Pan e Poesia: la follia della creatività

Articolo di Bartolomeo Di Giovanni

“Se una persona si vede sopraffatta da una persona ignorante o svilita, Io credo che riesca ad ammalarsi. Penso che la base della follia sia questa frustrazione dei rapporti, questo emarginare i rapporti, il giudizio sulla malattia mentale di solito viene da persone che non sanno assolutamente cosa sia, ma è la partenza, è la via dell’eterna dannazione. L’umiliazione nasce dallo stupido, da un’idea malcreata, da una calunnia, e qui comincia una serie di dannazioni che forse non avranno mai fine, forse nel mio caso si risolvono con la poesia. (Alda Merini).

Chi sono i poeti? Il grande Hölderlin non ha mai fornito una risposta ma il punto interrogativo era già la soluzione implicita che assolveva l’arduo compito del poeta. Tale assoluzione è indispensabile, fare poesia è il percepirsi come peccatori redenti, quindi è il peccato stesso che ha ricevuto l’indulgenza plenaria dalla storia. Il poeta è una creatura peccaminosa perché conosce la libertà, il suo spirito entra nel mondo della carne, vi assorbe tutta l’affluenza delle emozioni e poi, deve per forza morire nella identificazione dell’io per giungere al sé.

Se il poeta non commette peccato non potrà riconoscere il senso Divino della parola creare, fare poesia significa porre l’indefinibilità del sé alla finitezza dell’io, col rischio della emarginazione come quella che ha subito Alda Merini e altri poeti. Questo è il senso del peccare poetico.

Alda, donna coltissima, con una mente elaborativa al di là del senso comune, riuscì a identificare la causa di presunte patologie mentali, che riguardano la sfera emozionale, nel pregiudizio degli sciocchi. Quanto si è riportato nell’incipit, è la visione di Alda severa e ammonitrice. È impensabile che ancora persista il pregiudizio verso i disturbi depressivi di cui sono affetti una notevole percentuale della popolazione terrestre, Per non parlare del DAP (disturbo da attacchi di panico) e dalle varie sfumature ansiogene. La poesia è la più alta dichiarazione del dolore che aleggia nel mondo, non è il delirio dei poeti ma l’angoscia del mondo occupato a correre per sfuggire alla propria finitezza.

La poesia canta ancora l’amore, denuncia, esprime, ma c’è chi si arroga il diritto di un Dire indelicato, incivile, senza gocce di amorevole predisposizione all’ascolto. Calunnia e maldicenze, ferite verbali gratuite, sono diventate gli indiscussi strumenti di un dialogo che ahimè, è malato, il poeta sente il male del mondo però riesce a trascenderlo attraverso la potenza della parola. Attenzione, non confondiamo il Poeta dai poeti, che ogni giorno corrono per accaparrarsi un diploma, non è un danno, ma è l’uso improprio del premio, come se fosse una sorta di rivalsa verso qualcuno, verso qualcosa, una sorta di esaltazione del proprio IO. Giungono email come valanghe, qualcuno reclama sempre la propria bravura rispetto ad un altro, e poi l’esposizione dei trofei e delle medaglie, la critica all’attestato perché non è di carta pergamena, ecco come il poetare si sta incancrenendo a causa del male sociale che è il delirio di onnipotenza. Alda è la salvezza dei Poeti, un mistico Alter Ego, sembra quasi impossibile imitarne il suo modus vivendi, perché in Italia le parole devono restare sul libro accompagnate dalle esclamazioni ipocrite che ne esaltano la genialità. E allora a cosa serve il suo messaggio? Il vero poeta è quasi svilito, sente che i rapporti sono basati sulla ideocrazia antidialogica, per cui la dialettica di confronto, quale pedagogia di crescita, è la damnatio inversamente proporzionale all’emergenza del comunicare. Meno comunico e più la dannazione della impossibilità di espressione diviene una camera magmatica in continuo movimento. La Merini aveva ritrovato la soluzione con la poesia ma da quindici anni circa il business della parola è avanzato come un’onda di Tsunami, spazzando via gran parte di tutto ciò che era stato costruito dalla scuola poetica siciliana in poi. Creare è follia che merita il plauso da parte del mondo, ma davanti a tale miracolo, forse per paura, forse per scarse capacità cognitive, si fugge gridando disprezzo.

