il nostro corpo. Un sistema che ha annullato la nostra vera identità ed è abbastanza grave. Gli adulti devono aiutare i giovani ad apprezzare il proprio corpo e a dare spazio all’anima, al cuore e alla mente. Il problema non è solo sociologico, ma è pedagogico e anche antropologico».

Il professor Francesco Pira con il grande sociologo Zygmunt Bauman

D.: Baumann parlava – già decenni fa – di «solitudine del corpo e della comunità». La società globale come vive o pensa di vivere il rapporto con il proprio corpo e con quello degli altri? Siamo troppo ripiegati su noi stessi? Dove e come può innestarsi la chiave di volta di una ricerca di un vero potenziamento umano per porre rimedio alle tante fragilità che ci sostituiscono?

«La società globale ha un’idea del corpo distorta e i tanti “ismi” (egoismi, attivismi e individualismi) hanno cambiato ogni prospettiva. Le nuove tecnologie favoriscono gli incontri e a maggior ragione un bel corpo in vetrina favorisce le conoscenze. I contatti avvengono nella vita virtuale e sono tantissime le ore trascorse online e molte di meno quelle vissute fuori dallo schermo. Possiamo discutere dell’amore liquido, così come lo ha definito Bauman, che tende a bruciare le tappe costantemente. Gli adolescenti preferiscono avere il primo rapporto i primi preliminari online e questo vuol dire annullare lo spazio e il tempo. Di fatto non possiamo puntare il dito contro i giovani che si accostano ai rapporti in questo modo. Non penso che un amore nato virtualmente possa essere giudicato, perché l’amore di oggi non può essere paragonato all’amore di ieri. Ogni epoca vive l’amore in modo diverso e il modo di conquistare il partner o la partner si è trasformato. Il codice linguistico amoroso dei giovani di oggi non appartiene ad un’altra generazione precedente. È cambiata l’idea della verginità e anche quella della fedeltà. Bauman ha detto e scritto in maniera convinta: “amarsi e rimanere insieme tutta la vita. Un tempo, qualche generazione fa, non solo era possibile, ma era la norma. Oggi, invece, è diventato una rarità, una scelta invidiabile o folle, a seconda dei punti di vista”. Questa citazione non trova riscontro nella realtà. La mia generazione forse ha fallito dal punto di vista educativo e non è riuscita a trasmettere ai più piccoli alcuni valori e non perché non voleva, ma perché non c’è mai tempo o perché siamo stati un cattivo esempio. Chiediamoci come mai esporre il nostro corpo nudo online, o vederne uno, ci dà tanta soddisfazione e appagamento. Proviamo a darci una risposta e se abbiamo compreso quanto sia grave la “mercificazione” del corpo dobbiamo essere capaci di diventare portatori di nuovi e sani valori. Ma non solo. Dobbiamo essere in grado di supportare le nuove generazioni a superare le loro difficoltà a relazionarsi fuori dallo schermo e a superare le loro paure».

D.: La ricerca del benessere – insegnano gli antichi Greci e Romani – dovrebbe partire dal nostro intimo per poi approdare sulla nostra superfice, sul nostro corpo. Come possiamo davvero riscoprire il culto del corpo e la sua bellezza?

«Ogni giorno la cronaca ci elenca casi di sexting, di bodyshaming, di cyberbullismo e di devianze che possono cambiare totalmente la vita delle persone. Infatti, si stanno aprendo in varie parti d’Italia dei fronti per cercare di studiare come la “vetrinizzazione del corpo” può portare a conseguenze estreme. Nell’era del Metaverso il corpo di una donna non viene rispettato nella dimensione virtuale e questo è legato alla nuova idea di bellezza. Oggi, per sentirci apprezzati abbiamo bisogno di “like” e “cuoricini” da parte dei nostri contatti che ci seguono sulle nostre piattaforme del cuore. L’idea del corpo è diventata fondamentale e rappresenta in qualche modo (ancora da analizzare) la sfera della sessualità. Nella dimensione social il corpo ha un doppio valore: da un lato centro di potere “un portatore visibile di identità di sé” e del proprio stile di vita; dall’altro è diventato strumento, il corpo esibito come altro da sé, una dimensione che appare con tutta la sua evidenza nell’universo social. Sempre più spesso proviamo a migliorarci tramite una serie di app, nate con lo scopo di aiutarci ad eliminare ogni nostra imperfezione. Non è tutto. Esistono app, come Perfect 365 o YouCam Perfect, capaci di effettuare ritocchi incredibili al volto, alle labbra, agli occhi, agli zigomi, ai capelli e di trasformare i lineamenti. In sostanza, basta scrollare le dita sul display del nostro cellulare per diventare un’altra persona ed il gioco è fatto. Poi, bastano pochi click per postare la nostra immagine su Facebook, Instagram, Tik Tok o inviarla su ogni canale di messaggistica istantanea. Le immagini ritoccate producono una visione distorta della realtà soprattutto nei giovani. Postare la propria immagine perfetta comporta nell’adolescente, e in generale nelle persone che osservano questi modelli mediatici, una doppia risposta: da un lato tendono ad emulare il proprio idolo e dall’altro si innesca un ritiro sociale che espone i giovani a rischi psicopatologici importanti. sui social si moltiplicano anche le influencer, i personaggi dello spettacolo e le cantanti, che intendono trasmettere messaggi intelligenti a favore di un rapporto più rilassato con il proprio fisico, contro un’idea di perfezione astratta e irreale che può danneggiare seriamente la mente e il corpo di chi segue – magari non del tutto consapevolmente – modelli negativi e diseducativi. Noi cosa possiamo fare? Cerchiamo di non cadere nella tentazione di essere consumatori e prodotto di consumo per gli altri. La bellezza è legata ad aspetti materiali e incarna il nuovo concetto di identità: noi non siamo quello che effettivamente vogliamo essere o quello che rappresentiamo, ma cerchiamo di essere ciò che rappresenta uno standard ben riconoscibile. Seguiamo il consiglio di Papa Francesco che ci suggerisce di amare la bellezza per affrontare la vita secondo una logica di gratuità, che superi qualunque dinamica dettata dal profitto economico e dall’interesse personale. Amare la bellezza appartiene infatti alla logica della lode e della contemplazione verso qualcosa che ci è stato donato e per il quale rendiamo grazie (Enciclica Laudato Si’). L’uomo deve prendersi cura dell’altro ed è nell’altro che si rivela lo splendore dell’umanità intera».

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