Ufo robot – le origini di Goldrake: Attacco a Tokyo

Articolo di Gordiano Lupi

È una bella giornata alla fattoria, tra mucche al pascolo e sole che splende, tutto sembra tranquillo alle pendici del Monte Fuji. Rigel sta cercando i suoi amici spaziali con il binocolo ma non vede nessuna presenza celeste ed è molto deluso. Intanto passa l’autobus che deve portare Venusia nella città di Tokyo.  

“Ehi Venusia, sta arrivando l’autobus e come al solito sei in ritardo!”, grida Rigel.

La ragazza è contrariata.

“Vuoi smetterla di gridare come un ossesso? Cosa credi che sia sorda?”

“Sbrigati! Non perdere tempo in chiacchiere!”, continua il padre senza curarsi delle proteste della figlia.

Venusia si avvicina ad Actarus con sguardo dolce e innamorato e gli chiede di badare alle cose della fattoria mentre lei sarà lontana. Il ragazzo la rassicura e Venusia sale tranquilla a bordo della corriera.

Mizar insegue la sorella, trafelato.

“Aspetta Venusia! Hai dimenticato la tua borsetta!”

E gliela porge proprio sulle scalette dell’autobus. 

“Hai ragione, ma la colpa è di papà che mi mette sempre fretta!”, conclude Venusia.

Rigel è abbastanza irritato e si chiede che cosa stia dicendo la figlia, mentre vede Banta scavalcare la staccionata della fattoria per arrivare in tempo e poter salire sull’autobus.

“Passa pure dalla mia fattoria, salta la staccionata.!Puoi prendere la scorciatoia per prendere la corriera!”, grida il padre di Venusia.

“Posso farlo davvero?” – chiede Banta meravigliato – “Questa improvvisa cortesia è sospetta. Ci sarà sotto qualcosa”, pensa.

Rigel scende dalla torretta di avvistamento e si piazza davanti a Banta con il fucile spianato.

“Sono innocente. Non ho fatto niente di male. Mi ha detto tu di attraversare”, si giustifica il ragazzo mentre implora Rigel di non sparare perché lui è ancora giovane.

“Dovrai proteggere Venusia mentre sarà a Tokyo. Guai se le accadrà qualcosa. Ne risponderai con la tua pelle”, ammonisce il vecchio.

“Sarò la sua fedele guardia del corpo, ma abbassa lo sputafuoco, padre”, balbetta Banta.

“Silenzio! Ti proibisco di chiamarmi padre!”.

Banta è innamorato di Venusia, che proprio non se lo fila. E anche Rigel non vuol certo avere un simile pretendente per la figlia, lo usa solo per la sicurezza personale. Non che la fiducia sia così ben riposta, perché Banta non è sinonimo di coraggio …

“Mi è sfuggito … In ogni caso Io Banta dichiaro di proteggere Venusia da ogni pericolo!”.

Il ragazzo incrocia le dita nel segno di giuramento.

“Lo spero bene! Se le succede qualcosa ti sforacchio!”, grida Rigel mentre spara colpi di fucile a terra a ripetizione, al punto che fa danzare un terrorizzato Banta. 

Banta non vuol finire sforacchiato ma è orgoglioso del compito che il padre della ragazza gli ha affidato.  

“Eccomi qui, Venusia!”, le dice facendo gli occhi dolci.

“Sei sempre in ritardo. Come al solito”, lo rimprovera Venusia.

L’autobus parte e Rigel si chiede dubbioso se la figlia sia davvero in buone mani.

La scena si sposta sulla Luna. Nella base di Vega incontriamo un meditabondo Gandall che osserva estasiato la Terra da lontano.

“La Terra, un meraviglioso pianeta, la sua bellezza è un mistero dell’universo!”, mormora.

D’un tratto esce dal suo volto – che si apre come una persiana – la moglie Minos con la quale vive in simbiosi, per rimproverarlo di tanta svenevole dolcezza.

“Gandall, sei il comandante delle truppe di Vega, non un poeta! Pensa a Goldrake! E invece di dire tante idiozie pensa a preparare il piano di attacco!”, intima.

Hydargos è alle spalle di Gandall, pronto ad agire, attende solo gli ordini.

“Attaccheremo la città di Tokio!”, dice Gandall.

“Attacchiamo la città?”, chiede meravigliato Hydargos.

“E Goldrake dovrà uscire allo scoperto”, conclude Gandall.

Tokyo, una giornata come tante, strade che si succedono ad altre strade di città, palazzoni giganteschi, traffico, gente che lavora, uomini e donne che si spostano. L’autobus che trasporta Venusia e Banta sta entrando in città. Banta sgranocchia una pannocchia di mais, Venusia scatta fotografie della capitale. A un certo punto Banta si avvicina alla ragazza, appoggia il suo volto innamorato sulla sua spalla.

