“Felicità”, un film infarcito di luoghi comuni

Articolo di Gordiano Lupi

Davvero gli spettatori chiedono film come Felicità? Non si spiega il premio degli spettatori vinto a Venezia nella categoria Orizzonti, se non con il fatto che forse non sono uno spettatore adeguato al livello del nuovo cinema italiano. Micaela Ramazzotti gira con buona tecnica una sceneggiatura raffazzonata e incompiuta di Isabella Cecchi e Alessandra Guidi, che lei stessa contribuisce a definire, nella caratterizzazione del suo personaggio. I pregi del film stanno nella fotografia ispirata di Luca Bigazzi e nel buon montaggio di Jacopo Quadri, due professionisti indiscutibili, come non è da meno la convincente colonna sonora di Carlo Virzì. Gli attori sarebbero interessanti. Micaela Ramazzotti confeziona l’ennesimo personaggio da coatta, questa volta piuttosto eccessivo, perché la sua Desirè è ingenua fino all’inverosimile, presa in giro da tutti, famiglia e fidanzato compresi. Max Tortora è un padre spregevole alla massima potenza, del tutto incapace di capire i figli, immaturo ed egoista, finisce per distruggerli e non vuol vedere quel che è palese agli occhi di tutti. Sergio Rubini è l’improbabile fidanzato della coatta, uomo di grande cultura che tiene i piedi in due staffe (ma non si capisce, se non con un colpo di teatro da deus ex machina, e non va bene!) e porta con sé a una cena di Natale la coatta, in mezzo a un gruppo di professori universitari. Anna Galiena è una madre del tutto succube del marito, delusa dalla vita, incapace di proteggere i due figli che contribuisce a distruggere. Matteo Olivetti è il fratello di Desirè, afflitto da gravi problemi psichici che i genitori non accettano, mentre la sola ad aiutarlo è la sorella che lo fa curare in una clinica privata e lo accompagna verso un futuro possibile, lontano dalla turpe famiglia. Girato tra Roma e Fiumicino, nei quartieri popolari e nelle zone centrali meno turistiche per mostrare una Roma vera, afflitta dai problemi del quotidiano e popolata da personaggi che vivono ai margini. Tra le sequenze maggiormente imbarazzanti quella che vede Giovanni Veronesi nella parte di se stesso prendersi gioco di Max Mazzoni (Tortora) che vorrebbe fargli girare un suo film. Altre parti insostenibili: la cena con i professori e la totale inadeguatezza della coatta Desirè (Ramazzotti) al tavolo degli uomini di cultura; il pranzo a casa Mazzoni con la lite tra l’intellettuale Bruno (Rubini) e l’incolto Max; la filippica di Max in ospedale contro gli extracomunitari che rubano il lavoro agli italiani, alla presenza di un gruppetto di rifugiati … L’elenco delle cose imbarazzanti, che non si possono proprio vedere, che infastidiscono per quanto sono scritte male è interminabile. Fermiamoci qui, sconsigliando la visione di un film infarcito di luoghi comuni e di una profondità psicologica da programma Rai del primo pomeriggio. Per tutta la durata della pellicola la tentazione di abbandonare la sala è forte. Si resta al proprio posto solo per educazione.  Fischiare non è ammesso perché non siamo a teatro. Se questo è il livello del cinema italiano che piace al pubblico, meglio stendere un pietoso velo.

Regia: Micaela Ramazzotti. Soggetto e Sceneggiatura. Isabella Cecchi, Micaela Ramazzotti, Alessandra Guidi. Fotografia: Luca Bigazzi. Montaggio: Jacopo Quadri. Scenografia: Poalo Sansoni. Misiche: Carlo Virzì. Produttore: Davide Boschin. Produttore Esecutivo: Enrico Venti. Distribuzione (Italia): 01 Distribution. Genere: Drammatico. Durata: 104’. Paese di Produzione: Italia, 2023. Interpreti: Micaela Ramazzotti (Desirè Mazzoni), Max Tortora (Max Mazzoni), Anna Galiena (Floriana Mazzoni), Matteo Olivetti (Claudio Mazzoni), Sergio Rubini (Bruno), Beatrice Vendramin, Marco Cocci, Massimiliano Franciosa, Giovanni Veronesi, Florence Guérin.

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