Sono sorti seri movimenti che vogliono ripristinare l’essenza propedeutica della poesia,

Il nuovo che prosegue dalle antiche scuole poetiche. Il dottor Renato Ongania, l’intellettuale italiano che ha riconosciuto nella creatività il senso di FARE CULTURA, ha fornito la possibilità di arricchire l’estensione del sapere con nuovi semi, ognuno dovrebbe porgere la propria gratitudine perché senza di lui chi avrebbe portato il logos sull’altare della devozione? C’è anche l’eclettico Paolo Gambi, poeta innovativo, fondatore del movimento Rinascimento poetico, probabilmente l’unico di questo primo ventennio del XXI secolo. Gambi con successo, ha dato una diversa connotazione alla letteratura, egli ha affermato che dovremmo adeguarci ai tempi, adattare la poetica al nuovo modo di comunicare, “trovare nuovi mari in cui far navigare la poesia, mari che la riportano alla sua vocazione originaria che è fatta di parola detta, di performance”. Paolo Gambi non intende abolire i principi della origine, anzi cerca di ricondurre il corpo quale conciliatore tra parola e azione.

la poesia non è da sola ma gode della compagnia di Marte e Venere, che sono i coniugi consacrati dentro il tempio del Santa Sanctorum, dove tutte le parole non sono altro che la macchina di Dio perché discenda nel mondo.

il dottor Giuseppe Galdi, stimato psichiatria studioso di Merini, a proposito della bellezza della creatività dice, con linguaggio simbolico che:

Venere si uni in abbracci appassionati a Marte, da tanto amore nacquero quattro figli il più birichino era Eros indicava la facilità con cui la bellezza trafigge con forza e in profondità il nostro cuore. Un altro era Fobos la paura della Bellezza quando si confronta con la passione. Deimos, il terrore che prova Venere davanti alla forza del suo amante guerriero. Ma la più bella figlia che nacque dai loro amplessi fu Armonia, l’ equilibrio tra la forza e la bellezza. Nel tempio salomonico si erigono due colonne, così come nelle Sephirot, la Cabala ci insegna come la bellezza

“ Ghevurà” si deve confrontare con la forza,

“ Tipheret”, per edificare il tempo interiore, dove la parola diviene il principio universale della creazione.

La sintetica riflessione del dottor Galdi esprime dei punti fondamentali che riguardano le dinamiche psicologiche dell’ animo creativo: l’ uomo come espressione vivente della manifestazione simbolica é nella totalità effettiva, il tutto che tende alla trasmutazione dell’io, utile alla comprensione di determinati conflitti che si creano nel corso della vita. I vocaboli sono il principio della evoluzione: trasmutazione, trasformazione, sembrano sradicati dal loro autentico significato, equivocato da quella parte di società aggrappata a ideologie che non riescono a guardare i colori e le sfumature di ogni proposizione, è assolutamente vero che l’uomo cambia, ma non dobbiamo intenderlo nel senso del pensiero liquido contemporaneo. Evoluzione e trasmutazione non significa che ci si deve inclinare all’esteriore, perché questo è solo una conseguenza del processo di alchimia interiore che pone l’individuo a svolgere un serio lavoro di epurazione dentro il proprio animo. La poesia è Venere cioè Amore ma è anche Marte, la battaglia, e prima di giungere alla totale fusione bisogna bere la coppa del dolore, assumendo il calice dentro le proprie vene, possiamo ricevere l’ebbrezza dionisiaca e trasalire nella dimensione della parola. Solo gli stupidi possono associare il poeta a quella follia patologicamente Intesa. La società del benessere non riesce a mettere in discussione il funzionamento della realtà, fondamentale è la domanda: Perché quando si era poveri c’era più fantasia, più creatività? L’ assenza di qualcosa e la forza interiore per la sopravvivenza, generano meccanismi per inventare, per creare la vita. Dopo la Seconda Guerra Mondiale sembrava che tutto sarebbe cambiato a favore di una umanità predisposta all’evoluzione intellettuale, a riconoscere i principi del bene e del male, forse è accaduto fino agli anni ‘70, ma qualcosa ha innescato il meccanismo inverso, dagli anni ‘80 in poi il declino è avvenuto in modo silenzioso fino a sfociare con violenza all’inizio del XXI secolo. Si è creduto ad nuovo rinascimento dove gli animi avrebbero preso coscienza che il dialogo è la strada verso il sommo bene, la guerra la strada del male. Alla luce di ciò si è chiamati a fare i conti con sé stessi altrimenti questa fase di declino, chiaramente esplicita, potrebbe condurre alla stagnazione sociale.

I movimenti poetici stanno cercando, con tanto impegno, di fare arrivare il messaggio diretto: O cambiamo adeguandoci ai tempi, al processo tecnologico, tanto demonizzato, quanto utile, utilizzando gli strumenti a disposizione per il bene sociale, oppure si rischia di restare ancora per anni dentro trincee ideologiche.

Adesso anche il Movimento ApplEtica (Applicazione Etica), attraverso una serie di strumenti materiali, sta apportando una modifica alla comunicazione in versi. L’etica arriva attraverso segni e simboli, e l’inconscio che ne è il custode, li riconosce nell’immediato. Una di queste tecniche è applicare i versi scritti su materiale riciclato e apporli sulla tela, esperimento che auspica adesioni da parte di chi ama sperimentare continuamente.

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