“Ehi, quelli sono i grattacieli di Tokyo! Ti piacciono?”, chiede.

Venusia è seccata, non gradisce molto le attenzioni del ragazzo.

“Resta al tuo posto! Non ti accostare troppo a me! Siamo intesi, Banta?”, lo sgrida.

“Non fare troppo la ritrosa! Tuo padre mi ha preso da parte e mi ha detto: Ti affido mia figlia. Abbi cura di lei!”, risponde Banta mentre cerca di stringerle le mani.

Venusia non è per niente d’accordo. Allontana Banta con decisione.

“Smettila! So badare a me stessa” conclude.

In quel preciso istante accade qualcosa di straordinario: l’autobus si solleva dal suolo e i passeggeri sono terrorizzati.

“Che succede? L’autobus sta volando!”, dice Banta.

Non solo l’autobus vola, anche altre auto che stanno circolando vengono risucchiate dai tentacoli metallici del mostro spaziale Dam Dam mandato sulla Terra da Vega. Il terrore s’impadronisce dei volti dei passeggeri che volano in cielo per finire nelle grinfie del grande apparecchio spaziale.

“Siamo prigionieri all’interno di un disco volante”, dice Venusia disperata.

“Ho tanta paura!”, piagnucola Banta abbracciando Venusia.

“E tu sei quello che avrebbe dovuto proteggermi?”, chiede Venusia mentre sferra al ragazzo una violenta gomitata nello stomaco.

“Smettila! Detesto la violenza”, non sa dire di meglio Banta.

Alla fattoria Rigel vede alzarsi in volo l’apparecchio di Alcor.

“Allora, che cosa sta succedendo, Alcor? Sono tornati i dischi volanti?”, chiede.

Alcor non risponde, dà gas a tutto spiando e parte, lasciando il povero Rigel avvolto in una nuvola di fumo.

“Accidenti che modi! È proprio un maleducato”, conclude Rigel mentre si mette di nuovo davanti al binocolo alla ricerca di un Ufo che non vede.

Alcor ha risposto alla chiamata del dottor Procton che dal Centro di Ricerche Spaziali si è reso conto del pericolo. Ha visto un attacco spaziale con la catturato di ostaggi nel centro di Tokyo. Alcor si trova davanti a Procton in attesa di ordini.

“Ascolta Alcor, per ora evita di attaccare, perché pare che gli Ufo abbiano in mano alcuni ostaggi!”, intima il dottor Procton.

“D’accordo, mi accerterò della presenza degli ostaggi e riferirò”.

“Bene, avanti, procedi!”.

Alcor si alza in volo diretto verso Tokyo.

Actarus è al Centro Ricerche, accanto al dottor Procton, che chiama padre dal giorno in cui lo ha accolto dopo la fuga dal pianeta Fleed, il luogo natale distrutto. 

“Sembra che un Ufo abbia catturato un autobus carico di passeggeri”, riferisce  ad Actarus, che pare sorpreso, ma la scena compare sullo schermo del Centro Ricerche Spaziali.

Alcor pilota il suo mezzo sopra il cielo di Tokyo e individua subito il mostro spaziale.

Venusia si rende conto che Alcor è sopra di loro, confida nel coraggio del suo eroe e spera che possa salvarli. Anche Banta è contento di vederlo.

“Alcor, salvaci!”, grida Venusia

“Salvaci! Chiamami pure scimunito, non me la prenderò!”, rincara Banta.

Alcor si rende conto che il disco volante ha catturato Venusia e Banta, vede i due amici dal radar di bordo che localizza le figure a lui note all’interno del mezzo. Riferisce subito la situazione al dottor Procton, che pare allarmato.

“Padre, devo intervenire!, si fa avanti Acatrus.

Il ragazzo corre verso Goldrake, gettandosi nella discesa che lo porta direttamente a indossare il costume e a prendere il comando del suo disco volante.

“Goldrake!”, è il consueto grido di battaglia.

Goldrake s’innalza in volo diretto verso Tokyo, proprio mentre il mostro spaziale Dam Dam aziona le sue ventose per catturare anche il mezzo di Alcor che sta tentando di soccorrere gli ostaggi. Non c’è niente da fare, il vortice provocato è troppo potente per Alcor che non riesce a impedire di essere aspirato all’interno del disco alieno. Adesso la sola speranza di salvezza è riposta in Goldrake.

Alcor incontra Venusia e Banta che sono come lui prigionieri degli spaziali.

“Siete sani e salvi?”, chiede.

“Per ora sì”, risponde Venusia.

“Ehi, fai qualcosa per noi Alcor. Ho tanta paura, non voglio lasciarci le penne!”, piagnucola Banta, sempre più pusillanime.

“Stai calmo, scimunito!”, lo apostrofa con disprezzo Alcor.

