“Il terzo occhio”, il primo lungometraggio di Mino Guerrini

Articolo di Gordiano Lupi

Il terzo occhio è il primo lungometraggio di Mino Guerrini, che per l’occasione si firma James Warren, assecondando la moda del tempo di usare uno pseudonimo anglofono quando si tratta di cinema genere (fantastico, horror, western …).

Mino (Giacomo) Guerrini nasce a Roma nel 1927 e muore a Rimini nel 1990. Comincia come giornalista, si dedica al cinema nelle vesti di sceneggiatore e attore, firma molte opere come regista comico, ma anche buone pellicole horror e noir. Guerrini è un artigiano che – secondo tradizione del cinema di genere italiano – sa fare un po’ di tutto e dispone di buona tecnica. Non abbandona mai l’attività di sceneggiatore, perché ama la scrittura della pellicola; lo ricordiamo autore di Buio omega (remake in salsa splatter del suo Il terzo occhio), Tre tigri contro tre tigri e Bolidi sull’asfalto a tutta birra. Il suo film più riuscito da regista è Il terzo occhio (1966), girato dopo quattro partecipazioni con episodi singoli in film corali. Il pubblico delle sale di seconda e terza visione lo ricorda per due pellicole interpretate da Franco e Ciccio (Scusi, ma lei le paga le tasse? e Riuscirà l’avvocato Franco Benenato a sconfiggere il suo acerrimo nemico il pretore Ciccio De Ingras? – 1971),  un paio di decamerotici (Decameron n. 2, Gli altri racconti di Canterbury – 1972), soprattutto per la saga del colonnello Buttiglione (quattro episodi). La ragazza alla pari (1976), interpretato da Gloria Guida, un’eccezione nella sua produzione, è la sola commedia sexy di un regista più portato al versante comico puro.

Il terzo occhio gode di un’ambientazione aristocratica, tipica dei gotici anni Sessanta. Girato quasi completamente in interni, a Villa Parisi, Monte Porzio Catone, provincia di Roma, in gran parte film teatrale. Pochi gli esterni, se escludiamo la spettacolare sequenza dell’incidente, quando l’auto condotta da Laura precipita in mare finendo giù da una scarpata. Il tono del lavoro è da melodramma gotico romantico, girato in un livido bianco e nero, che presto vira in thriller orrorifico a tinte sadico – necrofile. Interessanti alcune parti oniriche che mostrano la mente del giovane in evoluzione con flashback del passato, visioni di madre e fidanzata che si sovrappongono.

