“Un altro domani”, un documentario di Silvio Soldini

Articolo di Gordiano Lupi

Un altro domani è un documentario di Silvio Soldini, scritto e sceneggiato insieme a Cristiana Mainardi, dura 109’ – non pochi per un testo impegnativo – ma scorre molto bene, toccando punte di intensa commozione con il racconto di vittime e carnefici. Soldini è garanzia di qualità, autore colto e raffinato, ci ha regalato opere immortali come Pane e tulipani (2000), film che non ci si stancherebbe mai di rivedere, per non parlare di Agata e la tempesta (2004), Giorni e nuvole (2007), Il comandante e la cicogna (2012) e Il colore nascosto delle cose (2017). La sua firma basta a riconciliare il critico più esigente con la pochezza del cinema italiano contemporaneo, anche nel documentario, sua passione di partenza, prima di approdare alla fiction. Soldini è impegnato per la difesa dei diritti umani, sempre in prima linea nel fare opera conoscitiva sul cambiamento climatico (Interdependence, con l’episodio Olmo), quindi si occupa dei femminicidi e della violenza di genere con Un altro domani, che promuove i nuovi strumenti normativi pensati per le donne minacciate da stolker o da compagni violenti. Un altro domani realizza un affresco umano e generazionale, mettendo in primo piano donne che hanno subito comportamenti violenti da parte di uomini, poliziotti specializzati nella materia (di solito donne), magistrati, criminologi e uomini che confessano le loro debolezze, colpe e mancanze. Tre storie sono davvero atroci, perché si tratta di ricordi da parte di donne che hanno subito (senza poter fare niente) l’uccisione di un figlio da parte del compagno come una sorta di rivalsa nei loro confronti. Soldini e Mainardi scrivono la storia della legislazione italiana – in maniera non pedante – partendo dal delitto d’onore, passando per i referendum su divorzio e aborto, per arrivare ai giorni nostri, con i Centri Antiviolenza e i Comitati di Ascolto, sia per uomini violenti che per donne vittime. Uno strumento giuridico di cui non conoscevo l’esistenza è l’ammonizione – come in campo calcistico – per l’uomo che si rende responsabile di comportamenti violenti, con relativo affidamento ai servizio sociali e possibilità di subire un procedimento giudiziario (cartellino rosso) in caso di recidiva, con le porte della prigione che si aprono. In ogni caso la legge non abbandona mai né il violentato né il violentatore, perché esiste sempre un supporto psicologico e di ascolto per entrambe le tipologie di persone, in modo tale da non far ricadere nella stessa situazione i soggetti interessati. Musiche intense di Mauro Pagani, fotografia di Sabrina Bologna, sceneggiatura di Cristiana Mainardi con la collaborazione del regista, per un prodotto interessante e suggestivo, cinematograficamente compiuto, ma anche ottimo strumento conoscitivo. Il documentario passerà su La Sette il 25 novembre, in occasione della Giornata contro la violenza sulle donne, quindi uscirà in piattaforma. Da vedere.

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