“Cosa? Scimunito a me? Come ti permetti?”, grida con un guizzo di dignità Banta. 

“Non dicevi che non t’importava d’essere chiamato scimunito?”, interviene Venusia.

“E invece m’importa, eccome!”, risponde Banta.

“Dobbiamo trovare il modo di uscire di qui!” – taglia corto Alcor – “Cerchiamo un passaggio”. “Sta arrivando Goldrake!”, si rende conto Alcor, e il morale migliora …

Infatti Goldrake sta volteggiando con il suo disco attorno al mostro spaziale Dam Dam per trovare un punto debole da attaccare senza danneggiare gli ostaggi.

Hydargos, intanto, comanda le operazioni dalla nave spaziale.

“Come avevamo previsto Goldrake è uscito allo scoperto! Adesso dobbiamo fare in modo di prenderlo in trappola!”, dice.

“Dobbiamo aspettare la sua prossima mossa. Non credo che vorrà attaccare! Intanto preparati” risponde Gandall.

“Bene. Fate uscire la morsa. Dobbiamo catturarlo”, ordina Hydargos.

Un cavo a forma di morsa esce dal mostro Dam Dam e si getta all’inseguimento di Goldrake per afferrarlo, ma non riesce a prenderlo né a colpirlo con il raggio spaziale. Actarus evita il pericolo e si allontana.

“Anche Alcor è caduto nelle loro mani”, mormora.

“È impossibile attaccare il disco! Devo trovare il modo di salvarli”, dice a se stesso.

Siamo alla fattoria, dove Rigel vede venire di corsa la madre di Banta.

“Viene avanti come un ciclone, maledizione!”, balbetta preoccupato.

La terra pare tremare, le mucche al pascolo sono spaventate, la madre di Banta travolge staccionate, non si ferma davanti ad alcun ostacolo, frena di colpo davanti alla torretta di Rigel, ma l’urto violento contro i sostegni della struttura provoca la caduta di Rigel che afferra il suo grande cappello come se fosse un paracadute. Il colpo al suolo del vecchietto resta importante perché il copricapo prende fuoco e si buca nella parte alta. Il paracadute non ha funzionato!

“Sono caduto dalla padella nella brace!”, grida.

La madre di Banta, infatti, non è molto tranquilla …

“Bellimbusto svegliati! Non è il momento di svenire questo!”, dice.

“Come mai hai tanta fretta? Qualche impegno urgente? Vai pure, io non voglio trattenerti!”, cerca di liberarsene Rigel.

“L’autobus dove erano Venusia e Banta è stato catturato da un mostruoso disco volante!”, confida la madre di Banta terrorizzata.

“Che cosa?”.

Rigel è disperato, si mangia le mani con i denti e trema di paura.

“Lo ha trasmesso ora la televisione”, conclude la madre di Banta.

Intanto, sul luogo del misfatto, Actarus volteggia a debita distanza dal disco volante alieno e continua a pensare a come escogitare un modo per salvare gli ostaggi. Il disco attacca con la morsa e con i raggi spaziali, ma Goldrake li evita, mentre viene preso nel vortice delle spire che lo risucchiano verso l’interno della base.

“Actarus, allontanati! Possono catturarti”, dice Alcor.

Actarus guida i motori di Goldrake alla massima potenza.

“Maglio spaziale!”, grida. E il maglio si stacca come un pugno metallico dalla struttura del disco per colpire l’avversario.

Hydargos comincia a temere una nuova sconfitta.

“Il primo tentativo è andato a vuoto, mio signore”, riferisce a Gandall.

“Passa alla seconda fase dell’operazione! Agisci contro gli ostaggi!”, intima Gandall.

“D’accordo. Fase numero due!”, proclama Hydargos.

Il mostro spaziale attacca la città di Tokyo, distrugge palazzi, mette in fuga persone spaventate, timorose per quel che sta accadendo, poi atterra tra le strade di una capitale in fiamme, in mezzo alle macerie. Intanto a bordo del disco il soffitto della navicella sta facendo calare sugli ostaggi delle punte acuminate per ucciderli tutti. Per gli ostaggi non resta altro da fare che aprire una via di fuga demolendo il portellone con gli attrezzi trovati sull’autobus e gettarsi nel vortice per guadagnare la via del ritorno. Nel disco non c’è quasi più aria e le persone presenti a bordo si sentono soffocare. Alcor ha una piccola riserva di ossigeno che condivide dal suo mezzo volante, ma l’autonomia è di pochi minuti. Actarus riferisce al dottor Procton che gli alieni se la stanno prendendo con gli ostaggi e che sono in pericolo di vita.

“Esiste solo un modo per poter salvare gli ostaggi”, dice Procton

“Che cosa devo fare?”, chiede Actarus

“Ma è troppo rischioso, potremmo anche fallire!”.