Il giovane conte Mino (il personaggio ha il nome del regista!) – interpretato da un Franco Nero alle prime armi che si fa chiamare Frank – vive con la madre e la cameriera Marta (innamorata di lui). Il ragazzo sta per sposare Laura (Erica Blank), nonostante la madre sia contraria, ma la giovane muore in un incidente d’auto provocato dalla domestica che manomette i freni. Nello stesso giorno Marta uccide la madre del conte facendola cadere dalle scale e progetta di sposare il figlio, che intanto comincia a mostrare segni di follia. Mino si diletta in tassidermia, imbalsama animali, quindi decide di conservare il corpo della fidanzata, mentre la sua mente pare sempre più confusa. Nei giorni successivi agli eventi porta nel suo laboratorio alcune donne e dopo aver avuto rapporti con loro le uccide, non appena gli si apre il terzo occhio – così lui dice – in realtà non appena vedono (terrorizzate) il corpo imbalsamato di Laura. Marta copre i delitti di Mino, scioglie nell’acido i corpi delle giovani uccise e accetta – in cambio della promessa di matrimonio – di comporre una coppia diabolica. Un giorno Daniela (sempre Erica Blank), gemella di Laura, si presenta alla villa dicendo di essere alla ricerca del corpo della sorella. La follia di Mino aumenta non appena vede Daniela, crede di aver ritrovato la sua Laura e vorrebbe sposare la ragazza. Intanto Marta cerca di liberarsi di Daniela, ma il conte la sorprende e cerca di massacrarla a coltellate, riducendola in fin di vita. Il provvidenziale intervento della polizia – che chiama Marta al telefono – risolve il caso, mentre Mino è al culmine della follia, vagheggia sul matrimonio e sul consenso da parte di una madre che non crede più morta. I volti di Nero e della Blank vengono ripresi in primo piano su sfondo nero, parlano diretti alla macchina da presa, esprimono grande drammaticità rivolti al pubblico che osserva, facendo venire a mente certe sequenze del cinema introspettivo di Ingmar Bergman. Il film si colloca tra l’horror e il dramma psicologico, la storia tenta di descrivere la costernazione e la desolazione interiore del protagonista (Franco Nero), la sua solitudine esistenziale, oltre a far intuire scene orrorifiche e necrofile, appena accennate, che saranno approfondite nel remake Buio Omega. Il tema musicale de Il terzo occhio è a tutto film – sinfonico e angosciante – identico a quello che accompagna Lo spettro, girato da Riccardo Freda nel 1963, composto da Franco Mannino, che dirige in proprio le musiche, intense e suggestive, da puro gotico italiano. Il soggetto non ha niente a che vedere con un racconto del perfido serial killer francese Gilles De Rais, come vorrebbe far credere la produzione, né con immaginari autori inglesi, ma è scritto dallo stesso produttore, Ermanno Donati. Molti problemi con la censura che boccia Il terzo occhio in data 28 febbraio 1966, definendolo contrario alla morale pubblica, perché oltre a diverse scene di nudi femminili ci sono espliciti episodi di necrofilia e primi piani di orribili e brutali sequenze di sangue, presentate con sadismo e insistenza prolungata, quasi con compiacimento. Il film entra in circolazione, distribuito da Medusa, solo in data 11 giugno 1966, perdendo il circuito migliore della distribuzione (invernale) e incassando 72 milioni di lire sul territorio nazionale. Purtroppo vengono operati numerosi tagli che rendono difficile la comprensione della necrofilia del protagonista (si vede appena il cadavere imbalsamato della fidanzata) e complicano l’evoluzione psicologica del personaggio. Joe D’Amato – su sceneggiatura di Mino Guerrini – renderà tutto chiaro ed evidente in Buio Omega  (1979), uno splatter che mira a mostrare il non mostrabile, anche se lo sviluppo della trama prenderà strade divergenti dall’originale. Diciamo che ne Il terzo occhio è fondamentale la recitazione di Franco Nero, intensa e profonda; l’attore pare del tutto immedesimato nel carattere di un personaggio succube di una madre iperprotettiva, un figlio mammone che esplode in una follia totale, un Perkins / Bates in tono minore, con l’originalità della tassidermia e della necrofilia, che saranno approfondite, quasi esibite, in Buio omega. Inoltre apprezziamo un tentativo di splatter che verrà a conclusione nell’opera cult di Massaccesi, visto che nel 1966 si poteva osare solo fino a un certo limite. La fonte di ispirazione principale di Guerrini è senza dubbio Psyco (1960) di Hitchcock. Citiamo anche Marina Morgan – in futuro giornalista televisiva – quasi del tutto nuda, in un succinto bikini, con i seni coperti da due miseri quadratini (molto hot per il periodo storico), nei panni di una ballerina di night, la prima vittima della follia omicida. Erika Blanc si apprezza in un doppio ruolo, ma la sua espressione è quasi sempre la stessa, tra il contrito e lo spaventato, in ogni caso funzionale ai personaggi che deve interpretare. Gioia Pascal (interprete di due film, oltre a questo Menage all’italiana, 1965) è una perfida domestica, prima spietata assassina, quindi vittima della follia che risolve il caso con l’aiuto della polizia. Olga Solbelli – si fa chiamare Sunbeauty – è la contessa Alberti, madre gelosa di un figlio che vorrebbe tutto per sé. Vediamo il cast con i finti nomi anglofoni e tra parentesi i veri nomi italiani che siamo riusciti a recuperare.

Regia: James Warren (Mino Guerrini). Produttore: Luois Mann (Ermanno Donati). Casa di Produzione: Panda. Soggetto: Phil Young (sempre Ermanno Donati), liberamente tratto da una storia di Gilles De Rais (dicono i titoli, ma non è vero). Sceneggiatura: Dean Craig (Piero Regnoli), James Warren (Mino Guerrini). Aiuti Regista: Roger Drake, Ernest Stewards. Operatore: Joe Gossip. Truccatore: Julian Laurens. Parrucchiera: Rose Sparkling. Fonico: Joseph Delight. Ispettore di Produzione: Joe M. Seery. Art Director: Samuel Fields (Mario Chiari). Montaggio: Donna Christie (Ornella Micheli). Negativi e Positivi: Tecnostampa. Sincronizzazione: Fono Roma. Musiche: Frank Mason (Francesco De Masi), dirette dall’autore. Fotografia: Sandy Deaves (Alessandro D’Eva). Direttore di Produzione: Al Given. Distribuzione (Italia): Medusa. Genere: Thriller / Horror. Colore: B / N. Durata: 98’. Paese di Produzione: Italia, 1966.  Interpreti: Frank Nero (Franco Nero) (conte Mino Alberti), Gioia Pascal (domestica Marta), Diana Sullivan (Erika Blanc) (Laura e Daniela), Olga Sunbeauty (Olga Solbelli) (contessa Alberti, madre), Marina Morgan (spogliarellista, prima vittima), Richard Hillock (medico legale), Gara Granda (Loredana, la prostituta, seconda vittima).

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