“La resa dei conti”, un’interessante rilettura del western in chiave populista e anarcoide

Articolo di Gordiano Lupi

La resa dei conti di Sergio Solima (1967) vede un cast composto da Lee Van Cleef, Tomas Milian, Walter Barnes, Fernando Sancho, Luisa Rivelli, Nieves Navarro (Susan Scott) e Gerhard Herber. Tomas Milian presta volto e movenze alla figura del bandito messicano Cuchillo Sanchez, accusato di stupro e dell’omicidio di una ragazzina. Lee Van Cleef è il bounty killer Jonathan Corbett, implacabile pistolero che uccide senza pietà i banditi e che ha ripulito la regione dai fuorilegge. Corbett è diventato così popolare che il ricco possidente Bronxton (Walter Barnes) vuole finanziargli una campagna elettorale per farlo eleggere senatore. Bronxton vuole soprattutto costruire la ferrovia che porterà progresso al Texas e molti soldi nelle sue tasche. Prima di passare alla vita politica Corbett deve catturare il bandito Sanchez, un povero pezzente messicano soprannominato Cuchillo per via della sua arma preferita. Le sequenze della caccia all’uomo sono grandiose e non manca un tocco di originalità con la presenza di un barone austriaco alla Eric Von Stronheim. Cuchillo è accusato ingiustamente di stupro e omicidio di una ragazzina di tredici anni, Corbett lo bracca prima nel suo villaggio, poi lo segue in una carovana di mormoni e presso una fattoria condotta da una prosperosa Nieves Navarro. Il film è incentrato sulla caccia all’uomo e sulla sfida dei due personaggi che sono caratterizzati molto bene da Lee Van Cleef e da Tomas Milian. La fotografia è spettacolare e la location individuata per girare la pellicola non ha niente da invidiare al vero Far West. Il personaggio di Cuchillo fa conoscere al grande pubblico l’attore cubano Tomas Milian. Per Marco Giusti il bandito Cuchillo è una sorta di Monnezza del Far West dai modi spicci e brutali e questo personaggio si trasferirà dallo spaghetti-western al poliziottesco. Secondo noi Milian è attore che segue il metodo Stanislavskij e la sua caratteristica è l’immedesimazione totale nel personaggio. Qui l’attore cubano si cala nei panni di un povero sottoproletario messicano, di un peone che ha fatto la Rivoluzione ma che ne è rimasto deluso perché ha capito che niente sarebbe cambiato. Cuchillo si difende con il coltello, ruba per necessità, non crede nella legge perché la fanno i ricchi. Va citato il discorso rivoluzionario del bandito: “Il mondo è diviso in due parti. Mezzo mondo scappa e l’altro mezzo insegue. La Rivoluzione doveva cambiare le cose ma non l’ha fatto”. Il personaggio di Cuchillo è quello di un peone avventuriero sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo e sarà maggiormente elaborato da Sollima nel successivo Corri uomo corri. Niente a che vedere con Monnezza e con Nico Giraldi, a meno che non si vogliano fare forzature. Lee Van Cleef è come sempre molto bravo, un volto importante del western all’italiana, dopo aver girato Per qualche dollaro in più con Sergio Leone. La sfida tra i due è il filo conduttore della pellicola, ci sono scene molto ben girate, come quando Cuchillo gioca il trucco del serpente al bounty killer. La sequenza della fuga dalla prigione è un bel pezzo di cinema western; la sfida coltello-pistola al fiume, con la ragazza che salva Cuchillo sprando al killer lo è ancora di più. Il regista tratteggia bene il rapporto tra il messicano e la sua donna Rosita, che lui sfrutta e maltratta ma ne è innamorato e la difende contro tutto e tutti. Rosita al tempo stesso parla male di Cuchillo, lo definisce un ladro e un puttaniere ma lo protegge dal killer. Corbett pare sempre sul punto di prendere il messicano, ma quest’ultimo sfugge al momento giusto e alla fine riesce a raggiungere il Messico. Bronxton vuole andare a prenderlo fuori dai confini del Texas e ingaggia uno squadrone di uomini, promettendo un premio di mille pesos per chi ucciderà Cuchillo. Il bandito viene accerchiato grazie a una muta di cani, ma Corbett viene a sapere che il vero colpevole dello stupro è il genero del ricco possidente che lo ha assunto. Cuchillo è stato testimone del delitto e Bronxton lo vuole eliminare perché non ci siano testimoni del fatto di sangue. Corbett cambia obiettivo: uccide prima il genero e subito dopo il ricco Bronxton. Interessante il classico duello a tre sotto il sole, con una colonna sonora stupenda. Cuchillo e Corbett terminano amici e vincitori, cavalcano insieme per il deserto messicano fino a quando si salutano con poche parole. Il bandito se ne va gridando: “Non mi avresti preso mai!”. Un difetto della pellicola: la trama scontata e il montaggio compassato di certe sequenze tipico dello spaghetti-western. In ogni caso un buon prodotto che si lascia guardare con piacere dopo quasi sessant’anni. Non è poco. Il soggetto del film è di Francesco Solinas, che si ispira a un fatto realmente accaduto in Sardegna ai giorni nostri, la sceneggiatura è di Francesco Donati e del regista, Sergio Leone pare che abbia suggerito il titolo e il finale a sorpresa. Ennio Moricone compone un’eccellente colonna sonora, rielaborata dal jazzista John Zorn, e trascrive per chitarra Per Elisa di Beethoven. Il film è un’interessante rilettura del western in chiave populista e anarcoide, tipica dei lavori di Sollima.

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