“La situazione è disperata. Dobbiamo tentare assolutamente!”.

In quel momento Rigel e la madre di Banta entrano nel Centro Ricerche Spaziali e affrontano il dottor Procton.

“Sei riuscito a rintracciare Actarus?”, chiede Rigel a Procton

“Perché Rigel?”

“Perché voglio che mi accompagni a Tokyo. Devo salvare la mia cara Venusia!”

Rigel scoppia in un pianto dirotto, in compagnia della madre di Banta, entrambi sono disperati, si raccomandano al dottor Procton e ad Actarus. La scena è straziante. Rigel rivede la sua Venusia quando era una bambina, tra le sue braccia, teme di perderla per sempre. La madre di Banta è disperata, non sa come potrà vivere senza il suo ragazzo, ricorda quando da piccolo lo portava in campagna a cavallo di una mucca per farlo divertire. Le lacrime dei due genitori commuovono il dottor Procton che torna con decisione sui propri passi e porta un ordine al suo pupillo.

“Ascolta Actarus, serviti delle lame supersoniche!”, dice.

“Bene, lo farò”.

“Prima attira il mostro nello spazio, poi tronca le sue estremità con le lame rotanti e fai in modo che Alcor spinga i veicoli nel vuoto …!”

“E Goldrake li raccoglierà”.

“Ma è una mossa molto rischiosa, non ti puoi permettere il minimo errore”.

“Alcor, eri in ascolto?”.

“Ho sentito. Tentiamo!”.

“Non bisogna perdere un istante!”.

Comincia l’azione. Goldrake si libra in volo.

“Tuono spaziale!”.

Il mostro si solleva nello spazio. Tocca ad Alcor passare all’azione mentre l’ossigeno comincia a scarseggiare e il soffitto a punte si abbassa sempre di più. Alcor dispone tutti i passeggeri a bordo, legandoli bene ai sedili, poi con uno sforzo di volontà e con il poco ossigeno che gli resta guida il suo mezzo volante per uscire dal disco. Goldrake intanto colpisce all’interno di una cortina di fumo che protegge il mostro spaziale ed è in difficoltà perché non vede il suo avversario quando spara raggi laser contro di lui. A un certo punto Goldrake lancia una raffica dentro la nube di fumo nero e fa sì che il mostro esca dalla cortina grigia per mostrarsi nello spazio.

“Lame supersoniche!”.

Adesso è il momento di usarle. E sono proprio loro a trinciare di netto i tentacoli del disco avversario. Tocca ad Alcor liberare gli ostaggi scappando dalla via di fuga aperta demolendo il portellone. Appena in tempo, mentre il soffitto con le punte acuminate si sta chiudendo sul pavimento del disco spaziale. I prigionieri sono liberi!

“Ora è compito tuo, Actarus!”, dice Alcor

“D’accordo!”.

Actarus fa uscire Goldrake dalla navicella per portare in salvo gli uomini liberati da Alcor.

“Goldrake, avanti!”.

Il grande robot raccoglie uomini e auto nelle sue grandi e potenti mani per poi depositarli a terra, sul selciato di una Tokyo bombardata, distrutta, ma per il momento salva. Una volta messi al sicuro gli ostaggi, Goldrake agisce contro il mostro spaziale Dam Dam. Infuria la battaglia tra i palazzi distrutti, ma Goldrake ha il suo raggio antigravità e l’energia radiante. I missili lanciati da Alcor fanno il resto, soprattutto consento ad Actarus di colpire con la sua alabarda elettronica che decapita il mostro.

La base spaziale di Vega è in preda alla rassegnazione.

“Maledizione, ci sono sfuggiti! Hydargos sei un incapace!”, grida Gandall.

“Non è ancora finita!”, risponde Hyadrgos.

Actarus e Alcor tornano alla base e si salutano, dopo aver portato a termine una missione delicata, collaborando come due soldati efficienti e precisi.

Alla fattoria la madre di Banta ha un regalo per Alcor, il salvatore del figlio: uno stendardo dove sta scritto “il migliore degli uomini”. Non solo, lo bacia un sacco di volte, nonostante il suo grande imbarazzo, anche se il ragazzo continua a dire di non aver fatto niente e di non meritare una così eccessiva dimostrazione di affetto.

“Non fare il modesto!” – dice Rigel sorridendo – “Sei un eroe!”.

Rigel vede arrivare Actarus e gli chiede: “E tu dove ti eri nascosto?”.

Non sa che Actarus e Goldrake sono la stessa persona. Non sa che è ad Actarus che deve la salvezza di sua figlia. Non sa che il mondo è al sicuro proprio perché quando quel sole che alle sue spalle sta tramontando resta vigile un robot spaziale e un coraggioso pilota al comando di un disco volante.

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